Il regno di Dio, sogno di una grande
trasformazione del mondo

Parlano gli autori del volume

"La morte di Gesù, indagine su un mistero"

 

Intervista ad Adriana destro e Mauro Pesce
 

di Davide Pelanda 

 

"Tempi di fraternità" n° 7 di agosto-settembre 2014

 

Si intitola "La morte di Gesù, indagine
su un mistero"
l'ultima fatica del-
l'antropologa Adriana Destro e dello
storico e biblista Mauro Pesce.

Su questo interessante volume ab-
biamo realizzato questa intervista agli autori.

Come è possibile affermare, come fate voi
nel vostro libro, che «Gesù non voleva
morire»? (pag. 259)

Sulla base di che cosa e di quali documenti
si può dire ciò?

«Questo nostro lavoro parte da un fatto certo:

Gesù predica l'avvento del Regno di Dio e si
adopera perché esso avvenga. Invita alla con-
versione e attende la trasformazione del mon
-
do. Questi obiettivi non implicano la necessità
di una sua morte. Non implicano che il leader
del gruppo dia la propria vita. C'è sicuramen-
te una differenza tra desiderare che si avveri il
piano di Dio sulla terra e desiderare la propria
morte: essa avrebbe messo fine ad ogni sforzo
compiuto in attesa del regno. I testi dei vange-
li attribuiscono a Gesù dei tentativi di fuga che
manifestano il suo intento di sottrarsi ai nemi-
ci che cercano di ucciderlo.

I discepoli si comportano al momento della
morte di Gesù come se egli non ne avesse mai
parlato e sembrano molto delusi dal fatto che
il regno di Dio non si sia avverato. Una lettura
attenta dei vangeli mostra che Gesù non cer-
cava intenzionalmente di essere ucciso, non
sembrava quanto meno pensare che fosse ne-
cessaria la morte per raggiungere il regno».

«La morte, da sconfitta, veniva trasforma-
ta in vittoria» (pag. 258). Questa vostra

 

frase sa molto di persone credenti, dicia-
mo cattoliche. Ma voi, rispettivamente

come storico ed antropologa, avete fatto
questo libro da credenti o rimanendo il più
possibile, diciamo così, "asettici" , "obiet-
tivi", rimanendo ancorati ai soli fatti nudi
e crudi che avete mano a mano trovato?

«Il nostro libro non è influenzato da una visio-
ne teologico-religiosa, né da una prospettiva
non-religiosa. Quando leggiamo i testi entria-
mo in un mondo antico, sconosciuto e ci piace
scoprire gli scenari, la gente che sta dietro i te-
sti e li rende vivi e ancora importanti per l'oggi.
Sensibilità antropologica, dati archeologici, sto-
ria sociale e lingue antiche sono i nostri stru-
menti. Leggendo i racconti della morte di Gesù
- i quali sono diversi fra loro! - ci siamo accorti
che in realtà non narravano solo le sofferenze
di Gesù, ma tendevano soprattutto a presentare
i fatti come sintomi di un grande progetto, del
radicale sconvolgimento che Gesù aveva in
mente.

Le narrazioni della "passione" mirano a sot-
tolineare la potenza dell 'uomo sottoposto alla
pena della croce. Il racconto della morte ten-
deva a legittimare Gesù nel momento stesso
della sua terribile sconfitta, della violenta uc-
cisione che ha subito. Dopo la sua scomparsa,
i discepoli raccontavano cioè gli eventi della
morte col proposito di mostrare tutta la poten-
za di Gesù. Divulgarono con forza la sua figu-
ra e la sua attività».

Quanto vi coinvolge e vi appassiona que-
sta ricerca su Gesù che da anni state por-
tando avanti con tanti libri e tanta fatica
sull'argomento?

«Quello che ci appassiona è un tipo di indagi-
ne che getta luce su eventi misteriosi, poco noti,
che non vengono quasi mai presentati nei loro
reali termini. Scoprire aspetti nuovi della morte
di Gesù è immergersi in una parte della nostra
storia, data purtroppo per definitiva e sconta-
ta. Attraverso la morte di Gesù noi entriamo in
contatto con uno degli archetipi della nostra
cultura, del nostro stesso modo di pensare e di
sentire. Una conoscenza critica di noi stessi e
della nostra attualità passa necessariamente per
una rivisitazione di questo evento».

Contrapposizione tra "Regno" e "morte"
(pag. 258). Quale interpretazione si può
dare oggi, nel 2014, a questo dualismo?

