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La vecchia tiritera sugli italiani immigrati

 

di Gian Antonio Stella

 

 “Corriere della Sera” del 22 ottobre 2014

 

Ma noi non siamo mai stati clandestini! La vecchia tiritera è riemersa anche ieri mattina, a «Caterpillar», la trasmissione di Filippo Solibello e Claudia de Lillo. Dove un consigliere comunale grillino, Roberto Rosini, insistendo sullespulsione degli irregolari, ha detto: «Quando andavamo all’estero noi c’erano delle regole da rispettare, non è che andavamo clandestini!». Ora, che il problema dellimmigrazione irregolare sia spinoso è fuori discussione.

Lo stesso padre Enzo Bianchi, abissalmente lontano da Salvini, Forza nuova o Casa Pound, dice che «occorre riconoscere che esistono dei limiti nellaccoglienza: non i limiti dettati dall’egoismo di chi si asserraglia nel proprio benessere e chiude gli occhi e il cuore davanti al proprio simile che soffre, ma i limiti imposti da una reale capacità di “fare spazio”». Ma un conto è porre la questione di questo spazio (in modo più o meno sgradevole), un altro è raccontare una storia inventata di sana pianta.

È falso che non siamo mai stati clandestini. Accanto allemigrazione regolare, infatti, c’è sempre stata quella «fuorilegge». Lo dimostra Adriana Lotto: nel 1905 su quattro italiani al lavoro nellImpero tedesco tre erano «clandestini in senso stretto». Lo ribadisce la relazione parlamentare di Stefano Jacini jr nel ‘22: «Alla frontiera del Col di Tenda decine di lavoratori per non dire centinaia passano clandestinamente la frontiera». Lo conferma un «Bollettino quindicinale dellemigrazione» del 1948 spiegando che ogni notte passavano dallalta Val di Susa in Francia «molto più di cento emigranti». E poi lo testimoniano i reportage di Egisto Corradi e varie copertine della Domenica del Corriere come quella del 1947 su una mamma con sei figli sorpresa da una tormenta mentre passava le Alpi e le foto pubblicate dallEuropeo nel 1963 e le vanterie del gangster Albert Anastasia secondo cui la mafia aveva fatto entrare più di 60 mila irregolari nel solo porto di New York. Ma soprattutto un libro di Sandro Rinauro, Il cammino della speranza. Dove, sulla base di migliaia di documenti, si legge che linchiesta dell’Institut national d’études démographiques nel 1951-52 dimostrò che «ben l’80%» degli italiani in Francia era entrato clandestinamente e clandestino era il 90% dei familiari. O che «alla fine del 1948 dei 15.000 italiani presenti nel dipartimento agricolo del Gers, ben il 95% era clandestino». Andiamo avanti?