«COLEI CHE E'»

Una introduzione  alla Teologia Femminista

 

La serata del 14.11.01 è stata dedicata alla Teologia Femminista,  tema molto caro  ad alcune sorelle della comunità , ma mai fino ad ora affrontato comunitariamente .

Si è certamente trattato di un "assaggio", di un primo approccio, quindi inevitabilmente superficiale, ma l'obbiettivo era proprio quello di sollecitare degli interrogativi, delle possibili piste di percorso comunitario, con la speranza di stimolare l'interesse per ulteriori approfondimenti.

 

Inizialmente si è tentato, in modo molto semplice, di dare alcune DEFINIZIONI:

v        Teologia: mette in parole la nostra riflessione su Dio. Non racconta direttamente l'esperienza di Dio, ma ragiona su di essa per tradurla in discorso. Cerca di sondare la realtà "Dio" per renderla comprensibile ed accessibile a tutti/e coloro che se ne interessano. 

Secondo i teologi Tillich e Niebuhr ogni riflessione su Dio deve partire da un'attenta analisi della "condizione umana" elaborata con l'aiuto della sociologia, della psicologia, della filosofia. Per parlare di Dio bisogna conoscere la persona umana. Bultmann sostiene che nessuna interpretazione del testo è del tutto obiettiva: ognuno legge il testo con il proprio bagaglio di esperienze e persino di pregiudizi, che funziona da filtro. Per Dorothee Sölle e Moltmann  lo studio del testo biblico, come tutta la produzione teologica, non solo non sono obiettivi, ma di fatto servono interessi ben precisi, quelli delle classi dominanti dell'emisfero nord del Primo mondo.

v        Femminismo: prima di diventare riflessione teorica è un movimento sociale volto a migliorare la condizione delle donne in ogni sfera della vita. Esistono molte correnti all'interno del Femminismo, due sono le più note: quello dell'uguaglianza (cerca di rimuovere ogni ostacolo alla parità tra uomo e donna) e quello della differenza (ritiene quella attuale una società maschile, che offre un modello parziale di umanità; pertanto occorre promuovere un mondo diverso, che riconosca ed integri la differenza delle donne).

v        La Teologia Femminista (T.F.) nasce dalla convinzione che teologia e femminismo siano compatibili, anzi che l'una abbia bisogno dell'altro. "Studio teologia e sono anche donna" scriveva Valerie Saiving Golstein, mettendo insieme lo studio della teologia e la consapevolezza del proprio genere.  Le teologhe femministe riflettono su Dio a partire dalla consapevolezza del loro essere donne in un mondo costruito al maschile. Pertanto la T.F. non si definisce in rapporto ai cosiddetti "temi delle donne", ma vuole essere una nuova comprensione della teologi; essa rappresenta un vero cambio di paradigma, ossia un modo completamente nuovo di vedere, capire, dire Dio.

 

Successivamente sono state date alcune velocissime pennella di STORIA:

·       La T.F. nasce negli USA con:

- "La Bibbia della donna" di Elisabeth Cady Stanton del 1895

- "La mistica femminile" di Betty Friedan del 1963

- Valerie Saiving Golstein che, all'inizio degli anni '60, si interrogò su: come viene percepita l'elaborazione teologica da parte delle donne? Dal momento che donne e uomini occupano luoghi diversi nella società, non avranno punti di vista diversi tra loro? Non è forse che il modo di intendere il peccato o l'amore riproduce un punto di vista maschile e che in ottica femminile avrebbero tutt'altro significato? E non è vero che i temi trattati dalla teologia rispecchiano un'esperienza maschile, mentre molti aspetti dell'esperienza femminile ne sono assenti?

·       Negli anni '70 incontra la Teologia della Liberazione creando con essa  un confronto reciprocamente critico

·       Negli anni '80 le teologhe della Teologia della Liberazione intraprendono un cammino autonomo rispetto ai loro colleghi

·       Oggi è presente in tutti i continenti: Elisabeth Schüssler Fiorenza (Usa), Ivone Gebara (Brasile), Chung Hyung Kyung (Corea), Teresia Mbari Hinga (Africa), Elaine Wainwright (Australia)….

