Decisione quasi rivoluzionaria
intervista ad Hans Küng a cura di Walter Rauhe
“Il Messaggero” del 12 febbraio 2013
Il telefono di Hans Küng ha squillato ieri quasi ininterrottamente. Poco dopo le 11 e 46, quando l’Ansa ha diramato il suo primo comunicato sulle dimissioni di Benedetto XVI, redazioni da tutto il mondo hanno tempestato di chiamate il più noto tra i teologi ribelli ed esponenti del dissenso all’interno del cattolicesimo e che da oltre quarant’anni è al centro di un’aspra controversia teologica con Josef Ratzinger. Per l’oggi ottantaquattrenne Küng le clamorose dimissioni di Benedetto XVI potrebbero anche rappresentare un piccolo trionfo. Ex collega di Ratzinger alla facoltà di teologia cattolica di Tubinga, Küng è stato sospeso nel 1979 proprio dalla Congregazione per la dottrina della fede di Ratzinger che gli revocò la «missio canonica», ovvero l’autorizzazione per l’insegnamento della teologia cattolica. E questo per via delle sue forti critiche alle rigide gerarchie del Vaticano, all’autorità del Papa, la sua messa in discussione dell’infallibilità pontificia e la sua lotta a favore dell’ammissione delle donne e dei laici ad ogni ministero.
«Ho già detto tutto all’agenzia di stampa tedesca Dpa», ci risponde in tono quasi seccato, quando – dopo infiniti tentativi – riusciamo finalmente a raggiungerlo telefonicamente.
Ma dopo qualche istante di esitazione, il teologo di origine svizzera, aggiunge spontaneamente alcune considerazioni.
«No, non provo un senso di trionfo o addirittura di soddisfazione tardiva. Perché dovrei? Al contrario. La decisione di Benedetto XVI merita grande rispetto, è legittima, comprensibile e anche coraggiosa. Non mi sarei mai aspettato che questo Papa riuscisse un giorno a sorprendermi in maniera positiva».
In che senso?
«Anche Gesù Cristo non è sceso dalla croce – ha detto a suo tempo Giovanni Paolo II, spiegando le ragioni della sua permanenza alla guida della Chiesa cattolica anche dopo che la sua malattia gli limitava ormai in modo visibile le sue attività rubandogli perfino la voce. Benedetto XVI invece ha preso un’altra decisione, quasi rivoluzionaria e secolare. Quasi come se fosse un semplice Presidente della repubblica o un rappresentante del mondo politico. La rinuncia al suo incarico e il passaggio di consegne ad un nuovo pontefice. E questo per il bene stesso della Chiesa. Incredibile! Non me lo sarei mai aspettato da lui».
Il severo Professore di teologia e il rappresentante del cattolicesimo più ortodosso e dogmatico tanto criticato da Lei, ha dunque introdotto con le sue dimissioni una modernizzazione e un’apertura della Chiesa?
«Ancora è presto per dirlo e non so fino a che punto il Pontefice è consapevole degli effetti e delle conseguenze della sua scelta. Ora bisogna sperare che Joseph Ratzinger non eserciti troppa influenza sulla scelta del suo successore».
Una scelta che deciderà la linea futura della Chiesa cattolica. Pensa che il prossimo Pontefice aprirà la strada verso le riforme e la modernizzazione della Chiesa da Lei tanto desiderate?
«Su questo resterei scettico. Durante il suo Pontificato Ratzinger ha nominato molti cardinali conservatori e ortodossi, fedelissimi seguaci delle sue dottrine. Sarà quindi difficile trovare proprio tra di loro la persona giusta che sia in grado di far uscire la Chiesa cattolica dalla sua complessa e profonda crisi che sta vivendo da ormai molti anni e che non è stata provocata e inasprita solo da Benedetto XVI ma anche dal suo predecessore».
Ma nelle parole ponderate e prudenti del teologo dissidente di Tubinga traspare ugualmente un cauto ottimismo e quasi una disponibilità alla riconciliazione con il suo storico avversario. Del resto fu lo stesso Ratzinger a cercare il dialogo con il teologo «eretico» di Tubinga. Nel settembre del 2005 Benedetto XVI accolse a Castel Gandolfo Hans Küng per discutere con lui ben quattro ore le posizioni diametralmente opposte in questioni teologiche. Un colloquio svoltosi in un clima «amichevole e di reciproco rispetto» come recitò allora il comunicato ufficiale diramato dalla Santa Sede. Il tentativo di riconciliazione tra i due durò però poco. Le polemiche attorno alla reintegrazione nella Chiesa ufficiale degli ultraortodossi e negazionisti lefevriani e lo scandalo attorno agli abusi sessuali avvenuti all’interno di numerosi istituti religiosi in Germania, riaprirono i vecchi dissensi, tanto che ancora nel 2010 Hans Küng definì il Pontificato di Benedetto XVI come un fallimento completo.