«Bene i segni. Finisce la papolatria, ora la riform

 

intervista a Frei Betto a cura di Roberto Monteforte

 

l'Unità” del 21 marzo 2013

 

«Nello scegliere il nome di Francesco, il cardinale Bergoglio, solleva grande speranza per le sorti del papato. Mai un Papa aveva scelto questo nome». Non nasconde la sua sorpresa e anche le sue speranza per l’apertura di una pagina nuova nella vita della Chiesa, il padre domenicano brasiliano Frei Betto, una delle voci più significative della Teologia della Liberazione.

Perché lo ritiene così positivo?

«Perché il nome di Francesco d’Assisi simbolizza quattro orizzonti importanti. Francesco è stato il santo che ha messo in discussione le origini del capitalismo. Pensiamo alla ribellione verso suo padre Bernardone che grazie al pionierismo della produzione manifatturiera e lintroduzione dei primi telai meccanici aveva provocato il fallimento di diversi artigiani che lavoravano i tessuti. Per la prima volta, nel XIII secolo, in Italia si vedono i miserabili non perché vittime delle guerre, delle  epidemie, quali la peste o delle avversità naturali, ma a causa delle attività produttive. Il nome di Francesco simbolizza l’opzione per i poveri, che è alla base della teologia della liberazione. Francesco rompe con Bernardone, si spoglia nella piazza di Assisi e assume la condizione delle vittime del sistema».

E poi?

«Non dimentichiamo che Francesco è il santo patrono dellecologia. Amico degli animali, colui che canta “fratello sole sorella luna”. Il quarto punto riguarda il rapporto del santo dAssisi con la Chiesa. Francesco sente Gesù chiedergli di ricostruire la Chiesa. E lo fa interpretando alla lettera la parola di Gesù, ricostruendo la chiesa della Porziuncola. Poi comprende che vi è un significato molto più ampio, ossia di ricostruire lintera Chiesa cattolica. È quello che chiede Papa Benedetto XVI alla vigilia della sua rinuncia».

Quanto questa scelta potrà aprire una fase nuova?

«Nel rinunciare al pontificato Benedetto XVI ha fatto un atto di grande umiltà. Non avveniva nella storia della Chiesa da quasi seicento anni. Così ha messo un punto alla papolatria, che purtroppo è molto comune nella chiesa cattolica. E ha relativizzato il papato».

Cosa intende?

«D’ora in avanti, qualunque Papa che si dovesse ammalare gravemente, o che dovesse arrivare a un’età piuttosto avanzata, pot rinunciare. Non ci sarà alcun motivo perché continui a essere pontefice come un monarca assoluto che deve obbligatoriamente morire seduto sul trono di Pietro».

Questo aiuterà lecumenismo, il dialogo con le altre Chiese cristiane?

«Anche questo è molto importante. Perché papa Francesco, è gesuita, e avrà sicuramente pensato anche a Francesco Saverio, uno dei fondatori della compagnia di Gesù che è andato a evangelizzare il Giappone, l’India e l’Oriente. Dal pontificato di Giovanni Paolo II la Chiesa si è chiusa al dialogo interreligioso, come pure allecumenismo. La scelta di Bergoglio per un nome come quello di Francesco Saverio, apre alla speranza che riprenda il dialogo con le altre religioni e anche con le scienze, con gli atei. Senza alcun preconcetto, come Gesù. Aperto alle persone seriamente interessate. Vedo segnali estremamente positivi nelle prime scelte di Papa Francesco».

Si è definito solo vescovo di Roma...

«Anche questo è molto importante. Nel definirsi vescovo di Roma, senza usare l’espressione di vescovo universale, torna alle origini: quando il vescovo di Roma non aveva autorità sugli altri vescovi, ma era solo riferimento dell’unità della fede cattolica. Un riferimento necessario affinché si sappia chi sta comunicando la fede considerata dal consenso dei vescovi, quella di contenuto più vicino al Vangelo. Per questo allinizio della cristianità era stato scelto il papa di Roma che non aveva alcuna autorità sugli altri vescovi. Speriamo che ora il Papa chiuda le nunziature. Perché il Vaticano non deve essere per forza uno Stato. Basta che sia la sede della Chiesa cattolica, e che il Papa valuti le sue scelte assieme a un collegio delle conferenze episcopali nazionali e anche con i sinodi dei vescovi. La mia speranza è che convochi anche un sinodo permanente dei laici che possano aiutarlo nel governo della Chiesa».

