Le risposte che i partiti devono dare
di Vladimiro Zagrebelsky
“La Stampa” del 9 gennaio 2013
Con una sentenza depositata ieri, la Corte europea dei diritti dell’uomo ha dichiarato che l’Italia è responsabile di trattamenti inumani e degradanti nei confronti dei detenuti. La Corte ha ritenuto che non si tratta soltanto di violazioni occasionali, legate a casi specifici, ma di una violazione strutturale, nel senso che è il sistema stesso e non sue deviazioni dall’ordinario, che produce la violazione. E si tratta di una violazione grave, commessa dallo Stato contro persone di cui ha preso fisicamente possesso e di cui è responsabile. C’erano già state singole condanne, ma quest’ultima è diversa, proprio perché si tratta di un sentenza «pilota», che va oltre i casi particolari introdotti dai ricorrenti. Sono già centinaia i ricorsi presentati alla Corte da detenuti nelle carceri italiane. I ricorsi si riferiscono al problema del sovraffollamento, noto a tutti in Italia, autorità e pubblica opinione. Puntuale è allora giunto il commento del ministro della Giustizia: «Avvilita ma non stupita». In effetti il ministro Severino ha più volte segnalato che il sovraffollamento delle carceri crea condizioni di vita intollerabile. Lo stesso ha fatto il Presidente della Repubblica. E la clamorosa protesta di Pannella ha impedito a chi lo avesse voluto di chiudere gli occhi di fronte alla realtà.
Nello scorso anno sono state aperte alcune nuove carceri e il Parlamento ha approvato misure che hanno prodotto una certa riduzione del numero di detenuti, ma una più incisiva riforma tesa ad allargare l’applicabilità di pene alternative al carcere, pur approvata dalla Camera, agli sgoccioli della legislatura è stata lasciata cadere dal Senato. Giustamente il ministro se ne è doluto protestando che non si fa campagna elettorale sulla pelle dei detenuti. I quali detenuti sono 65.725 in celle stabilite per contenerne 47.070: 18.685 più del giusto. Se al sovraffollamento si aggiunge il contesto generale di molte carceri – il caldo d’estate, il difficile accesso ai servizi, la convivenza forzata con persone non necessariamente facili, ecc - si può comprendere quanto penosa sia la vita cui i detenuti sono costretti. Si dirà che si tratta appunto di detenuti, ma intanto una buona parte di essi non è ancora stata condannata definitivamente e poi, e comunque, il divieto di infliggere trattamenti inumani o degradanti è un divieto assoluto, che non ammette deroghe o giustificazioni. L’Italia ha sottoscritto la Convenzione europea dei diritti dell’uomo e gli altri trattati internazionali in materia e non può sottrarsi agli obblighi assunti. La Costituzione poi vieta trattamenti contrari al senso di umanità e stabilisce che le pene devono tendere alla rieducazione del condannato. Ma come può svolgersi un normale trattamento del detenuto in un simile stato di sovraffollamento, in cui il personale dell’amministrazione penitenziaria è costretto a limitarsi alla semplice custodia? Certo esistono carceri o settori di carcere in cui la situazione non è drammatica ed anzi il personale riesce ad assicurare condizioni decenti e occupazione ai detenuti, ma uno sguardo generale è sconfortante.
La Corte europea ha sospeso la trattazione dei ricorsi già pendenti. Li riprenderà tra un anno. Nel frattempo l’Italia dovrà ridurre il sovraffollamento e introdurre efficaci procedure che rendano possibile sia l’interruzione tempestiva della violazione (ma come, se ovunque le carceri sono strapiene?), sia l’indennizzo per il trattamento inumano inflitto. La Corte stessa ha condannato lo Stato a indennizzare i detenuti di cui ha accolto il ricorso. Dunque i tempi stringono e i costi economici della mancata soluzione del problema sono destinati a aumentare notevolmente.
Vi sono piani per costruire o ampliare le carceri. Rispetto alle dimensioni e all’urgenza del problema però i tempi di realizzazione non sono compatibili. E poi – o prima ancora - occorre ripensare l’area della pena detentiva in carcere. Lo si è detto mille volte, ma non è stato fatto. Vi sono settori interi della legislazione (il trattamento degli stranieri irregolari, la materia dell’uso di stupefacenti) che aumentano a dismisura e inutilmente le presenze in carcere. L’uso della custodia preventiva in carcere inoltre è eccessivo e la Corte, richiamando raccomandazioni del Consiglio d’Europa, ha segnalato all’Italia la necessità di maggiore cautela nell’ordinare la detenzione prima della condanna.
La Corte europea e più in generale il Consiglio d’Europa si attendono dall’Italia una rapida soluzione del problema. Ecco un caso in cui veramente «ce lo chiede l’Europa»! L’unica misura idonea a immediatamente ridurre il numero dei detenuti – in attesa di riforme strutturali - è l’indulto, cioè lo sconto di pena per i condannati per certi reati meno gravi. Abbreviando la pena da scontare un notevole numero di detenuti verrebbe liberato. Al condono dovrebbe accompagnarsi una selettiva amnistia. In campagna elettorale, salvo i Radicali, nessuno affronta la questione. Ma appena dopo le elezioni e con il nuovo governo nessuna forza politica potrà sottrarsi all’obbligo di dire come (o come altrimenti) porre rapidamente fine all’umiliante, illegittimo stato di cose.