La fiducia non l’avrei votata, ora costruire una rete oltre Sel - Intervista a Sergio Cofferati

 

di Giampiero Calapà

 

“Il fatto quotidiano” del 30.4.2013

 

   Sergio Cofferati la fiducia al governo Letta non l’avrebbe concessa, “sono europarlamentare, ma se fossi stato a Montecitorio, per coerenza, dopo le battaglie perse in questi giorni, non avrei votato”. E dopo un ultimo Congresso del Pd la strada non può essere quella di riunire le storie di sinistra “dentro Sel, bisogna costruire una rete di più ampio respiro”. Il “Cinese”, come veniva chiamato ai tempi d’oro della Cgil (con quei 3 milioni di persone al Circo Massimo nel 2002), soltanto otto giorni fa dichiarava a questo giornale che in caso di una fiducia del Pd a un governo col Pdl “sarebbe già tutto finito, non sarà neppure necessaria la verifica del Congresso”. Dopo il sì della Camera all’esecutivo di Enrico Letta, Cofferati frena, prende tempo, eppure non cambia idea, sa che all’orizzonte si comincia a vedere una scissione, ma non vuole tirarsi indietro da passaggi politici evidenti e plateali, affina la strategia: “Il Congresso va anticipato, va avviato il prima possibile: ho un’altra partita da giocare nel partito che ho contribuito a fondare, devo farlo. L’ultima? Non ha visto le mie caviglie, quanti calci ho preso, so che è difficile spostare l’asse del partito a sinistra, ma voglio credere che non sia impossibile”.

   Cofferati, spera ancora? Letta ha    addirittura annunciato una Convenzione per le riforme costituzionali e Berlusconi si è già candidato alla presidenza... Quali    margini ci possono ancora essere?

   Lei è molto pessimista. Le incursioni di Berlusconi saranno quotidiane, è vero. Il mandato elettorale è stato tradito, verissimo. Temi come la giustizia, il conflitto d’interesse, le questioni economiche e sociali, sono già stati derubricati. Tutto questo non mi piace. Ma non posso tirarmi indietro, voglio un Congresso per affrontare il partito a testa alta, da sinistra.

   È un governo di giovani Dc. Quasi nessuno proveniente dalla storia del Pci (con le eccezioni di Zanonato e Orlando). La sinistra è stata già cancellata, non prendiamoci in giro. Ma il dissenso sembra rientrato. Fabrizio Barca ammicca a Matteo Renzi sul Corriere e ieri il massimo della ribellione alla linea è Pippo Civati che lascia l’aula e non partecipa al voto. Come può vedere ancora delle possibilità?

   Non mi aspettavo atti clamorosi da parte di nessuno. È l’abbandono silenzioso che mi spaventa, quei 3 milioni e mezzo di voti persi verso l’astensione o riversati su Beppe Grillo. Aggiungo a questo che la linea politica di questo governo rende impossibile fare le cose che dovrebbero definire il profilo del Partito democratico che vorrei. Ma ripeto che lei è pessimista, voglio e devo fare la battaglia del Congresso. È un’operazione difficile con un obiettivo che pare impossibile, ma va fatto.

   In prima persona? Si vuole candidare alla segreteria in un momento in cui la linea di Renzi pare imbattibile? O spera nella soluzione Guglielmo Epifani, già suo successore alla segreteria generale della Cgil?

   È presto per fare nomi.

   Oggi sarà a Bologna al convegno della Fiom. Dirà qualcosa a Maurizio Landini, Nichi Vendola, Stefano Rodotà e Fabrizio Barca, gli altri partecipanti?

   Parleremo di reddito minimo garantito, che insieme ai temi dei diritti, disegna un’identità di sinistra che ci accomuna al di là di dove siamo collocati. È un percorso per indicare elementi di valore comuni, che vorrei fossero anche del Pd.

   E questo sembra davvero impossibile. Insomma Cofferati, può interessarla l’annunciato cantiere della sinistra di Nichi Vendola, a cui Rodotà parteciperà?

   Ecco di nuovo il suo pessimismo. Se Nichi pensa di riunificare sensibilità e orientamenti di sinistra

   dentro Sel, non credo possa essere un progetto di ampio respiro . Non vorrei usare un termine abusato, ma bisognerebbe costruire una rete, tessere delle relazioni nella società, nei nostri movimenti.

   Enrico Letta ha legato l’esistenza del suo governo proprio al successo della Convenzione (presieduta da Berlusconi per disegnare una Repubblica presidenziale?), indicando 18 mesi come limite di tempo.

   Lei è pessimista, ma non ingenuo, sa che questo governo punta a durare il più a lungo possibile.

   Appunto. Come può pensare quindi di continuare a rimanere a lottare nel Pd?

   Il Congresso è l’ultima possibilità. È il Pd che ha fatto carta straccia del mandato sottoscritto con gli elettori. Ma mi faccia giocare l’ultima partita, le mie caviglie hanno già preso tanti calci, eppure non ho paura e non posso fuggire.