Un’obiezione all’obiezione del papa
di Furio Colombo
“Il Fatto Quotidiano” del 18 novembre 2014
Caro Furio Colombo, sono rimasta sorpresa e stordita dall’esortazione ai medici di Papa Francesco che dice: “Fate obiezione”, quando si tratta di aborto e di eutanasia. E sono colpita dalla terribile espressione “falsa compassione” per chi aiuta a chi chiede disperatamente un aiuto estremo. Torna a funzionare l’automatismo spietato detto “potere della Chiesa”. Il Papa sarà anche buono e simpatico, ma il potere della Chiesa non cede terreno.
Lucrezia
Vedo in queste due dichiarazioni del Papa un grave errore morale (l’abbandono dei deboli, ricordate il caso Welby, la sua morte volontaria, la porta chiusa della chiesa?) e forse un invito al reato (l’astensione arbitraria del medico dall’adempire il suo dovere di presenza e intervento) quando si negano i diritti umani e civili, ovvero i privilegi inalienabili attribuiti a tutti i cittadini. Occorre ricordare che la Chiesa cattolica, né prima di Bergoglio né con Bergoglio, ha mai chiesto ad alcun credente di fare obiezione di coscienza alla guerra, di ogni tipo e con ogni arma, non ha mai chiesto obiezione di coscienza alle forze dell'ordine se ricevono ordini sbagliati (da Genova a Cucchi), ai dirigenti d'azienda quando licenziano secondo strategie di Borsa o di mercato (tipo facilitare la vendita di una impresa) senza alcun rapporto con la stabilità dell'impresa e la qualità della prestazione.
Quanto ai medici, mai sentito parlare di obiezioni per i team di interventi chirurgici in cui tutti, o alcuni dei medici partecipanti, sanno che l’operazione si fa solo per fare cassa, ed è quindi un’azione rischiosa, inutile e immensamente crudele. Tutto ciò che sembra importare alla Chiesa cattolica è l’esercitare l’estremo potere di controllare la nascita e la morte. Una volta stabiliti questi due ossessivi punti di controllo, tutto il resto è più facile, non tanto per convertire quanto per addomesticare alla fede. È particolarmente difficile accettare una intrusione così violenta (il medico che si nega) nella vita delle donne, come se fossero fatalmente e irreversibilmente soggette al loro destino ginecologico. È ovvio – e il buon senso quotidiano di Bergoglio non può non saperlo, e perciò rende più grave l’affermazione – che fare la dovuta obiezione di coscienza facilita in modo incredibile la carriera, e, per un giovane medico, è la prima mossa giusta per conformarsi al sistema. In questo modo diventa “persona fidata” e che “è capace di fare squadra”. Un gesto simil-santo introduce perciò alla malavita sanitaria dei silenzi, degli appalti, degli acquisti, dei primariati politici. Dareste voi un intero reparto di delicate e costose cure mediche a qualcuno che, a tempo debito e in momenti di tensione terribile per il più debole (i pazienti) non ha saputo tener testa a pressioni indebite con una nobile e ferma “obiezione di coscienza”? Tranquilli, le obiezioni di coscienza si sprecheranno, perché di questi tempi alla santità non rinuncia nessuno. Quanto all’eutanasia, la crudeltà è ancora più grande, come ha dimostrato la disperata implorazione di Giovanni Paolo II morente, e il caso Welby che ho appena ricordato. I Radicali, a cui si deve (senza la partecipazione dei “grandi” della politica, mai) la conquista di un diritto negato (la decisione della donna sul suo corpo) e la lotta nonviolenta per ottenere un dignitoso diritto di morire, sanno che Bergoglio sarà anche simpatico e ha persino telefonato a Pannella. Ma dovranno continuare l'impegno senza fine, con quelli di noi che non vorranno chiamarsi fuori.