«L'attesa del regno di Dio da parte di Gesù è il
sogno di una grande trasformazione del mon-
do. Gesù parlava di ravvedersi
. Denunciava le
ingiustizie ("beati i poveri" - "guai a voi, o ric-
chi") e preparava l'arrivo del dominio di Dio.
Il parlare di Gesù conteneva la speranza che
diventassero reali le aspirazioni di giustizia,
uguaglianza, libertà contenute nelle scritture
giudaiche. Tradotto nei nostri modelli e con-
cetti, oggi, questo sogno ha dimensioni e for-
me diverse. Cercare una conciliazione o paci-
ficazione complessiva degli uomini è però un
obiettivo che non tramonta. Significa mettersi
in gioco, sperimentare nuovi percorsi di cono-
scenza, sintonizzarsi sulle necessità e bisogni
primari che vediamo intorno a noi.

Le chiese sono piene di crocifissi; la croce è
diventato il simbolo principale di Gesù e a volte
sembra che l'ideale massimo del cristiano sia
di partecipare alle sofferenze patite da Gesù
sulla croce. Sembra che Gesù debba essere
imitato nella morte. Egli invece voleva essere
imitato nella sua attesa del cambiamento del
mondo, di un mutamento radicale che doveva
avvenire presto.

Per questo motivo il nostro libro cerca di com-
prendere, in modo nuovo, come la morte di Gesù
fosse provocata da coloro che volevano ostaco-
lare il rinnovamento e il capovolgimento - dal-
le fondamenta - della società umana».

Le colpe della morte di Gesù, dai vostri
studi, su chi sono da far ricadere? Esclu-
sivamente solo sugli ebrei? O sui soli ro-
mani? O su entrambi? O la colpa è da di-
videre equamente?

«Spesso si parla erroneamente di romani e di
ebrei come gruppi compatti. Si dimentica che

 

i responsabili delle azioni sono sempre singoli
o gruppi e non intere società. Bisogna anzitut-
to rinunciare a pensare che gli ebrei in quanto
tali fossero ostili a Gesù. Si dimentica che Gesù
e tutti i suoi seguaci erano degli ebrei che vi-
vevano da ebrei, in mezzo ad altri ebrei.

L'uccisione di Gesù è un fatto contingente,
dovuto ad una concorrenza di cause, e va con-
siderata sotto questa luce. Il nostro libro mette
in luce che Pilato decise di mettere a morte
Gesù con estrema rapidità perché vedeva nel
suo movimento un pericolo di sommossa du-
rante la affollatissima festa di Pasqua a Geru-
salemme. Noi mostriamo, accanto a questo, che
è molto complesso capire le dinamiche di al-
cune autorità ebraiche e i loro rapporti con i
romani.

Le visioni degli autori non sempre sono tra-
sparenti o accessibili. Il libro mette in luce un
fatto: i seguaci di Gesù non avevano sufficienti
informazioni sugli eventi e questo spiega le di-
vergenze e la parzialità delle loro affermazio-
ni. Uno dei pochi dati certi è la condanna alla
crocefissione, che è una pratica romana. Pro-
prio per questo, nel libro, esaminiamo tutti i
passi dei vangeli che parlano della responsabi-
lità delle autorità giudaiche e romane per vede-
re se fra le loro divergenze emergano delle trac-
ce dei fatti accaduti. Si cerca, in altri termini, di
combattere le semplificazioni e i pregiudizi».

Il punto di partenza di questo libro, così
come degli altri che avete fatto su Gesù,
rimane sempre il Vangelo e la sua inter-
pretazione. Ecco, vi chiedo: quanto influ-
isce sui vostri studi l'educazione cattolica
e del catechismo che tutti noi abbiamo ri-
cevuto? E quanto peso/influenza ha e ha
avuto l'istituzione Chiesa cattolica sui vo-
stri libri?

«Partiamo sempre dai documenti prodotti dai
primi seguaci di Gesù, che leggiamo alla luce
della cultura antica e in particolare di quella
giudaica. La ricerca antropologica e storica
insegnano che bisogna comprendere mentali-
tà, cultura e formazione dei fenomeni e dei
soggetti umani (che si osservano e si studia-
no). È ovvio, dunque, che sia necessario avere
consapevolezza delle distanze che separano le
idee delle chiese di oggi da quelle del mondo
antico in cui i documenti sono nati.

Per comprendere, ad esempio, quale ruolo
ebbero le donne, al momento della sepoltura
di Gesù, è necessario conoscere la funzione

delle donne nel seppellimento e i ruoli femminili nella
cura del cadavere. Il modo in cui i romani e gli ebrei
trattavano il corpo dei crocefissi è essenziale per capire
la morte di Gesù. Non valgono altrettanto le teorie teo-
logiche delle chiese di oggi. Esse, chiaramente, hanno
altri obiettivi.

