Bertone si vantò con Tettamanzi: “Il Papa vuole cacciarti dall’Istituto Toniolo”
di Marco Lillo
il fatto quotidiano del 28.2.2012
Le lettere pubblicate dal Fatto rivelano che il segretario di Stato a marzo 2011 si arrogò il diritto di licenziare il presidente dell'ente simbolo dei rapporti fra Chiesa e politica. Si trattava dell'ex arcivescovo di Milano
Le
lettere che
il
Fatto
pubblica oggi in esclusiva descrivono una situazione inedita al vertice della
Chiesa. Il braccio destro del Papa, il segretario di Stato
Tarcisio Bertone,
si arroga il diritto di parlare a nome di
Benedetto XVI
e, forte di questo mandato, nel marzo del 2011 arriva a licenziare su due piedi
il presidente dell’Istituto Giuseppe Toniolo, un cardinale autorevole come
Dionigi Tettamanzi,
allora arcivescovo di Milano e accreditato dalla stampa nel 2005 come un
possibile successore di
Giovanni Paolo II.
Per tutta risposta
Tettamanzi scrive a
Benedetto XVI per chiedergli di sconfessare Bertone annullando la sua decisione.
E, colpo di scena, la sconfessione di fatto si realizza.
Nonostante il rinnovo dei vertici del Toniolo fosse stato già comunicato
ufficialmente al successore in pectore,
Giovanni Maria Flick,
un anno fa. La vicenda era stata già narrata a grandi linee nella primavera
scorsa, ma nessuno aveva mai letto le lettere dei due cardinali. L’oggetto della
lettera di “licenziamento” per Tettamanzi non era il posto di arcivescovo di
Milano, che nel giugno 2011 sarà poi assegnato ad
Angelo Scola,
ma la presidenza dell’Istituto Toniolo, uno dei maggiori centri di potere in
Vaticano, che controlla il Policlinico Agostino Gemelli di Roma e l’Università
Cattolica con gli atenei di Brescia, Cremona, Piacenza, Roma e Campobasso, oltre
alla casa editrice Vita e pensiero e numerosi beni immobili in tutta Italia più
altre proprietà intestate a società commerciali.
Il Toniolo è sempre stato uno snodo dei rapporti tra politica e Chiesa, dai
tempi in cui il suo consiglio includeva
Oscar
Luigi Scalfaro
ed era presieduto dall’ex presidente del Consiglio
Emilio Colombo.
Nel 2003 Dionigi Tettamanzi, da poco nominato arcivescovo di Milano, fu spedito
da Giovanni Paolo II a presiedere l’istituto proprio per togliere dall’imbarazzo
il Vaticano dopo il coinvolgimento di Colombo, come consumatore, in un’inchiesta
sullo spaccio di cocaina a Roma. Quando nel marzo 2011 Bertone intima
brutalmente a Tettamanzi di levare le tende entro due settimane, nemmeno fosse
la sua colf, il cardinale ha già i nervi tesi perché si sente nel mirino di una
campagna diffamatoria partita con una serie di lettere velenose sui giornali che
gli imputano la presunta mala-gestio familistica del direttore amministrativo
della Cattolica,
Antonio Cicchetti.
E proprio nella lotta per il controllo del Toniolo molti iscrivono anche la
pubblicazione, sempre nel 2010, della velina falsa e calunniosa contro l’ex
direttore dell ’Avvenire
Dino Boffo,
consigliere del Toniolo vicino al presidente della Cei Angelo Bagnasco e al suo
predecessore
Camillo Ruini.
Quando Tettamanzi, il 26 marzo del 2011, legge il fax con la lettera di
licenziamento nella quale Bertone gli intima di lasciare il posto al professor
Flick e di non fare nomine prima dell’arrivo del successore, l’arcivescovo
reagisce come una belva ferita. Tettamanzi scrive al Papa una lettera nella
quale sostanzialmente insinua che Bertone non avesse l’investitura papale, da
lui millantata, per cacciarlo e chiede a “Sua Santità” di essere confermato.
Detto fatto. Il Papa, dopo avere ricevuto Bertone il 31 marzo e Tettamanzi il 30
aprile, lascia quest’ultimo al suo posto (e lì si trova tuttora a distanza di
quasi un anno). L’aperta sconfessione di Bertone non viene accolta bene dal
segretario di Stato che da allora medita la rivincita.
Il primo scricchiolio dell’equilibrio precario raggiunto dopo il braccio di
ferro si è avvertito qualche settimana fa quando nel consiglio del Toniolo è
entrato il cardinale Angelo Scola. Probabilmente Bertone ha pensato di dare
scacco matto a Tettamanzi mettendo in campo un uomo stimato dal Papa ma che non
è considerato un suo fedelissimo. Il cardinale ciellino Angelo Scola però non è
certo paragonabile al laico ed ex ministro prodiano Flick. La sostituzione del
progressista Tettamanzi con un arcivescovo vicino alle posizioni del Pdl (anche
se recentemente ha preso le distanze dai seguaci lombardi di don Giussani)
sarebbe una piccola rivoluzione negli equilibri del potere Vaticano e sarebbe
vista come una presa da parte dei conservatori di un feudo dei moderati non
berlusconiani. Per questo, nonostante risalgano a quasi un anno fa, le lettere
conservano una grande attualità.
Il fax del segretario di Stato del 26 marzo 2011 e la missiva di Tettamanzi al
Papa del 28 marzo sono la prova migliore della situazione anomala in cui versa
oggi il vertice della Chiesa. Il segretario di Stato si arroga sempre più spesso
i poteri del Santo Padre e agisce con lo stile di un capo azienda. Dall’altro
lato i cardinali più autorevoli, come Tettamanzi, e i monsignori più orgogliosi,
come Carlo Maria Viganò, si ribellano ai diktat di Bertone. E il risultato è un
governo schizofrenico che oscilla tra autarchia e anarchia. Mentre Benedetto XVI
si isola negli studi e nella scrittura dei libri, alle sue spalle si svolge una
lotta di potere senza esclusione di colpi che danneggia l’autorità morale della
Chiesa dentro e fuori le mura leonine.