Che cosa sta cambiando nella religione in Italia? Queste sono modeste osservazioni personali,
spontanee, e molte sono raccolte da varie fonti.
Il cristianesimo-cattolicesimo ha largamente congelato la profezia conciliare. Peraltro, nella vita
personale e di base dei credenti, pare di vedere alcuni fatti nuovi, positivi e importanti.
La fede dei credenti non è più quella. Era una dogmatica quadrata, geometrica. Tutto era ben
definito: o tutto o niente, dall'esistenza di Dio al non criticare i preti. Così era ufficialmente. Diceva
Carlo Carlevaris qualche anno fa: «Il “deposito” della fede, quando ero giovane, mi riempiva un
pesante zaino. Ora mi sta tutta in un taschino». Sono successe delle cose: il Concilio ha avuto il suo
maggiore risultato nel fatto che in chiesa si può parlare, discutere. La fede è pensata: anche laici e
laiche studiano teologia, leggono la Bibbia, e non invano. C'è stata la contestazione, ma anche i
fedeli più tranquilli e moderati non sono più pecorelle del gregge come un tempo.
Naturalmente, la capacità di pensare c'era, in molti: ricordo la Fuci dei primi anni 50, dove
l'assistente, il canonico Gosso, parlava di «tumefazione vaticana» della chiesa. Ma la comunità era
un impero spirituale, diviso tra comandanti e comandati, sacri e profani. Ci restavi perché avevi
capito nella fede chi è Gesù. Perché insegnamenti ed esempi di bontà ne trovavi. Ma quanti
scappavano, o rimanevano solo per convenzione sociale!
La fede
Le fede, in questi decenni, è diventata piuttosto una sincera e interiore apertura di fiducia
fondamentale. Più assai che una “dottrina” certa e rassicurante, ora è un atteggiamento interiore di
fiducia in Dio rivelatosi in Cristo. Con tutti i difetti e le incoerenze, essere credenti oggi è questo. Non è mica la stessa cosa!
Certo, questo modo di credere ci viene dalla lunga tradizione della chiesa, e dobbiamo essere grati a
secoli e sistemi cristiani, che non sono più i nostri, ma ci hanno trasmesso la fede formulandola in
espressioni che la rendono, o la rendevano. Senza dubbio. Anche ai nostri genitori siamo
immensamente grati, pur differenziandoci da loro, a volte in cose importanti.
L'accento centrale si è spostato dall'ortodossia (dottrina corretta) all'ortoprassi evangelica (cioè
l'agire buono e retto: la carità, la giustizia nella vita pratica, nelle relazioni vissute). Anche nella
vecchia religione ciò che contava era la vita quotidiana nella carità, ma eri nella chiesa più col
sottoscrivere un credo che col vivere una fede nell'amore. Oggi si sa che la vita di amore va ben al
di là dei piccoli confini visibili della chiesa. «Il bene è più della fede», dice il vecchio prete nel film
di Olmi, Il villaggio di cartone.
Cristianità e secolarizzazione
La chiesa combaciava con la società, (“cristiani” era sinonimo di esseri umani, opposto ad animali),
o meglio ci si illudeva che combaciasse, ma l'immagine ufficiale era quella: un “regime di
cristianità”. Le leggi civili dovevano ricalcare quelle religiose cattoliche. La chiesa, salvo disaccordi
da riparare (Concordati con qualunque regime vigente), era una delle due teste della società, e
doveva andare d'accordo con l'altra, accettando ingiustizie sociali e godendo privilegi in cambio di
benedizioni, anche alle armi e alle guerre.
La secolarizzazione della società ha cambiato questo rapporto, o meglio ha rivelato la verità
sottostante. La chiesa dei credenti è solo una parte della società (sale, lievito), una delle idee della
vita presenti nella società.
Chiesa unica e plurale
Intanto, tra le varie famiglie dell'unica chiesa di Cristo, lacerate da divisioni e condanne totali (epersino guerre), è avvenuta una conversione davvero evangelica, ancora in corso. Grazie a Dio, le
diverse chiese sono largamente passate dall'autosufficienza (ognuna più delle altre e senza le altre è nella verità) verso la sorellanza ecumenica, ognuna col bisogno delle altre, per completare il volto di Cristo, ricucire la sua tunica. Esperienze recenti di condivisione dell'eucaristia superano le
tradizionali guerre teologiche sull'interpretazione della Cena: «Fate questo in memoria di me», non
dividetevi nel momento principale.
