Basta tratta delle novizie, il papa contro gli abusi
di Luca Kocci
“il manifesto” del 4 gennaio 2014
Basta con la «tratta delle novizie» da parte delle congregazioni in cerca di nuove vocazioni. Accettare nei seminari e negli istituti religiosi «i peccatori, ma non i corrotti». Prestare grande attenzione alla formazione dei giovani, altrimenti invece di buoni preti «formiamo piccoli mostri». Sono dirette e severe le parole di papa Francesco rivolte ai superiori degli ordini e delle congregazioni religiose maschili, soprattutto nei passaggi dedicati alla promozione vocazionale, alla formazione del clero e alla vita religiosa in generale.
Come già in occasione della sua prima intervista pubblica a settembre, la tribuna prescelta per intervenire di nuovo è Civilità Cattolica, il quindicinale dei gesuiti le cui bozze vengono vagliate dalla Segreteria di Stato vaticana prima di andare in stampa, segnale quindi di un’operazione preparata e concordata, non di uno scoop frutto di «parole rubate». E la penna a cui Bergoglio ha scelto di affidare le proprie affermazioni è ancora quella del gesuita Antonio Spadaro, direttore di Civilità Cattolica, già autore dell’intervista e, stando ad alcune voci, futuro successore di padre Federico Lombardi alla direzione della Sala stampa della Santa sede. Spadaro era presente all’incontro che Bergoglio ha avuto con i vertici degli istituti religiosi durante l’assemblea generale dell’Unione dei superiori generali (Usg) di fine novembre, ha «preso nota del dialogo» e quel colloquio è diventato un lungo articolo pubblicato su Civiltà Cattolica uscita oggi.
Punto centrale della conversazione la vita religiosa. E siccome anche papa Francesco «è un religioso» (gesuita), nota Spadaro, «conosce per esperienza ciò di cui si parla». A cominciare, appunto, dalla promozione vocazionale e dalla formazione degli aspiranti preti, religiosi e religiose. È in particolare rispetto a queste ultime che Bergoglio pronuncia parole nette, sebbene prendendole in prestito dai vescovi filippini. «Ha ricordato — scrive Spadaro — che nel 1994, nel contesto del Sinodo ordinario sulla vita consacrata e la sua missione, i vescovi filippini denunciarono la “tratta delle novizie”, cioè il massiccio arrivo di congregazioni straniere che aprivano case nell’arcipelago allo scopo di reclutare vocazioni da trapiantare in Europa. “Bisogna tenere gli occhi aperti su queste situazioni”, ha detto il papa».
Una «tratta» — parola ricorrente nel lessico bergogliano di questi mesi, mai però associata alle giovani religiose — che ha provocato e provoca tutt’ora situazioni drammatiche: dai casi estremi degli abusi e delle violenze sessuali denunciate in passato dalle stesse suore, a quelli più frequenti ma meno «rumorosi» di novizie e religiose straniere costrette a svolgere esclusivamente mansioni faticose, servili e talvolta umilianti nelle strutture delle congregazioni di appartenenza, spesso dopo essere state convinte a indossare l’abito anche prospettando loro la possibilità di uscire dalla condizione di povertà in cui versano. Il papa non ha fatto cenno a queste situazioni specifiche, ma il termine «tratta» è inequivocabile e rimanda inevitabilmente a queste realtà, peraltro documentate da numerosi casi.
Legata al «reclutamento vocazionale» è anche la questione dell’ammissione alla vita religiosa e il rischio che chi è stato fatto uscire dalla porta — «un giovane che è stato invitato a uscire da un istituto religioso per motivi seri» — rientri poi dalla finestra, venendo poi «accettato» in un altro seminario. Questo è un «grosso problema», dice Francesco. «Non sto parlando di persone che si riconoscono peccatori: tutti siamo peccatori, ma non tutti siamo corrotti. Si accettino i peccatori, ma non i corrotti». Il riferimento ai casi di pedofilia da parte del clero — spesso non dimessi ma solo spostati da una parrocchia o da un istituto a un altro — è evidente, anche perché Bergoglio richiama espressamente «i casi di abuso» e l’azione messa in campo da papa Ratzinger.
C’è poi il tema della formazione del clero, spesso contraddistinta dalla «ipocrisia», che Bergoglio riassume ricordando il suggerimento che riceveva da giovane: «Se vuoi andare avanti, pensa chiaramente e parla oscuramente. Era un chiaro invito all’ipocrisia. Bisogna evitarla a ogni costo».
«La formazione — aggiunge — è un’opera artigianale, non poliziesca. Dobbiamo formare il cuore. Altrimenti formiamo piccoli mostri. E poi questi mostri formano il popolo di Dio. Questo mi fa venire davvero la pelle d’oca». Il clericalismo che Francesco dice di voler combattere («è uno dei mali più terribili») è ancora piuttosto evidente — c’è l’idea che solo i preti «formano il popolo di Dio» -, tuttavia la Chiesa disegnata da Bergoglio sembra diversa, perlomeno nelle parole, perché le azioni incisive «di governo» ancora devono arrivare. I grandi cambiamenti, aggiunge Bergoglio, si sono realizzati «quando la realtà è stata vista non dal centro ma dalla periferia», cercando di «conoscere davvero la realtà e il vissuto della gente. Se questo non avviene allora ecco che si corre il rischio di essere astratti, ideologici o fondamentalisti, e questo non è sano».