ADISTA n° 33 del 28/9/2013
Il teologo spagnolo Juan José Tamayo, invitato lo scorso giugno dall’Associazione cattolica per il Diritto a decidere di El Salvador a tenere una conferenza in occasione dell’inaugurazione della Scuola di Teologia Femminista
Vorrei esprimere il mio ringraziamento nei confronti dell’Associazione cattolica per il Diritto a decidere di El Salvador per avermi invitato a pronunciare questo intervento in occasione dell’inaugurazione della Scuola di Teologia femminista, il cui programma si svolgerà da luglio a dicembre del 2013 intorno a tre nuclei fondamentali: Storia della Teologia femminista; Diritti umani delle donne: un impegno etico e teologico; Sessualità e corporalità. (...)
1. LE DONNE: ETERNE DIMENTICATE E GRANDI SCONFITTE
a) Nelle religioni le donne non sono riconosciute come soggetti morali: le si considera bisognose di guide spirituali maschili che le conducano per il sentiero della moralità, dicendo loro ciò che è bene e ciò che è male, ciò che possono e ciò che non possono fare, soprattutto in materia di sessualità, di relazioni di coppia e di educazione dei figli. Le norme morali che le donne devono soddisfare (...) vengono dettate dagli uomini, che le impongono come obbligo.Nell’immaginario patriarcale religioso, influenzato da preti, imam, rabbini, lama buddisti, guru, pastori e maestri spirituali, le donne sono considerate tentatrici, amorali, leggere. Un’immagine elaborata a partire dai testi di alcuni libri sacri scritti in un linguaggio patriarcale, ritenuti validi in ogni tempo e in ogni luogo e letti con occhi fondamentalisti e mentalità misogina.
b) Le donne non sono quasi mai riconosciute come soggetti religiosi. In non poche religioni, la divinità è maschile e tende ad essere rappresentata solo da uomini. Ha ragione Mary Daly a dire che, «se Dio è uomo, allora l’uomo è Dio». Di conseguenza, gli uomini si sentono legittimati divinamente a imporre la loro onnicomprensiva volontà alle donne: il patriarcato religioso – Dio, in definitiva – legittima il patriarcato nella società. Proprio perché solo gli uomini possono rappresentare Dio, solo gli uomini possono accedere all’ambito del sacro, entrare nel sancta sanctorum, salire sull’altare, offrire il sacrificio, guidare la preghiera comunitaria nella moschea, presiedere al servizio religioso nelle sinagoghe (con alcune eccezioni). (...).Nella Chiesa cattolica l’ordinazione sacerdotale femminile è considerata un grave delitto, alla stregua della pedofilia, dell’eresia, dell’apostasia, ed è punita in maniera più severa della pedofilia: con la scomunica. (...). Nelle moschee è solitamente riservato alle donne uno spazio separato dagli uomini – per non contaminare? –, in una zona rialzata dietro una grata, e a volte debbono persino entrare da una porta diversa da quella degli uomini.
c) Difficilmente le donne sono riconosciute come soggetti teologici. Le istituzioni religiose pongono solitamente ogni tipo di ostacolo alle donne nello studio e nella docenza della teologia, nell’interpretazione dei testi sacri, nella riflessione sulla fede, ecc. E quando decidono o osano pensare la fede e fare teologia a partire dalle proprie esperienze di sofferenza e di lotta, e interpretare i testi delle rispettive religioni a partire dalla propria soggettività, dalle proprie esperienze di vita, vengono di solito accusate di entrare in un terreno che non le riguarda e di cadere nel soggettivismo. Come se non valesse lo stesso per le letture e le interpretazioni degli uomini! Nella maggior parte delle religioni la teologia è scritta con caratteri maschili.
d) L’organizzazione delle religioni si configura, la maggior parte delle volte, in modo patriarcale: tutti i sacerdoti cattolici e tutti gli imam sono uomini, il Dalai Lama è un uomo, la maggior parte dei rabbini e dei lama buddisti è costituita da uomini. Per questo, le religioni possono essere a ragion veduta definite come perfetti patriarcati. Ci sono, comunque, significative eccezioni nelle Chiese di tradizione protestante, che ordinano pastore, sacerdotesse e vescove. Una pratica che dovrebbe estendersi, ponendo fine alla discriminazione di genere nell’accesso ai ministeri ordinati.