Ciò avviene più ancora nella base che nei vertici, ma avviene davvero. Ovviamente con ritardi, resistenze, anche contrasti forti.
Il primato dell'amore
Nella vita morale, nel piano personale e quotidiano di ciascuno nel cercare di vivere il vangelo, c'è
stata una evoluzione (con alti e bassi, e differenze, ovvio) da una morale legalistica al primato della
giustizia e dell'amore universali. Gesù non ha abolito i comandi della legge, che sono aiuti a
dirigere la nostra vita nel bene, evitando deragliamenti, ma li ha completati e ricapitolati nel suo
“nuovo” comandamento: amate tutti, fino ai nemici, come vi ama il Padre, come io vi ho amato.
Questa regola di vita è “nuova” non perché recente, ultima trovata, ma perché è “di qualità tutta
nuova”: essa supera in grandezza e bellezza di vita la tradizione di tutte le civiltà, anche
dell'ebraismo, che sempre tendono a discriminare amici e nemici nell'amore e nella giustizia: ci
amiamo tra noi, ma non gli estranei, differenti, barbari, inferiori, atei, peccatori, sfruttatori, nemici
politici e nazionali.
Popolo sacerdotale
Importante è anche il mutamento che riguarda il momento essenziale della vita spirituale ecclesiale:
la liturgia è cambiata, da riserva supersacrale, quasi esclusivamente sacerdotale, alla maggiore
partecipazione popolare (riforma liturgica conciliare), verso una maggiore comprensione del
sacerdozio comune, della liturgia come atto del popolo sacerdotale, della corresponsabilità di tutti
nella chiesa, nella teologia e nella missione. Ci sono dure reazioni di quella religiosità che chiude
Dio nel sacro separato, fuori dalla vita, ma il fenomeno non sarà fermato, anche perché è
essenzialmente evangelico, è ciò che ha fatto Gesù, rivoluzionando (causa della sua condanna) la
religione del tempio, della purità, della legge: «Viene un'ora, ed è adesso, che i veri adoratori
adoreranno il Padre in Spirito e verità» (Giovanni 4, 23). Cioè, il vero culto sarà opera dello Spirito
di Dio che vive in noi, e non delle nostre arti e tecniche religiose; e sarà «non con le parole e con la
lingua, ma con le opere e nella verità» (1 Giovanni 3,18). «Il vostro culto spirituale sono i vostri
corpi [cioè la vita reale] offerti come in sacrificio vivente, santo, gradito a Dio» (cfr Romani 12, 1).
Dio è cambiato
Tutto ciò sta attorno ad un punto centrale: è cambiata l'immagine di Dio. O si soppianta il vecchio
Dio con le spiegazioni scientifiche (ma era solo il dio architetto), o lo si licenzia accusandolo del
male del mondo; oppure Dio è cambiato: era il padrone di tutto, onnipotente, giudice infallibile e
inflessibile, oggetto di paura, capace di mandare all'inferno eterno, un faraone tale che vuole il
sacrificio cruento del suo unico prezioso perfetto Figlio (dopo lo farà risorgere) per placare la
propria ira contro l'umanità; e ora è diventato il Padre di Gesù e nostro, che i vangeli annunciano
soprattutto come vita di misericordia e amore paterno, fraterno, intimo. Dio non è più un sommo
Bene e sommo Potere, ma è lo Spirito santo, effuso nei cuori che lo accolgono, e anche in altri che
non lo conoscono, ma hanno volontà buona. È cambiato Dio: mica poco. Al confronto, le statistiche
contano molto meno.
Sono segnali più che positivi, nella vita religiosa comune, semplice, e assai meno nei palazzi e loro
paraggi. La decadenza dell'istituzione religiosa nel potere e nel prestigio sociale mette paura ai
pavidi quanto ai numeri, alla diminuita quantità di fedeli (salvo facili e soddisfacenti raduni di
massa), quanto alla precaria continuità della trasmissione della fede da una generazione all'altra, ma è possibile non aver paura quanto alla genuinità della fede, che probabilmente si purifica e si
approfondisce. Speriamo.