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Bergoglio contro i tariffari delle chiese «Basta soldi per messe e battesim

 

di Gian Guido Vecchi

 

iCorriere della Sera” del 22 novembre 2014

 

«La Scrittura dice: La mia casa sarà chiamata casa di preghiera ma voi ne fate una spelonca di ladri». Francesco riprende la lettura evangelica del giorno, Gesù che caccia i mercanti dal tempio e «fa pulizia con la frusta», e nellomelia del mattino a Santa Marta alza lo sguardo prima di scandire: «Io penso allo scandalo che possiamo dare alla gente con il nostro atteggiamento, le nostre abitudini non sacerdotali nel tempio: lo scandalo del commercio, lo scandalo della mondanità. Quante volte vediamo che entrando in una chiesa, ancora oggi, c’è la lista dei prezzi: battesimo, tanto; benedizione, tanto; intenzioni di messa, tanto… E il popolo si scandalizza».

Domanda: «Ma perché Gesù ce l’ha con i soldi?». La risposta del Papa va all’essenziale: «Perché la redenzione è gratuita; Lui viene a portarci la gratuità totale dellamore di Dio». Guai quando «la Chiesa o le chiese diventano affariste» e «si affitta la casa di Dio».

Parla anche per esperienza personale, Francesco: «Una volta, appena sacerdote, ero con un gruppo di universitari e una coppia di fidanzati voleva sposarsi. Erano andati in una parrocchia, volevano farlo con la messa. E, il segretario parrocchiale ha detto: “No, no: non si può”. “Ma perché non si può? Il Concilio raccomanda di sposarsi sempre con la messa...”. Più di venti minuti non si può. Ci sono altri turni”. Ma noi vogliamo la messa!”. “Allora pagate due turni!”». E così, racconta Bergoglio, quei due fidanzati «hanno dovuto pagare due turni per sposarsi con la messa! Questo è peccato di scandalo...». Peccato assai grave: «Noi sappiamo ciò che dice Gesù a quelli che sono causa di scandalo: meglio essere buttati nel mare».

Talvolta accade. Le cronache recenti raccontano del tariffario di un parroco a Villa di Baggio, sulle colline pistoiesi; o di una diocesi campana, Alife-Caiazzo, che ha calcolato come «congrua offerta» per i matrimoni «almeno il costo di un coperto del banchetto».

Quando gli hanno chiesto delle parole del Papa, ieri a Genova, il cardinale Angelo Bagnasco ha assicurato: «I sacramenti non vengono assolutamente pagati, in nessun modo. Non c’è e non ci può essere un commercio delle cose sacre». Un discorso diverso sono «le offerte che i fedeli intendono dare in forma libera, per contribuire alla necessità materiali della Chiesa». Un modo per «ribadire» le parole di Francesco, ha chiarito il portavoce della Cei, monsignor Domenico Pompili: «Qualsiasi lettura che contrappone le parole del presidente della Cei al Papa è fuorviante». Il cardinale Bagnasco, del resto, aveva spiegato: «I nostri parroci, di fronte a situazioni di impossibilità di avere un’offerta, sicuramente non rifiutano di dare nessun sacramento».

Francesco invita a vigilare, comunque. Quella di Gesù nel Vangelo è «una cerimonia di purificazione». Non è «arrabbiato», di più: «È lira di Dio, lo zelo per la casa di Dio, perché non si possono servire due padroni: o rendi il culto a Dio vivente, o rendi il culto ai soldi». Tutti, «anche i laici», sono responsabili, dice il Papa: «Se io vedo che nella mia parrocchia si fa questo, devo avere il coraggio di dirlo in faccia al parroco. La gente soffre questo scandalo. È curioso: il popolo di Dio sa perdonare i suoi preti, quando scivolano su un peccato. Ma ci sono due cose che il popolo non può perdonare: un prete attaccato ai soldi e un prete che maltratta la gente».