Ora di religione: diamoci un taglio
di
Maria Mantello
MicroMega on line 26 settembre 2012
«Credo che
l'insegnamento della religione nelle scuole così come è concepito oggi non abbia
più molto senso». Questa la dichiarazione del Ministro dell’Istruzione Francesco
Profumo, che vorrebbe archiviare l’ora di cattolicesimo (IRC), che come è noto è
stata introdotta dal regime concordatario voluto da Mussolini nel 1929 e
riconfermato da Craxi nel 1984.
Il ministro Profumo vorrebbe sostituire l’IRC con un corso di Storia delle
religioni, o di Etica, come avviene del resto in altri paesi europei (vedi
tabella). Un cambiamento che si rende sempre più necessario perché,
ha chiarito il ministro, «nelle nostre classi il numero degli alunni che non
partecipano all'ora di religione ha superato il 10%... e il numero degli
studenti stranieri e, spesso, non di religione cattolica tocca il 30%».
Come prevedibile la levata di scudi della Curia e dei suoi chierichetti politici
è stata pronta per continuare a garantire accaparramento e gestione di un
insegnamento confessionale, pagato dallo Stato, ma tutto nelle mani del
Vaticano.
Questa dell’ora di religione è infatti una vera e propria zona franca, dove la
legislazione italiana è genuflessa al diritto canonico. Un’anomalia per uno
stato laico e democratico che consente ad una confessione religiosa di fare
della scuola statale il pulpito per la propagazione del suo credo.
«All'autorità della Chiesa è sottoposta l'istruzione e l'educazione religiosa
cattolica che viene impartita in qualunque scuola o viene procurata per mezzo di
vari strumenti di comunicazione sociale; spetta alla Conferenza episcopale
emanare norme generali in questo campo d'azione, e spetta al Vescovo diocesano
regolarlo e vigilare su esso». (Diritto Canonico, canone 804).
«L'Ordinario del luogo si dia premura che coloro, i quali sono deputati come
insegnanti di religione nelle scuole, anche non cattoliche, siano eccellenti per
retta dottrina, per testimonianza di vita cristiana e per abilità pedagogica. È
diritto dell'Ordinario del luogo per la propria diocesi di nominare o di
approvare gli insegnanti di religione, e parimenti, se lo richiedono motivi di
religione o di costumi, di rimuoverli oppure di esigere che siano rimossi»
(Diritto Canonico, canone 805).
Pertanto, l'insegnante di religione cattolica, è selezionato dai vescovi sulla
base della sua organicità alla ideologia della Chiesa, che ne controlla
“dottrina e costumi”.
Un principio questo, che non ha subito variazione alcuna nella legge
sull’immissione in ruolo dei docenti di religione cattolica approvata il 15
luglio 2003, in virtù della quale lo Stato italiano, non solo continua ad
obbedire a quanto la Chiesa decide, ma addirittura garantisce che questi assai
particolari docenti possano anche andare ad insegnare materie diverse dalla
religione cattolica.
Il meccanismo introdotto dal 2003, infatti prevede che qualora il Vescovo
competente territorialmente ritenga, a sua insindacabile decisione, che i
docenti di religione cattolica non siano più adatti, potrà esigere che vengano
rimossi, ma poiché essi sono ormai a tutti gli effetti titolari di un contratto
a tempo indeterminato con lo Stato, possono anche ricoprire le cattedre delle
materie obbligatorie per tutti, alle quali gli altri docenti di ruolo hanno
avuto accesso per le vie regolari (selettivi concorsi a cattedra, titoli,
abilitazioni).
Vale appena ricordare anche che gli insegnanti di IRC, di cui molti non sono
neppure laureati, percepiscono uno stipendio da docente laureato, e per giunta
più consistente, per via del particolare automatismo salariale progressivo solo
ad essi riservato. Negli ultimi anni, inoltre, nonostante i tagli che continuano
ad abbattersi sulla scuola statale (compreso il blocco dell’immissione in ruolo
dei docenti “normali”) gli insegnanti di religione cattolica sono aumentati,
visto che la regola dell’accorpamento alunni per essi non vale: per il
raggiungimento del monte-ore settimanale di lezione basta che le loro classi
abbiano anche un solo alunno.
In questa particolare miracolistica moltiplicazione il Vaticano detta legge e
batte cassa.
Oltre ovviamente a gestire, in tutta autonomia e al di fuori di ogni controllo
pubblico, un canale di reclutamento parallelo a quello Statale, per accedere al
quale bisognerà essere "eccellenti per retta dottrina, per testimonianza di vita
cristiana". Un canale che in qualunque altro caso, se non ci fosse di mezzo la
Chiesa, verrebbe definito quantomeno clientelare.
Una situazione insostenibile, da cui si esce solo estromettendo l’insegnamento
confessionale dalle scuole della Repubblica, in modo da ristabilire la piena
sovranità e laicità dello Stato.
La proposta del Ministro Profumo sembra aprire un varco in tal senso. E comunque
va dato merito al ministro di aver sollevato finalmente la questione.
Non facciamoci illusioni però, perché la soluzione della questione dei privilegi
accordati al Vaticano potrà essere risolta solo con l’abrogazione dell’astorico
Concordato. Ne trarrebbero vantaggio tutti. Credenti compresi!