·       La T.F. è presente nelle principali religioni: ebraismo, buddismo, islamismo

·       Anche in Italia ci sono numerose studiose: Cettina Militello, Marinella Perroni, Lilia Sebastiani, Adriana Valerio, Elizabeth Green...

·       Non esiste un'unica T.F., ma una pluralità di teologie, le cui radici affondano nelle varie espressioni del movimento delle donne, e delle diverse confessioni cristiane, con alcuni presupposti ed un metodo comune.

 

Si sono poi tentati di delineare alcuni nodi "CENTRALI" della riflessione teologica femminista:

v    Androcentrismo nelle Scritture e nell'elaborazione teologica

La T.F. mostra come quasi tutta la produzione teologica, dalle Scritture ai nostri. giorni, rispecchia un punto di vista maschile, "androcentrico". Essa quindi smaschera la teologia "tradizionale" e rivela che sotto la presunzione di universalità c'è una parzialità sessuata; la comunità teologica viene sollecitata a riconoscere la natura parziale del proprio lavoro ed a riflettere sul modo in cui questo condiziona il suo pensiero. La T.F. denuncia come il pensiero teologico sia stato forgiato all'interno di una società patriarcale, i cui interessi vengono in tal modo rispecchiati e legittimati: la riflessione teologica parla con voce maschile, non solo a proposito delle donne, ma su ogni aspetto della fede. Pertanto si mette in discussione non la maschilità tout court, ma quella configurata in termini patriarcali. Per alcune teologhe asiatiche ed africane come l'esperienza maschile è stata universalizzata fino a diventare la norma dell'umano, così il cristianesimo è stato assolutizzato come norma di ogni fede religiosa. La T.F. sottolinea come in un mondo dominato dallo sguardo maschile le donne diventano invisibili e mutua dal femminismo il metodo di lavoro basato sul "partire da sé", radicando ogni riflessione teologica nell'esperienza delle donne (percezione che hanno di sé, della propria esistenza, del proprio lavoro). Ciò significa includere temi assenti nella teologia maschile (es. corpo, sessualità, presa di parola delle donne,…).

Partendo dalla convinzione profonda che il cristianesimo sia un messaggio di liberazione per tutti e tutte, la T.F. cristiana è impegnata in un'opera di liberazione di tale messaggio dagli involucri di potere maschile. Essa va alla ricerca di tutto ciò che nel cristianesimo promuove la dignità delle donne, ritorna alle fonti andando alla ricerca, nelle Scritture, nella storia, nella spiritualità, di un pensiero diverso, attento all'esperienza delle donne, recuperando ogni elemento che crea libertà per gli esseri umani in generale e per le donne in particolare. Viene così messo in luce il protagonismo femminile nella vita cristiana dalle Scritture ad oggi.

v    Patriarcato

è il nome dato alle strutture sociali sessiste. E' una forma di organizzazione sociale, economica e politica in cui il potere è sempre nelle mani di uomini dominanti mentre tutti gli altri sono collocato più in basso, a livelli di subordinazione. Questo modello piramidale ha così fortemente sedimentato l'autorità degli uomini dominanti, da farla sembrare naturale.

La T.F. evidenzia come il pensiero teologico è stato costruito all'interno di una società patriarcale legittimandone interessi e privilegi. Il patriarcato religioso è una delle forme più forti di questa struttura, perché si presenta divinamente stabilito: Dio Padre diventa garante di un ordine socio-simbolico attraversato da rapporti di disuguaglianza egemonica, di dominio/sottomissione, oppressore/oppresso, caratterizzati da paternalismo, imperialismo, colonialismo ed elitismo.

