Il pregiudicato costituente
Marco Travaglio
Da Il Fatto Quotidiano del 02/08/2013.
Oddio, hanno condannato Berlusconi e nessuno sa cosa mettersi. Del resto, chi l’avrebbe mai detto che il compare di Mangano, Gelli, Craxi, Dell’Utri e Previti – per citare solo i migliori – già amnistiato per falsa testimonianza, prescritto due volte per corruzione giudiziaria e cinque per falso in bilancio e una per rivelazione di segreto, tuttora imputato per corruzione di senatori e indagato per induzione alla falsa testimonianza, nonché condannato in primo grado a 7 anni per concussione e prostituzione minorile, avrebbe potuto un giorno o l’altro diventare un pregiudicato? Era tutto un darsi di gomito, uno strizzare d’occhi, un “tutto si aggiusta” all’italiana, con leccatine agli “assi nella manica” del sommo Coppi, dipinto come il mago di Arcella che fa assolvere i colpevoli. Invece da ieri anche la Cassazione, grazie a cinque giudici impermeabili a minacce e pressioni e moniti, ha detto ciò che chiunque volesse sapeva da tempo immemorabile: Silvio Berlusconi è un fuorilegge, un delinquente matricolato, colpevole di un reato – commesso anche da premier e da parlamentare – che in tutto il mondo lo porterebbe dritto e filato in galera per un bel po’. In America, per incastrare il suo spirito guida Al Capone, bastò la frode fiscale. In Italia, grazie anche all’indulto-insulto regalatogli da un centrosinistra così tenero che si taglia con un grissino, Al Tappone finirà ai domiciliari per un annetto. O, se li chiede, ai servizi sociali. I giudici milanesi lo manderanno a prendere dai carabinieri in autunno, non appena riaprirà il Tribunale. L’ignaro Epifani annuncia tonitruante che il suo Pd, se necessario, è pronto a rendere esecutiva la sentenza: non si dia pena, la sentenza è esecutiva a prescindere da lui. Come tutto il resto. Per arrestare un condannato, anche se parlamentare, non c’è bisogno di Epifani, né del Parlamento, né di nessuno. Piuttosto sarebbe interessante sapere con che faccia il Pd possa restare alleato con un pregiudicato prossimo all’arresto purché non faccia troppo casino: come se qualche parola o manifestazione scomposta fossero più gravi che mettere in piedi una monumentale frode fiscale. E con che faccia il premier Nipote possa restare al governo col sostegno di B., magari per tuonare contro l’evasione fiscale, senza che gli scappi da ridere, a lui e a suo zio. Ma questa è la “separazione dei poteri” come la intendono i nostri politicanti: se un politico è indagato, attendono il rinvio a giudizio; se è rinviato a giudizio, attendono la condanna; se è condannato in primo grado, attendono l’appello; se è condannato in appello, attendono la Cassazione; e se è condannato in Cassazione, imboscano la sentenza in un cassetto perché bisogna separare la giustizia dalla politica. Solo sull’interdizione, quando sarà ricalcolata dalla Corte d’appello e confermata dalla Cassazione (pochi mesi), il Senato sarà interpellato: ma per ratificarla, non per discuterla o ribaltarla (è questa, cari analfabeti, la separazione dei poteri). E comunque i nostri tartufi si scordano un piccolo dettaglio: l’anno scorso Pd, Pdl e frattaglie centriste approvarono la legge “liste pulite” che dichiara decaduti e incandidabili i parlamentari condannati sopra i 2 anni: dunque neppure se fosse interdetto per un solo giorno B. potrebbe restare senatore e ripresentarsi alle prossime elezioni. A meno che, si capisce, l’abrogazione di quella norma giustizialista votata anche da B. non faccia parte delle “riforme della giustizia” invocate da Re Giorgio un minuto dopo la prova che la giustizia funziona. Ora i soliti idioti dicono che la Cassazione ha condannato 10 milioni di elettori del Pdl (che sono molti di meno): no, ha condannato un solo eletto. Ma anche, simbolicamente, tutti quelli che – sapendo chi era- l’hanno legittimato, ricevuto, favorito, riverito, salvato, strusciato, addirittura promosso partner di governo e padre costituente: da Napolitano in giù. Vergognatevi, signori. E rassegnatevi: la legge, ogni tanto, è uguale per tutti.