SAN PIETRO FERMA L'ICI,
Curzio Maltese
la Repubblica 24-02-2012
Le riforme in Italia si fermano sempre sulla soglia di San Pietro. Per chi vuole cambiare un Paese immutabile, arriva sempre il momento in cui la Chiesa suona la campanella di fine ricreazione.
Stavolta è arrivato presto. La fulminea sparizione dell´Ici (o Imu) sui beni ecclesiastici dal decreto del governo è un brutto segnale per quanti speravano nel riformismo di Monti. Sembrava la volta buona. Avevamo creduto tutti che il governo dei tecnici avesse l´autorità, la serietà e diciamo pure la decenza di cancellare un privilegio assurdo, antieuropeo e inviso alla stragrande maggioranza dei cittadini, cattolici compresi, come l´esenzione fiscale sulle proprietà della Chiesa. È invece bastato uno stormir di fronde in Vaticano, colto al volo dalla vasta lobby parlamentare, per compiere il solito miracolo della dissolvenza. Il governo giura che il provvedimento ricomparirà in futuro, sotto forma di emendamento. Anche i tecnici hanno imparato in fretta l´arte politica del rinvio a data da destinarsi. Ma la vicenda, a essere obiettivi, sembra finita qui.
Intendiamoci, non sarebbe certo la prima volta. Tutte le stagioni riformiste della storia repubblicana, le vere e le presunte, si sono arenate puntualmente nella palude dei privilegi della Chiesa. È accaduto al centrosinistra storico degli anni Sessanta come ai governi di solidarietà nazionale.
Per non parlare del riformismo di Bettino Craxi, che era partito con forti connotati o almeno vezzi anticlericali, per addivenire infine al nuovo Concordato e al regalo miliardario alla Chiesa dell´8 per mille, escogitato dall´allora giovanissimo Giulio Tremonti, un altro riformista teorico.
La stessa questione dell´Ici della Chiesa, nel suo piccolo, è servita in tempi recenti a chiudere simbolicamente
stagioni di cambiamento e a inaugurare l´eterna restaurazione. La prima larga esenzione venne approvata dal governo Amato nel ‘92 e fu il primo sintomo che il rinnovamento del costume politico seguito a Mani Pulite sarebbe durato per poco. I governi Amato e Ciampi aumentavano le tasse a tutti, ma le riducevano alla Chiesa, guarda caso. Nel 2006 il secondo governo Prodi sventolò al Paese grandi intenti riformisti, incarnati dalla famose «lenzuolate» di Pier Luigi Bersani.
Ma lo stesso Bersani, con il consueto accordo bipartisan che accompagna i regali alla madre Chiesa, smentì il programma dell´Unione con la norma che estendeva l´esenzione dell´Ici a tutti gli immobili ecclesiastici «a uso non esclusivamente commerciale». Una formula fra l´ipocrita e il delirante, che in pratica consente alla Chiesa di non pagare l´Ici mai, una volta usata l´accortezza di conservare in ogni albergo, ristorante, bar, cinema o teatro una cappella votiva. Un autentico mostro giuridico, senza confronti nel mondo civile, della serie orwelliana «tutti sono eguali davanti alla legge, ma alcuni sono più eguali degli altri». Perché, se la norma fosse estesa a tutti i soggetti, allora qualunque centro commerciale, impresa, banca, che ospitasse anche una fondazione benefica, un centro congressi, un luogo di culto, un asilo nido per i dipendenti o un kinderheim per la clientela, potrebbe chiedere di non pagare le tasse. Come tale infatti il regalo dell´Ici è da anni tema di controversia nell´Unione.
Per aver ricoperto a lungo e con grandi meriti il ruolo di commissario europeo per la concorrenza, il professor Mario Monti sa meglio di chiunque altro, noi compresi, che l´esenzione dall´Ici della Chiesa costituisce un caso da manuale di «aiuto di Stato». A voler essere precisi nel dettaglio, la norma contiene tutte e quattro le anomalie elencate dalla legge comunitaria:
1. Origine statale dell´aiuto.
2. Esistenza di un vantaggio a favore di talune imprese (se crede, posso invitare il premier a visitare ristoranti romani sulla stessa via, dove un proprietario deve pagare le tasse e l'altro no).
3. Esistenza di un impatto sulla concorrenza.
4. Idoneità a incidere sugli scambi degli stati membri.
Più un quinto, l´assoluta anomalia della norma nazionale, rispetto al resto d´Europa. Per capirsi, non esiste una ragione per cui la diocesi di Colonia debba pagare allo Stato tedesco tasse che la diocesi di Milano non è tenuta a versare. In quanto «aiuto di Stato», un governo europeista come si proclama l´esecutivo di Monti dovrebbe non soltanto impegnarsi a cancellare l´esenzione dell´Ici da subito, ma anche attivarsi perrecuperare il pregresso, cioè tutti i soldi non pagati dalla Chiesa allo stato italiano a partire dal 1992.
Una somma che l´Anci, con molta cautela – la maggior parte dei sindaci italiani non è esattamente anticlericale – valuta intorno ai 700 milioni di euro all´anno.
Finirà così? Non credo. Il governo Monti almeno farà pagare l´Ici alla Chiesa da quest´anno? Chissà.
Certo è che finora gli unici a pagare, nel grande impeto riformista, sono stati i soliti pensionati.
Gente che ha pagato i contributi per tutta la vita ed è ora additata come una casta di paria. Perfino
Beppe Grillo dice che bisogna mettere un tetto massimo alle pensioni: duemila euro.
Lui che guadagna cinque milioni all´anno. Ovvero, duemilacinquecento volte duemila euro.
Più o meno come alcuni ministri di questo governo.