Mina Welby: “Sull’eutanasia basta con l’ipocrisia: tutti hanno diritto a una morte dignitosa”
intervista a Mina Welby di Cinzia Sciuto
da www.micromega.net 20 maggio 2014
Il prossimo 5
giugno a Firenze MicroMega organizza un grande convegno per
la libertà di scelta sul fine vita. Ci sarà anche Mina Welby, che oggi con una petizione
online chiede ai presidenti delle Camere che la proposta di legge di
iniziativa popolare per legalizzare l'eutanasia venga discussa in parlamento.
Perché tutti abbiano diritto a una morte dignitosa.
“Oggi in Italia chi ha i soldi può pagare un medico che gli pratichi l'eutanasia
o può andare in Svizzera. E negli hospice ogni giorno vengono somministrate ai
malati terminali con sofferenze inimmaginabili dosi di morfina tali da indurre
la morte. Noi vogliamo dire basta a questa ipocrisia!”
Mina Welby, co-Presidente dell'Associazione Coscioni, continua la lotta che
aveva iniziato il marito Piergiorgio: nel 2006 Welby, affetto da distrofia
muscolare, è stato staccato dal respiratore che lo teneva in vita e
contemporaneamente sedato, in attesa che giungesse la morte. Da allora Mina
lotta affinché una morte dignitosa sia garantita a tutti. Per questo ha
depositato alla Camera una
proposta di legge di iniziativa popolare per legalizzare l'eutanasia.
La proposta di legge era stata presentata già lo scorso settembre, oggi lanciate
una petizione online: perché?
Quando arriveremo a 200mila firme, porteremo la petizione ai presidenti di
Camera e Senato, Boldrini e Grasso, per chiedere di calendarizzare la
discussione sulla proposta di legge e aprire finalmente un dibattito pubblico
ampio e sereno sul tema.
Pensa che oggi ci siano le condizioni?
Lo spero. Di parlamentari attenti a questi temi ce ne sono diversi, in tutti gli
schieramenti politici. E poi c'è anche la recente
presa di posizione del presidente della Repubblica che lo scorso
marzo ha risposto a una lettera che Carlo Troilo gli aveva inviato in occasione
dell'anniversario della morte di suo fratello Michele: una morte violenta,
perché Michele – malato terminale – non aveva altra scelta che gettarsi dal
terrazzo. Napolitano ha usato con Troilo più o meno le stesse
parole che aveva usato con Piergiorgio, chiedendo al parlamento di
occuparsi della questione.
La vostra proposta di legge che cosa prevede esattamente?
La proposta si articola in 3 punti: possibilità di rifiuto dei trattamenti
sanitari, testamento biologico ed eutanasia per malati gravissimi, affetti da
malattie incurabili e con una aspettativa di vita molto limitata.
Ma la possibilità di interrompere l'accanimento terapeutico c'è già oggi.
Il rifiuto delle terapie non deve essere legato necessariamente a quello che è
definito “accanimento” terapeutico, ossia l'uso di terapie ormai inutili. Un
malato deve poter rifiutare qualsiasi terapia, che sia accanimento o no. Ognuno
di noi può rifiutarsi di prendere delle medicine o di sottoporsi a un
intervento, anche se si tratta di terapie “utili”. Non si capisce perché a un
malato terminale questo diritto debba essere negato. E ovviamente, così come si
ha il diritto di rifiutare le terapie, si deve anche avere il diritto di
interromperle.
Ma c'è un nesso tra il rifiuto delle terapie e l'eutanasia?
Certo che c'è, ed è la libertà di scelta. Ogni persona deve aver la possibilità
di decidere come uscire da questo mondo. Abbiamo deciso di mettere espressamente
l'eutanasia dentro la nostra proposta di legge proprio per evitare l'accusa
secondo la quale il testamento biologico sarebbe un cavallo di Troia per
l'eutanasia. Ecco, non c'è nessun cavallo di troia: il diritto all'eutanasia è
strettamente legato al principio di autodeterminazione che sta alla base di
questa proposta di legge e dunque l'abbiamo voluta mettere nero su bianco.
Difficile che questo parlamento approvi l'eutanasia...
Sarebbe già un bel passo in avanti se approvasse una buona legge che consenta il
rifiuto delle terapie, sia quando il paziente è in grado di intendere e di
volere – come nel caso di Piergiorgio Welby – sia per mezzo di un testamento
biologico. Ma un testamento biologico vero e vincolante: se il medico non
rispetta le volontà espresse, deve rispondere delle sue scelte. Se poi si
giungesse persino a legalizzare l'eutanasia potremmo finalmente dire di avere
anche in Italia una legge umana sul fine vita. Anche perché l'eutanasia c'è già
di fatto, solo che è un privilegio di classe: chi ha i soldi il medico se lo
trova oppure va in Svizzera. E sa cosa succede oggi negli hospice? Di fronte a
un malato terminale con dolori insopportabili si somministrano grandi dosi di
morfina e il malato in poco tempo muore.
Ma in questo caso – direbbero i detrattori dell'eutanasia – l'intenzione non è
quella di far morire, ma di alleviare le sofferenze.
Ma basta con questa ipocrisia! In questo caso alleviare le sofferenze coincide
con la morte. Bisogna smetterla di avere paura della morte: una morte che
riempie gli schermi televisivi e le pagine dei giornali ma che è lontana dalle
nostre vite quotidiane. Non dobbiamo aver paura del morire, ma dobbiamo lottare
perché sia garantita a tutti una morte dignitosa.