e) Le donne accedono con difficoltà a posti di responsabilità nelle comunità religiose. Il potere è solitamente esercitato dagli uomini. Alle donne spetta l’obbedienza agli ordini. Un fatto che si tende a giustificare facendo appello alla volontà divina (...): è Dio che affida il potere e l’autorità agli uomini. Nel caso del cristianesimo, ci si richiama a Gesù per ostacolare l’ordinazione sacerdotale delle donne. È quanto ha affermato Benedetto XVI nel libro intervista scritto con il giornalista Peter Seewald: non è che non vogliamo ordinare le donne, è che non possiamo, perché così ha stabilito Cristo, che ha dato alla Chiesa una struttura basata sui Dodici e, poi, in successione con loro, sui vescovi e sui presbiteri. In altre parole: ha ordinato solo uomini. (...).Mi chiedo: le Chiese cristiane che in numero sempre maggiore ordinano le donne e riconoscono loro funzioni sacerdotali ed episcopali stanno trasgredendo il mandato di Cristo o stanno applicando nelle loro comunità il principio evangelico e democratico dell’uguaglianza tra uomini e donne?Bibbia cristiana alla mano, e partendo da un’ermeneutica di genere, ciò che va riconosciuto è che Gesù non diede vita a una Chiesa gerarchico-patriarcale, ma a un movimento egualitario di donne e uomini, e che non ordinò sacerdoti né le une né gli altri. Al contrario, escluse direttamente ed espressamente dalla nuova religione il sacerdozio ed eliminò il tempio come luogo di culto proponendo come alternativa l’adorazione “in spirito e verità”. (...).Facendo riferimento alla storia della Chiesa e agli studi archeologici, si può affermare che, nei secoli, le donne hanno esercitato funzioni sacerdotali ed episcopali. Per la Chiesa, la storia non è “maestra di vita”?
f) Le religioni legittimano sotto molteplici forme l’esclusione delle donne dalla sfera pubblica, dalla vita politica, dall’attività intellettuale, dal campo scientifico, e limitano le loro funzioni all’ambito domestico, alla sfera privata, all’educazione dei figli e delle figlie, alla cura del marito, dei malati ecc. (...). Al massimo, si sostiene che le donne possono trovare la propria realizzazione a casa e nel lavoro, cosa che non vale per gli uomini. h) La maggior parte delle religioni nega alle donne il riconoscimento e l’esercizio dei diritti riproduttivi e sessuali (...).
2. LE RELIGIONI ESERCITANO OGNI TIPO DI VIOLENZA CONTRO LE DONNE: FISICA,
RELIGIOSA E SIMBOLICA
I testi sacri ne sono la riprova, giustificando le percosse contro le donne, la lapidazione, la loro offerta in sacrificio per compiere una promessa e placare l’ira degli dei, la loro reclusione in casa fino alla morte, l’imposizione del silenzio, il disconoscimento della loro autorità, la mancata considerazione della loro testimonianza al pari di quella degli uomini, ecc. (...).
Alcuni Padri della Chiesa le consideravano “la porta di Satana” e la “causa di tutti i mali”. Un teologo tanto influente nel cristianesimo come Agostino d’Ippona arriva ad affermare che l’inferiorità della donna appartiene all’ordine naturale. Un altro teologo di importanza decisiva come Tommaso d’Aquino definisce la donna come “uomo imperfetto”. Lutero parla delle donne come esseri inferiori di mente e di corpo perché cadute in tentazione e afferma che le donne sono state create senza altro proposito che quello di servire gli uomini ed essere loro aiutanti.