Nel libro diamo peso soprattutto a percorsi di ricerca
senza riferimento diretto a precise confessioni cristiane
e ad ambienti educativi ecclesiastici. Consapevolmen-
te, nel libro non ci schieriamo per l'una o per l'altra
opinione teologica, ma offriamo riflessioni costruite in
tanti anni e in tanti ambienti accademici e non».

A pag. 261 voi scrivete: «La responsabilità della
morte venne perciò spostata soprattutto sulle au-
torità giudaiche e si cercò di scusare la colpa di
Ponzio Pilato». La colpa allora pare essere solo dei
giudei? Non si rischia così di dare una lettura "stru-
mentale", antisemita contro cioè gli ebrei? Qual-
cuno ci ha già provato in passato a farlo, calcando
la mano sulle forti colpe ebraiche (si veda il film di
Mel Gibson "The Passion" tacciato appunto di
antisemitismo ).

«Noi scriviamo che gli autori dei vangeli cercarono "di
scusare la colpa di Ponzio Pilato" perché presentavano
Gesù ad un pubblico di non ebrei nell'Impero Romano
e non volevano che Gesù apparisse come un rivoltoso.
Non volevano che il suo messaggio sull'avvento del
regno di Dio suonasse come una rivolta contro il potere
imperiale romano. Addossarono perciò alle autorità giu-
daiche la volontà di mettere a morte Gesù, sostenendo
che Pilato aveva tentato di salvarlo.

Noi diciamo chiaramente nel libro che i vangeli non
erano antiebraici. Le chiese successive lessero per lun-
go tempo i vangeli alla luce della loro ostilità religiosa
e politica verso gli ebrei. In questo contesto, i vangeli
vennero indebitamente utilizzati come strumenti di an-
tisemitismo. Ma una lettura accurata dei testi dei van-
geli - come cerchiamo di fare in questo libro - mostra
che non possono essere letti in modo antiebraico.

Il film di Mel Gibson, come è stato mostrato da nu-
merosi studi e analisi di competenti, non si basa sui te-
sti dei vangeli, ma su una rilettura delle visioni di una
mistica del XIX secolo. Il testo dei vangeli smentisce la
versione del film di Gibson».

Che cos'è la "verità storica" e come ci si arriva
per ciò che riguarda le vicende di Gesù Cristo?
«L'analisi storica e antropologica indaga i fatti sulla
base dei documenti che ci sono pervenuti dal passato
(soprattutto testi e dati archeologici) letti con senso
critico costruttivo. La prima domanda da porre ad un
vangelo, per accertare la sua attendibilità è dunque su
quali informazioni basa le sue affermazioni. A questo

 

proposito, nel libro elenchiamo esattamente i testi che
utilizziamo e diamo conto del percorso che abbiamo
seguito.

Le vicende di Gesù ci sono note tramite una serie di
testi (vangeli canonici e apocrifi, lettere di Paolo e tan-
te altre opere scritte dei primi due secoli). Varie le do-
mande. Da quali persone e gruppi provenivano? Quan-
to potevano sapere di Gesù questi soggetti o gruppi?
Un'altra domanda riguarda le divergenze e le contrad-
dizioni tra i vangeli che obbligano ad un vaglio non
ingenuo e ad un confronto delle loro affermazioni.

Nel libro abbiamo elaborato quello che vorremmo
definire metodo per il rinvenimento di tracce nascoste.
Riteniamo che spesso nei testi siano depositate tracce
degli eventi veri e che sia compito dello specialista por-
tare alla luce quanto più possibile queste tracce.

Gli autori riportano fatti che ritengono accaduti e fon-
dati. Resta importante però il fatto che gli autori ripor-
tano solo ciò che conoscono, le notizie che sono loro
pervenute, in tempi e luoghi specifici. Essi si approssi-
mano a ciò che è accaduto in vari modi (e con vario
successo). Riportano dati, opinioni e punti di vista, più
o meno realistici, su accadimenti che li hanno prece-
duti (di varie decine di anni). E ciò deve invitare sem-
pre gli studiosi ad una interpretazione prudente delle
notizie».

Quanto influisce la/le cosiddette "verità di fede"
su Gesù che la Chiesa cattolica gerarchica impone
e che non si possono discutere su quelli che invece
sono i cosiddetti "fatti storici" e gli studi che voi
avete portato avanti su questo ed altri libri su
Gesù?

«Una risposta a questo quesito va ben oltre le nostre
competenze e i nostri obiettivi. Siamo studiosi di testi,
di narrazioni antiche, di circostanze storiche lontane che
contornano la vicenda di Gesù. Non facciamo analisi
sulle chiese cristiane attuali. L'interesse centrale è cosa
è accaduto quando Gesù viene ucciso all'improvviso e
i suoi seguaci subiscono una grave battuta d'arresto».

