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Lettera di Enrico Peyretti a Messori

 

Torino, 25 dicembre 2014, Natale

 

Enrico Peyretti

 

Caro Vittorio, ci sentiamo raramente, ma ci ricordiamo entrambi della vicinanza e dell'amicizia, quando eri a Torino, e collaborasti anche nel 1971 (allora non firmavamo gli articoli) ai primi numeri de “il foglio: mensile di alcuni cristiani torinesi”, che oggi probabilmente non condividi.

Ho letto, in rete, il tuo articolo-confessione di ieri sul Corriere. Sai che non lo condivido, ma rispetto il sentimento con cui lo hai scritto.  Mi chiedo chi ti ha richiesto quella confessione: il Corriere per amor di dibattito? Oppure quelle parti di gerarchia che avversano la linea di papa Francesco, fino a scrivergli contro un libro cardinalizio, nel momento dell'apertura del sinodo, e fino al punto che qualcuno teme uno scisma lefevriano (sulla questione dei divorziati) in nome di un rigorismo morale né misericordioso né ecumenico?

Rispetto le tue perplessità. Secondo me sono un buon segno. Il vangelo deve sconcertarci tutti. Io mi preoccupo piuttosto perché, peccatore come sono, e di poca fede, mi sconcerta poco. Il vangelo turba, prima di allietare. Successe lo stesso alla gente a cui parlava Gesù, salvo i più poveri e umili. Un amico mi scrive oggi: « Riguardo agli attacchi a Francesco aggiungerei che ne sono lieto, perché il cristiano e la Chiesa devono essere occasione di scandalo e di contraddizione. Quando tutti i potenti della terra (politici e religiosi, e opinionisti) fossero d'accordo col papa, allora delle due l'una: o è avvenuta una miracolosa conversione oppure la Chiesa si è venduta».

Io trovo che Francesco è un papa evangelico. Più evangelico che dottrinario. Ed è bene, grazie a Dio. Gesù fu proprio così, condannato dai farisei custodi della legge, e così fu anche papa Giovanni, e a Torino Pellegrino, e alcuni altri (mica tanti nella gerarchia....).

Perché Francesco dovrebbe essere stato «prevedibile» per tutti i cardinali elettori? Lo Spirito Santo è capace di scombinare i calcoli, anche dei cardinali e dei teologi. Dio sorprende.

Francesco «turba la tranquillità del cattolico medio, abituato a fare a meno di pensare in proprio, quanto a fede e costumi, ed esortato a limitarsi a “seguire il Papa”. Già, ma quale Papa?». Così scrivi. Sono d'accordo nel distinguere tra i papi: tutti vanno ascoltati, rispettati, amati, aiutati. Ma siamo tutti un pochino in grado, perché anche noi abbiamo lo Spirito, di riconoscere quale più quale meno di loro vive e dice il vangelo. Francesco lo fa molto bene. Ringraziamo Dio per questo dono!

Se Francesco turba quel cattolico passivo (abituato dal clero ad essere passivo), io direi: molto bene! Infatti, va turbato. Paolo VI mi disse personalmente, nel 1970, «non turbare». Ma chi più di Gesù ha turbato? Magari io sapessi davvero turbare!

Tu noti aspetti contraddittori nell'azione di Francesco. Ma la vita, ogni cammino, è così: si cammina con due gambe e ogni passo è lo squilibrio di una posizione, per potere procedere. Mi interessa la direzione, ben più dei singoli passi (alcuni passetti di Francesco non piacciono neanche a me: ma nessuno può piacere in tutto). 

Sono d'accordo con te: Cristo sa chi sceglie, anche tramite i nostri errori, come suo rappresentante terreno. «Temporaneo», certo, siamo tutti temporanei, ma non c'è proprio da sottolinearlo quasi attendendo che Francesco rimanga per poco!.... Quella scelta, dici, è sconcertante nel breve ma con sue ragioni nel tempo lungo.

Ti dirò che non mi piace il titolo tradizionale “vicario di Cristo” (tu non l'hai usato), perché Cristo non è assente, vive in tutti, non ha bisogno di vicari: il papa è “servo dei servi di Dio”, deve essere il primo nella carità e nel servizio. Francesco adempie bene questo suo compito.

Ti sconcertano quelle parole (ammesso che Scalfari le abbia rese bene) «Dio non è cattolico». Io credo proprio così. É assai di più, è di tutta l'umanità, culture, religioni. Raimon Panikkar, cattolico universale, scrive Il Cristo sconosciuto dell'induismo (Jaca Book).  Io sono grato di essere nato ed educato nella chiesa cattolica, in cui sto, nella quale c'è la luce data a me, a noi, ma riconosco Dio padre di Gesù nei cristiani non cattolici - coi quali parlo, discuto, penso, prego, partecipo alla Cena di Gesù - e con tutti gli spiriti pensosi e religiosi dell'umanità. Magari fossi capace di imparare e ricevere di più da tutti!

Tu poni bene la domanda assolutamente seria: «Come annunciare il Vangelo ai contemporanei? Come mostrare che il Cristo non è un fantasma sbiadito e remoto ma il volto umano di quel Dio creatore e salvatore che a tutti può e vuole dare senso per la vita e la morte?». Questo ci impegna tutti, non contro qualcuno, ma nell'incontrare lo Spirito diffuso da Gesù in ogni cuore di buona volontà, anche nei cammini umani accidentati.

Dubito che al papa tocchi «soprattutto, la custodia del “depositum fidei”». La dottrina delle precedenti generazioni cristiane è per noi preziosa, ma non è un idolo. «Scriptura crescit cum legente» (Gregorio Magno), quindi più che le definizioni dottrinali conta il continuo nuovo ascolto del vangelo, nelle situazioni varie dei tempi, che sono pure “segni” dati a noi, da cogliere con discernimento, ma da cogliere. L'annuncio e la testimonianza del vangelo è ben più che una dottrina. La teologia è importante, preziosa, ma Gesù non è teologo né professore: è maestro e donatore di vita nuova.

Ti scrivo con franchezza, senza la pretesa di non sbagliare, nel tentativo sincero di cercare insieme, anche nelle differenze, la strada umana e cristiana delle nostre vite che scorrono veloci (ho compiuto i 79, sono più vecchio del papa!..).

Ti saluto, in questo giorno felice di Natale (ma quante ombre dolorose nel mondo!), fraternamente.