DOC-2547. BOLSENA(VT)-ADISTA. Il titolo è di quelli destinati a seminare
sconcerto: Il Messia armato: Yešū’ bar Yōseph (Gesù, il figlio di Giuseppe),
con l’immagine in copertina del Cristo guerrigliero di Alfredo Rostgaard. Ma
il libro di Pier Francesco Zarcone, edito da Massari Editore (2013, pp. 285,
euro 18, e-mail: erre.emme@enjoy), piccola casa editrice con sede a Bolsena
(a cui si deve, tra l’altro, la pubblicazione di libri di grande rilevanza
come quelli di Roger Lenaers e di John Shelby Spong) è, come evidenzia don
Ferdinando Sudati nella Prefazione, tutt’altro che una provocazione
gratuita, e non solo per la grande mole di informazioni e di aggiornamenti
che offre su Gesù e sul cristianesimo. Se un cattolico, posto dinanzi alla
scelta tra due icone di Gesù, quella del guerrigliero di Rostgaard, con
l’aureola e il fucile in spalla, e quella del sacro cuore, opterebbe
sicuramente per questa seconda (magari, sottolinea Sudati, sentendo perfino
«ripugnanza per l’altra»), l’immagine del sacro cuore di Gesù, «per quanto a
noi più familiare e carica di buoni sentimenti, forse non è meno fuorviante
di quella del Gesù con moschetto ad armacollo. Prese in se stesse sono
entrambe false o, se vogliamo, tutte e due vere a patto che si integrino». E
se ha ragione l’autore (cristiano ortodosso, dottore in Diritto Canonico e
storico del movimento operaio di provenienza anarchica) ad affermare che
«l’icona più adeguata» di Gesù «non è stata ancora dipinta», la ricerca di
Zarcone aggiunge comunque un nuovo tassello, e senza «scopi
sensazionalistici», alla comprensione del messaggio di Gesù, aiutando,
scrive ancora Sudati, a «capire meglio certi suoi discorsi e cosa può aver
determinato, a torto o a ragione, la sua condanna capitale». Una ricerca,
appunto, il cui asse portante è dato dall’ipotesi di un Gesù non totalmente
estraneo alle armi, «quantomeno - spiega Sudati - nel senso che non ha
obbligato qualcuno dei suoi seguaci, che le portava alla cintola o sotto il
mantello, a disfarsene».
E che il gruppo che circondava Gesù non fosse
pienamente pacifista pare confermarlo esplicitamente lo stesso Vangelo di
Marco, laddove racconta che «uno di quelli che erano con Gesù impugnò la
spada, la estrasse e colpì il servo del sommo sacerdote, staccandogli un
orecchio» (26,51). Né può esistere l’assoluta certezza che abbiano appena un
carattere metaforico le parole di Gesù: «Ma ora (…) chi non ha spada venda
il mantello e ne compri una» (Lc 22,36). Per Zarcone, insomma, il mito di un
Gesù pacifico e nonviolento, «pressoché indiscutibile e indiscusso negli
ambienti cristiani», non regge ad un’attenta lettura dei Vangeli, come
stanno anche a indicare gli elementi di vicinanza agli zeloti che è dato
cogliere, al di là della differenza politica costituita dal «raggiungimento
dello stesso scopo mediante l’azione contro obiettivi immediati diversi»
(«per gli zeloti si trattava innanzitutto dei romani e per Gesù innanzitutto
dell’aristocrazia sacerdotale collaborazionista che opprimeva Israele») e
dalla diversa tattica seguita: «specificamente militare quella praticata
dagli zeloti, propagandistica ed educativa quella di Gesù e dei suoi», anche
se «la tattica zelota non risulta sia stata mai condannata da Gesù».
Di seguito, alcuni stralci della sezione su “Vita pubblica di Gesù ed
elementi della sua predicazione riformatrice e sovversiva”, tratta dal
capitolo 5 “Il Rabbi sovversivo”.