Il linguaggio ed il contesto della Bibbia sono patriarcali, ma essi ne costituiscono solo la forma, non il contenuto del messaggio: Gesù non si limita a criticare questo ordine socio-simbolico, ma lo sovverte. Nel suo messaggio ad essere i primi non sono più i padri, bensì gli ultimi nella gerarchia domestica dell'epoca. Egli utilizza la figura del servo per opporsi a chi vuole riprodurre rapporti patriarcali all'interno del movimento: modello alternativo di chiesa è perciò la "comunità di uguali", dove c'è spazio per tutte le differenze: di genere, di razza, cultura, classe sociale,…

v    Linguaggio

rispecchia la nostra visione delle cose, e quindi il mondo patriarcale in cui è stato forgiato. Il modo in cui parliamo - il discorso - è basato sull'esclusione delle donne. Il termine "uomo" che si suppone essere neutrale, si rivela prettamente maschile. Ed è androcentrico non solo il linguaggio biblico, ma anche quello ecclesiastico e liturgico.

Nei testi biblici il linguaggio è inclusivo: comprende le donne , ma non le cita esplicitamente; le menziona solo quando la loro condotta rappresenta un problema o per sottolineare il carattere eccezionale di alcune.

v    "Ermeneutica del sospetto"

felice espressione per definire la metodologia di approccio alle Scritture che la T.F. suggerisce.

Dal momento che ogni traduzione di un testo è un'interpretazione, qualsiasi operazione che pretenda di essere storicamente fedele alle caratteristiche del linguaggio delle sue fonti, dovrebbe intendere e tradurre il linguaggio androcentrico come inclusivo delle donne, "fino a prova contraria". Perciò i testi biblici che menzionano esplicitamente le donne (per qualche ragione di eccezionalità) non sono da intendersi come esaustivi di tutta l'informazione disponibile sulle donne (si veda ad es., nel cristianesimo primitivo, figure come Giunia e Febe, oppure la diversa interpretazione che nelle scritture cristiane viene data dei termini "profeta, diacono" a seconda che siano riferiti ad un uomo o ad una donna, come citato in: E. Schüssler Fiorenza "In memoria di lei" Claudiana, pp.64-66).

Poiché i Vangeli furono scritti in un periodo in cui altri autori delle Scritture cristiane stavano cercando di adattare  il ruolo delle donne all'interno della comunità cristiana a quello che esse avevano nella società e nella religione patriarcali, è tanto più notevole che non ci sia stato tramandato un solo racconto o una sola affermazione in cui Gesù chieda alle donne che si adattino all'ambiente culturale patriarcale e vi si sottomettano.

v    Ricostruzione storica delle origini 

La T.F mentre va alla ricerca dei testi che hanno contribuito alla discriminazione ed oppressione delle donne, evidenzia anche tutti i passi biblici che contengono possibilità o "semi" di liberazione, che testimoniano di un Dio a favore dell'umanità delle donne. Essa "scava"  per rendere visibili le donne all'interno della bibbia, per riscoprire le figure femminili nelle Scritture Ebraiche e Cristiane, chiedendosi che ruolo avessero nel testo e nella storia (proviamo a pensare ad es. a quanti personaggi femminili ricordiamo nei vangeli (ad es M. Maddalena, la donna dell'unzione di Betania, Marta di Betania, la siro-fenicia e la samaritana),  negli Atti (Tabita, Lidia, Damaris, Priscilla, Berenice) o nelle lettere( in Romani Maria, Trifena, Perside, Trifosa, Febe, Giunia; in Filippesi Evodia, Sintiche, …).

v    Immaginario maschile di DIO

La teologa Elisabeth Johnson nel libro "Colei che è" afferma che "la realtà di Dio è un mistero al di là di ogni immaginazione. Il santo mistero di Dio è così trascendente, così immanente, che non potremo mai comprendere completamente con la nostra mente questo mistero ed esaurire la realtà divina in parole e concetti".

La T.F. non considera nefasta ogni immagine sessuata di Dio, anzi riconosce l'impossibilità di parlare di un Dio personale senza ricorrere ad immagini o figure umane. Ma afferma che l'immagine di Dio maschile (padre) ha effettivamente escluso la femminilità dalla divinità.