Far vivere e sviluppare il Concilio Vaticano II?

«Metterlo in atto. Paolo VI non ha avuto tempo sufficiente per farlo. Mentre Giovanni Paolo II e Benedetto XVI non ne avevano linteresse. Dagli atti del Concilio sappiamo che Papa Wojtyla, allora vescovo di Cracovia, aveva votato insieme ai più conservatori, a chi non voleva la riforma della Chiesa. È quindi molto importante che ora Francesco riesca a mettere in pratica il Concilio, che non lo lasci solo sulla carta».

Papa Francesco ha raccontato che in Conclave è stato il brasiliano cardinale Hummes a ricordagli i poveri...

«Ho lavorato 15 anni direttamente con il cardinal Hummes , quando era vescovo della regione metallurgica di San Paolo, è la regione di Lula, dove è nato il Pt (il Partito dei lavoratori) e la Cut (la Centrale unicadei lavoratori). Carlos Hummes è un uomo con una spiccata sensibilità verso i poveri. Ed essendo francescano, e trovandosi accanto al cardinale Bergoglio, non solo gli ha suggerito che da pontefice non si dimenticasse mai dei poveri, ma gli ha anche suggerito il nome di Francesco. Pochi giorni fa, il cardinal Hummes ha dichiarato in pubblico che ci sarà una riforma della curia. Conoscendolo bene, e sapendo quanto sia attento e ponderato, sono certo che mai avrebbe fatto quelle dichiarazioni senza avere avuto una autorizzazione da papa Francesco. Questo ci porta a sperare che vi sia una vera riforma nella Curia romana, perché ha macchiato profondamente limmagine della Chiesa cattolica».

Qualcosa è già iniziato. Papa Francesco ha rifiutato i simboli del potere: la croce d’oro, l’uso della mozzetta...

«Spero che non si fermi ai gesti dellinizio del pontificato. È chiaro che si rendono necessari gesti più profondi. La cosa più importante è cambiare la struttura di governo della Chiesa. Affinché il Papa non sia più un monarca assolutista come accade oggi solo in Arabia Saudita. Bisogna che il Papa non solo si spogli dell’oro, o che si avvicini al popolo, ma che abbandoni anche titoli quali Sommo Pontefice e tutto quello che favorisce la papolatria. Ma soprattutto che il Papa sia la voce dei poveri. In questo mondo co iniquo, con disuguaglianze che si accentuano a causa del neoliberismo. Abbiamo di fronte una situazione drammatica. Si parla tanto del fallimento del socialismo nei paesi dellEst europeo ma si dimentica di parlare del fallimento del capitalismo per ben 4 miliardi di abitanti del pianeta su 7 miliardi. Sono 4 miliardi gli esclusi dai beni essenziali della vita. Che vivono in una condizione di sopravvivenza animale. Che devono garantirsi da mangiare, un posto dove dormire, l’educazione dei figli. È molto importante che lo faccia, perché non sia interpretato come un demagogo».

Un Papa proveniente dallAmerica Latina, la Chiesa cambierà il suo punto di vista sul mondo?

«Sì, è latinoamericano. Viene da un paese che vive la crisi economica e conosce molto bene questa realtà. Spero quindi che mantenga quel principio pedagogico secondo cui la testa deve pensare dove i piedi calpestano. Ossia benché i piedi siano oggi a Roma, ci auguriamo che mantenga la testa in America Latina. Che venga a favorire tutto il processo politico, di grande speranza, promettente, che lAmerica Latina vive oggi con i governo democratici e popolari, con grande sostegno popolare. Dei popoli che alle urne hanno scelto capi di Stato progressisti. Spero che il Papa si aggiunga a questo processo».

Ma Bergoglio è un progressista o un moderato, un conservatore?

«Preferisco non dare risposta alla domanda. Ritengo sia troppo presto per rispondere a questa domanda. Bisogna aspettare per vedere come si pone. Non è un uomo che si è distinto, nella sua traiettoria personale, come un progressista. Ma neanche come un grande conservatore.

È un uomo moderato. Ma ricordo che Giovanni XXIII era un conservatore e ha sorpreso il mondo con i suoi atteggiamenti progressisti. Aspettiamo quindi un po’, per valutare meglio. Ricordiamoci di Romero che celebreremo il 24 marzo, giorno del suo assassinio. Era un conservatore che è cambiato dopo essere diventato vescovo di San Salvador. Spero che lo stesso avvenga con il nuovo Papa».