Rodotà: “Un modo civile di esprimere la propria paura”

 

intervista a Stefano Rodotà a cura di Martina Castigliani

 

il Fatto Quotidiano” del 9 settembre 2013

 

Credente della religione della libertà, scritta e teorizzata da Benedetto Croce e mattone fondante di una società del rispetto. Stefano Rodotà, giurista e politico italiano, è l’ateo che professa la possibilità di non avere una fede e di riconoscere le voci di chi ha un’opinione diversa dalla sua. In una quotidianità dove nessuna concezione dovrebbe avere supremazia sulle altre. Negli ultimi mesi è stato al centro della cronaca politica per la sua mancata elezione a Presidente della Repubblica, candidato dal Movimento 5 Stelle. Scelto come simbolo di una battaglia per il rispetto dei diritti, dallacqua pubblica fino alla libertà d’espressione , è autore del libro Perché laico”. In quelle pagine, dice che è arrivato il momento di chiedere una laicità democratica” , che sia forte e decisa e che non si nasconda dietro travestimenti.

 

Lei da uomo di ragione, si riconosce nel bisogno di costruire una statua per essere rappresentati come è stato fatto dalla comunità di atei di Bradford?

 

E un fenomeno particolare, di per molto isolato. Credo però che sia importante cercare di analizzarlo, senza dargli troppa importanza, e al tempo stesso senza sottovalutarlo.

 

Gli atei hanno bisogno di difendersi dalla religione o da chi crede?

 

No, è sbagliato vederlo in questi termini. Io penso che i problemi siano fondamentalmente due. Quando il proselitismo dei credenti diventa aggressivo e quando la religione si impone attraverso le norme di legge e le istituzioni.

 

Sarebbe a dire quando si varca la soglia tra la sfera pubblica e quella privata?

 

Penso alla legge sulla procreazione assistita e a tutti i guai che ha portato per le donne. La religione ha un limite che non dovrebbe superare. Fermo restando che tutti possono professare il proprio culto, la sfera pubblica non dovrebbe mai essere assoggettata alla religione.

 

Solo così si può parlare di società laica?

 

Io penso a una condizione in cui tutte le opinioni sono su di un piano di parità. Il cattolicesimo è parte integrante della nostra storia ad esempio. Non dico che bisogna dimenticarlo, ma che nessun punto di vista dovrebbe avere supremazia sugli altri.

 

Vorrebbe dire ad esempio che non c’è problema se il Papa parla di bioetica?

 

In una società laica no. Perché limportante è che non abbia una posizione più forte delle altre. Ma sia una voce tra tante. E poi ognuno ascolta quella che preferisce. Di rispetto. Io accetto chi crede e riconosco il suo culto. Chiedo altrettanto per la mia condizione di persona che non pensa esistano divinità da seguire. Penso a Benedetto Croce e a quella che lui chiamareligione della libertà”. Io mi riconosco in quel sentire.

 

Un credente potrebbe dirle che in real gli atei hanno solo molta paura di essere soli, lei cosa gli risponderebbe?

 

Perché no? Non c’è niente di male nell’avere paura. E costruire una statua è un modo civile per esprimerlo. Temo invece le reazioni più aggressive di culti che al giorno d’oggi reagiscono alla perdita di centralità con la violenza. Sono le religioni a sentirsi minacciate.

 

Andiamo verso un futuro laico?

 

Non lo so, sono previsioni difficili da fare. Quello che vedo è un bisogno di sacro sempre più diffuso che certamente è un’altra cosa rispetto al professare una religione. E la fede ha avuto un forte ridimensionamento. Mi auguro però che si parli di laicità sempre di più e che lo si faccia per tutelare la nostra democrazia.