Se l'essere umano, uomo e donna, è stato creato ad immagine e somiglianza di Dio, la teologia tradizionale, maschile, ha cercato di negare alle donne la dignità dell'immagine divina. La teologa femminista  Mary Daly sostiene che "se Dio è maschio, allora il maschio è Dio", il fatto quindi che si pensi a Dio in termini prettamente maschili implica che solo la maschilità è in grado di dire Dio.

Se finora si è detto Dio al maschile, le teologhe affermano che è giunto il momento di parlare di  Dio " se così si può dire" in termini femminili: poichè le Scritture attestano che Dio ha fatto la donna a sua immagine e somiglianza, la donna, tanto quanto l'uomo, è in grado di dire o rappresentare Dio a tutti gli effetti.

Allora se Dio padre, re, sposo, pastore, risponde ai bisogni ed alle aspirazioni degli uomini, quale rappresentazione di Dio risponderebbe ai bisogni ed alle aspirazioni delle donne?

Attenzione però che NON SI TRATTA DI AGGIUNGERE AD UN DIO MASCHILE ALCUNE CARATTERISTICHE FEMMINILI!

La T.F. ricerca le immagini femminili di Dio rimaste sepolte o perdute. Essa sostiene che una lettura attenta dei testi biblici mostra come in alcune epoche Israele pensava Dio in termini femminili, associando l'opera divina alla nascita, alla cura di una madre verso figli e figlie. Ma il desiderio di Israele di mantenersi diverso dai popoli vicini ha portato a scoraggiare e vietare l'uso di un linguaggio femminile per Dio. Dio al femminile non è solo un Dio materno: nella Bibbia troviamo la Sapienza, "figura che molti studiosi ritengono essere il Dio d'Israele in forma femminile" essa è "attiva nella creazione del mondo in cui infonde un ordine intelligente" scrive Elizabeth Green.

Maria invece è vista come il corollario umano al simbolo divino di Padre. Alla T.F. non interessa tento divinizzare Maria, ma piuttosto dire Dio al femminile. E ad esempio Grace Jantzen si propone di dire Dio non come Colui che vince la morte, ma come Colei che "dà alla vita".

 

La conclusione è stata mutuata ancora da E. Green:"possiamo paragonare la T.F. e la realtà che rappresenta al vino nuovo della parabola di Gesù. Il vino nuovo ha avuto bisogno di otri nuovi. Spesso siamo così attaccati/e agli otri vecchi, familiari, consumati, che non li vogliamo sostituire. Dire Dio in modo diverso talvolta ci spiazza, ci fa sentire insicuri/e. Preferiamo le tradizioni consolidate del maschile, soprattutto se, abbandonandole, abbiamo qualcosa da perdere (un posto, un potere, un prestigio). Ma in questo modo, aggrappandoci agli otri vecchi, perdiamo sia il vino che il contenitore. Ci troveremmo senza un modo di dire Dio a partire dalla nostra esperienza femminile, a partire da una società in trasformazione, a partire dalla consapevolezza della differenza sessuale. "Il vino nuovo", infatti, "fa scoppiare gli otri, il vino si spande e gli otri vanno perduti". E' doloroso quando scoppiano le cose vecchie alle quali siamo affezionati/e, eppure ci ricorda Gesù, "il vino nuovo va messo in otri nuovi". Attraverso la T.F. le donne, vasaie di vecchia data, stanno fabbricando degli otri nuovi. Solo in questo modo possiamo invitare donne e uomini a bere del vino nuovo i cui effetti, nelle mani di Dio, sono imprevedibili".

 

Volendo fare un bilancio del nostro quasi trentennale cammino come Comunità di base, possiamo dire che un buon tratto è stato fatto rispetto alla presenza/parità tra uomini e donne all'interno della vita comunitaria (ministeri…). Molto invece resta da fare sul versante dell'esegesi e del linguaggio sia biblico che liturgico, per rendere visibili le donne. Tutto è ancora da scoprire, la strada è ancora da percorrere per aprirsi a nuovi immaginari di Dio.

 

Ausilia Galotti