A pag. 232 voi scrivete «L'intenzione (dei discepo-
li ndr) era di continuare nel solco dell'azione spe-
rimentata e condivisa con Gesù: il tentativo di ri-
comprenderla non fu un rinnega mento o una fal-
sificazione dei fatti: al contrario, andò "oltre" . Vi
chiedo: oggi e nella storia la Chiesa cattolica (inte-
sa come gerarchia) ha falsificato i fatti su Gesù?
C'è stata una forma di rinnegamento di alcune
scelte e fatti della vita di Gesù?

«Se le chiese di tutte le confessioni siano fedeli o no al
messaggio di Gesù è una questione che è stata posta in
continuazione in tutti i duemila anni di storia cristiana.
La nostra ricerca, e questo libro in particolare, riflette

invece un' altra esigenza, quella di comprendere il dram-
ma vissuto da Gesù, una delle basi più profonde della
nostra cultura. In ogni generazione, è determinante e
va presa sul serio la esigenza di esaminare criticamen-
te le radici principali dei nostri modi di pensare e di
organizzare la vita associata».

A pago.262 voi scrivete: «Nel cercare il perché del-
l'uccisione di Gesù i primi seguaci furono guidati
dal bisogno di continuare il progetto inaugurato
da Lui». Non vi sembra che tale progetto, nella
storia e oggi, sia stato per certi versi "annacqua-
to", "edulcorato", "tradito" dagli uomini di Chie-
sa? Sembra che questo nuovo Papa Francesco
voglia far ritornare alla fedeltà del progetto di
Gesù tutti i cattolici, innanzitutto i prelati che lo
circondano in Vaticano. Che ne pensate?

«L'impegno civile ed ecclesiale per il cambiamento è
certamente necessario e urgente. Ma la ricerca storica e
antropologica non tendono direttamente a una lotta o a
una polemica, sono strumenti di scavo, di chiarificazio-
ne. Si propongono la conoscenza dettagliata degli even-
ti passati. Questa posizione non è una forma di disimpe-
gno: in ogni società sono necessari momenti di rifles-
sione, più autonomi possibili, non finalizzati direttamente
alla lotta. Proprio per questo, all'antropologo e allo sto-
rico si richiede di identificarsi con la mentalità e con le
esperienze umane di epoche tanto lontane.

Il nostro libro non è finalizzato a fare il punto sulla
storia ecclesiale - sui problemi che la chiesa deve af
-
frontare o i travagli che ha dovuto attraversare - ma mira
a dare i mezzi per migliorare la conoscenza del signifi-
cato della morte violenta, repentina e infamante di Gesù.
Questo punto è a monte di tutta la nostra cultura. Come
abbiamo scritto nel libro "tutto è iniziato dalla fine".
Questo dato è cosa da non dimenticare».

 

Recentemente, sulla pagina di Facebook del pro-
fessor Pesce molti hanno scritto invettive pesanti,
tanto che il 25 aprile scorso ha scritto: « Prego gen-
tilmente di non inserire sulla mia pagina fu delle
prediche o pensierini religiosi devozionali o degli
attacchi violenti contro le opinioni degli altri
. Cia-
scuno, se vuole, li inserisca sulla propria pagina.
Sono invece gradite come la seconda pioggia di
aprile le osservazioni razionali che analizzano fat-
ti e testi
. Vorrei almeno in questo piccolo ambito
che ci fosse solo spazio per analisi su base raziona-
le: questo unisce tutti quelli che fanno un'indagi-
ne. Il resto divide. Non cancello nulla per rispetto,
ma rispettate questo piccolo spazio». Perché secon-
do voi ciò è potuto accadere?

«Spesso in Internet si manifestano due tendenze radi-
calmente opposte. Da un lato, molti sono talmente ir-
ritati contro la presenza politica, economica, culturale
della chiesa cattolica da arrivare ad un rifiuto assolu-
to, polemico e verbalmente aggressivo. Dall'altro,
molti credenti difendono (sempre) qualsiasi atteggia-
mento della chiesa cattolica sostenendo che ogni criti-
ca parte da un atteggiamento che essi definiscono "
ra-
zionalistico", "illuministico". Ambedue non tollerano
le idee diverse dalle loro e intervengono in continua-
zione con polemiche interminabili cercando di avere
l'ultima parola.

Sarebbe molto utile comprendere le ragioni di queste
radicalizzazioni. Bisognerebbe capire quanto siano dif-
fuse nella popolazione reale.

Noi pensiamo che siano utili analisi disinteressate,
libere, non aggressive, razionali, dei fatti religiosi. E’
questo che facciamo con il nostro libro. Difendiamo un
atteggiamento fondato non sul bisogno di distruggere
l'avversario, ma su metodi di analisi pacata e appro-
fondita».