La normalità deviata
di Stefano Rodotà,
da Repubblica, 20 luglio 2013
Molti fatti, in questi giorni, hanno destato
scandalo, suscitato proteste, acceso qualche fuoco d' indignazione. Ma non sono
il frutto di una qualche anomalia, non rientrano nella categoria delle eccezioni
o degli imprevisti. Appartengono a quella "normalità deviata" che caratterizza
ormai da anni il funzionamento del sistema politico.
Ha corroso il costume civile, accompagna il
disfacimento del sistema industriale e la terribile impennata della povertà. Il
caso Alfano è davvero una illustrazione esemplare del modo in cui questa
normalità deviata è stata costruita, fino a divenire l' unica, riconosciuta
forma di normalità istituzionale. Lasciando da parte la responsabilità oggettiva
per fatti di cui non avrebbe avuto conoscenza, bisogna chiedersi quale ruolo
giochi la responsabilità politica.
Dove va a finire questa specifica forma di
responsabilità quando si adotta questo tipo di argomentazione? Scompare, anzi è
da tempo scomparsa, creando una zona di immunità nella quale i titolari di
incarichi istituzionali si muovono liberi, quasi estranei alle strutture che
pure ad essi fanno diretto riferimento, anche quando il funzionamento di queste
strutture produce gravi conseguenze politiche. La responsabilità politica, anzi,
finisce con l' essere considerata come una insidia, un rischio. Guai a farla
valere se così vengono messi in pericolo la stabilità del governo, gli equilibri
faticosamente o acrobaticamente costruiti.
Questo particolare tassello della normalità
deviata finisce con il rivelare la più profonda distorsione del nostro sistema
politico - l' essere ormai prigioniero di uno stato di emergenza permanente.
Questo è divenuto l' argomento che inchioda il sistema politico alle sue
difficoltà, negandogli la possibilità di sperimentare soluzioni diverse da
quelle che, via via, mostrano i loro evidenti limiti, fino a sottrarre alla
politica ogni legittimo margine di manovra. Di nuovo la normalità deviata, di
fronte alla quale vien forte la tentazione di pronunciare un "elogio della
follia politica", che spesso consente di cogliere i tratti reali di una
situazione assai meglio del realismo proclamato.
Era davvero imprevedibile quello che sta
accadendo, l' intima fragilità delle "larghe intese" che, prive di qualsiasi
collante politico, sono in ogni momento esposte a fibrillazioni, ricatti,
strumentalizzazioni? È la mancanza di coraggio politico a produrre instabilità.
Così non soltanto l' orizzonte dell' azione di governo si accorcia sempre di
più, fino a ridursi al giorno dopo. Soprattutto si perde la capacità di operare
in modo adeguato alle situazioni di crisi e di ripartire le risorse rispettando
le vere priorità, le emergenze effettive.
Infatti, si accettano come variabili
indipendenti quelle che, invece, sono pretese settoriali o prepotenze di parte.
Problemi procedurali a parte, com' è possibile ripartire le scarse risposte
disponibili assumendo come tabù intoccabile l' acquisto degli F-35, mentre
premono altre e più drammatiche necessità? Com' è possibile inchiodare fin dal
primo giorno l' azione del governo intorno alla questione dell' Imu,
condizionando l'intera strategia economica per soddisfare una promessa
elettorale di Berlusconi, mentre svaniscono quelle del Pd?
In questa normalità sempre più deviata non
riescono a trovare posto le vere, grandi emergenze. Mentre si dissolve l'
apparato industriale, non vi sono segni di una vera politica industriale.
Neppure questa è una novità, perché si tratta di una eredità dei governi
Berlusconi e pure del governo Monti, dove quelle due parole venivano liquidate
quasi con disprezzo come si facesse cenno a una inammissibile interferenza nel
mercato.
E da questa ulteriore assenza di politica viene
un contributo all' aggravarsi della situazione economica, che ormai deve essere
letta partendo dalle cifre impressionati sulla povertà. Le ha analizzate
efficacemente e impietosamente Chiara Saraceno, sottolineando pure la necessità
di modifiche strutturali, come quelle riguardanti l' avvio di forme di reddito
garantito. Un governo blindato, dunque, non è necessariamente sinonimo di
governo forte e efficiente. Ma la normalità deviata non la ritroviamo solo nel
circuito istituzionale. È dilagata nella società, con effetti perversi che
verifichiamo continuamente osservando il degradarsi delle regole minime della
convivenza civile.
So bene che il caso Calderoli è vicenda
miserevole. Ma bisogna ritornarci perché si sono ricordati i precedenti di
questo eminente rappresentante della Lega, dalla maglietta contro l' Islam all'
annuncio di passeggiate con maiali dove si pensava di costruire una moschea.
Nulla di nuovo, allora. Gli insulti alla ministra Kyenge appartengono a questa
perversa normalità, accettata e addirittura premiata con incarichi
istituzionali. Ma Calderoli non era e non è solo, è parte di una schiera che ha
fatto del linguaggio razzista, omofobo, sessista un essenziale strumento di
comunicazione, per acquisire consenso e costruire identità. E infatti, per
giustificarlo, si è detto che le sue erano parole da comizio, dunque legittime,
senza rendersi conto dell'enormità di questa affermazione: la propaganda
politica può travolgere il rispetto dell' altro, negandone l' appartenenza
stessa al comune genere umano, pur di arraffare un miserabile voto.
Ma era una battuta, si è detto. Lo sentiamo dire
da anni, senza che questa pericolosa deriva sia mai stata contrastata seriamente
da nessuno. Anzi, è stata sostanzialmente legittimata da due categorie - i
realisti e i derubricatori. Innocue quelle battute, derubricate a folklore, a
modo per avvicinare il linguaggio della politica a quello dei cittadini. Ma il
linguaggio è strumento potente e impietoso, e oggi ci restituisce l'immagine di
una società degradata, nella quale sono stati inoculati veleni che l' hanno
drammaticamente intossicata. Inutili moralismi, ribattono i realisti, che
guardano alla Lega come forza politica, addirittura come una "costola della
sinistra". Ma una cosa è considerare la rilevanza politica di un fenomeno, altro
è accettarne ogni manifestazione, rinunciando a contrastare proprio ciò che
frammenta la società, ne esaspera i conflitti. Altre deviazioni potrebbero
essere ricordate. E tutto questo ci dice che, per tornare ad una decente
normalità, serve una innovazione politica profonda, che esige altre idee e altri
soggetti.