La violenza degli uomini di Chiesa contro le donne è descritta con crudezza e realismo in una scena del romanzo di Jostein Gaarder, Vita brevis, in cui l’autore immagina una lettera indirizzata a Sant’Agostino dalla concubina con cui egli aveva vissuto dodici anni, cui dà il nome di Floria Emilia: «Una sera, quando avevamo condiviso nuovamente i doni di Venere, improvvisamente ti arrabbiasti con me e mi colpisti. Te lo ricordi? Tu, proprio tu che una volta eri un rispettabile docente di Retorica, mi colpisti brutalmente perché ti eri lasciato tentare dalla mia tenerezza! Su di me ricadde la colpa del tuo desiderio… Vescovo, mi picchiasti e gridasti perché mi ero trasformata di nuovo in una minaccia per la salvezza della tua anima. Prendesti un bastone e mi colpisti di nuovo. Pensavo che volessi uccidermi perché questo sarebbe stato lo stesso che castrarti. Ma non temevo per la mia vita: ero solo così devastata, delusa e piena di vergogna per te che ricordo chiaramente che desiderai la morte».Dopo il racconto dell’aggressione, Floria commenta che Agostino non aveva colpito lei ma Eva, la donna, e gli ricorda, citando Publio Sirio, che chi si comporta ingiustamente con una persona minaccia molte persone. Alla fine della lettera, Floria confessa al vescovo di Ippona con comprensibile drammaticità: «Mi vengono i brividi, perché temo che arriverà un tempo in cui le donne saranno uccise dagli uomini della Chiesa di Roma». E continua ponendo una domanda agghiacciante: «Però, perché, onorevole vescovo, si dovrebbe togliere loro la vita? Perché vi ricordano che avete rinnegato la vostra anima e le vostre qualità, pensate. In favore di chi? Di un Dio, dite: in favore di Colui che ha creato il firmamento sopra di voi e la terra sulla quale vivono le donne che vi danno alla luce».
La compagna di Agostino dice agli uomini di Chiesa che, se Dio esiste, li giudicherà per i piaceri cui hanno voltato le spalle e per aver negato l’amore tra uomo e donna. E termina la lettera comunicando al vescovo che, se era stato lui a preoccuparsi di farle arrivare le sue Confessioni affinché si battezzasse, non gli avrebbe dato questa soddisfazione.
3. CIONONOSTANTE, LE DONNE SONO QUELLE CHE SEGUONO PIÙ FEDELMENTE I PRECETTI
RELIGIOSI
C’è chi dice che (...) le donne siano per natura più credule e, per questo, più assidue nelle attività religiose. (...). Chi lo pensa dimentica che, tradizionalmente, è nelle donne che è stato maggiormente inculcato il sentimento religioso. Si tratta, quindi, di un processo indotto, che risponde a una determinata educazione e a un determinato apprendistato. Le donne sono coloro che meglio trasmettono gli insegnamenti religiosi ai figli e in generale ai bambini e alle bambine negli spazi religiosi. Le donne sono anche le più praticanti e quelle che maggiormente riproducono l’organizzazione patriarcale e l’ideologia androcentrica.
4. RIBELLIONE DELLE DONNE
Negli ultimi decenni abbiamo assistito a un’autentica ribellione delle donne, tanto a livello personale che collettivo, tanto all’interno delle religioni che nella società.
a) A livello personale, trasgredendo coscientemente le norme e gli orientamenti in materia di sessualità, di relazioni di coppia, di pianificazione familiare, di scelte politiche, ecc.
b) All’interno delle religioni, creando movimenti e associazioni di donne in piena autonomia rispetto agli uomini e anche in opposizione alle autorità religiose.
c) Nella società, partecipando attivamente ai movimenti femministi e alle organizzazione sociali (...).
d) La ribellione delle donne all’interno delle religioni costituisce uno dei fatti più importanti e più significativi della storia del fenomeno religioso, comportando un avanzamento nella lotta per l’emancipazione delle donne e per la liberazione degli emarginati e degli esclusi. (...).
5. TEOLOGIA FEMMINISTA
Frutto di questa ribellione è un nuovo modo di vivere e di pensare la fede a partire dalla soggettività delle donne nelle differenti religioni: la teologia femminista, che parte dall’esperienza della sofferenza, della lotta e della resistenza delle donne contro il patriarcato e le sue differenti trasformazioni (...).
La teologia femminista non è una teologia particolare che si occupa di questioni relative alle donne, o che interessa solo le donne o che è elaborata da donne. Si tratta: a) di una teologia fondamentale, che cerca di dare ragione di una fede in Dio non sottomessa al modello divino patriarcale, ma vissuta nella sequela di Gesù e del suo movimento egualitario di uomini e donne; b) di una Teologia della Liberazione, che vuole contribuire alla salvezza di tutti gli oppressi e alla trasformazione delle strutture religiose del dominio maschile; c) di una teologia critica, che ricorre al metodo storico-critico e alla teoria femminista, utilizzando un’ermeneutica del sospetto per leggere i testi fondanti delle religioni in una prospettiva di genere (...); d) di una teologia che riconosce le donne come soggetti religiosi, morali e teologici, come interlocutrici dirette di Dio senza la mediazione degli uomini e come portatrici di grazia e salvezza. (...)