L’economo dei Salesiani sotto accusa per la truffa da 100 milioni
di Fiorenza Sarzanini
“Corriere della Sera” del 27 aprile 2014
La truffa ai Salesiani non fu ordita soltanto da personaggi esterni all’ordine religioso. Nell’elenco degli imputati per la frode da 100 milioni di euro che riguarda l’assegnazione dell’eredità del marchese Alessandro Gerini c’è anche l’economo don Giovanni Battista Mazzali. La procura di Roma chiude l’inchiesta che ha portato al sequestro dei beni dell’ente ecclesiastico e si appresta a sollecitare il suo rinvio a giudizio in concorso con l’avvocato Renato Zanfagna e il faccendiere Carlo Moisè Silvera. Due mesi dopo la presentazione di una denuncia da parte della Santa Sede, il capo dell’ufficio Giuseppe Pignatone e il sostituto Paola Filippi ribaltano l’impostazione iniziale e individuano in queste tre persone coloro che avrebbero cercato di «ripulire» le casse dell’ordine fondato da don Giovanni Bosco mediando illecitamente nella disputa sul lascito che opponeva i religiosi ai nipoti del nobiluomo.
È il capo di imputazione a svelare il ruolo avuto dai protagonisti della vicenda. Nella contestazione viene infatti specificato come i tre «con artifici e e raggiri» avrebbero fatto credere che la Fondazione Gerini fosse stata autorizzata dalla segreteria di Stato ad effettuare la transazione e soprattutto che la «Direzione Opere Don Bosco» dovesse «garantire le obbligazioni nascenti da questo atto transattivo» con un solo obiettivo: «Ottenere il versamento dei 100 milioni di euro, dei quali 16 sono già stati versati al momento in cui è stato sottoscritto l’accordo».
Per i Salesiani c’è il rischio altissimo di fallimento. Non a caso l’avvocato Michele Gentiloni Silveri che cura gli interessi della Fondazione presenterà un’istanza per ottenere il dissequestro dei 120 milioni che erano stati bloccati dal giudice di Milano su richiesta dello stesso Silvera e soprattutto per impedire la vendita all’asta dei beni, compresa la sede generale della Congregazione. Nella guerra giudiziaria sull’eredità durata 17 anni il faccendiere aveva avuto un ruolo chiave quando, era l’8 giugno 2007, aveva convinto le parti a firmare un accordo che obbligava la Fondazione a versare 16 milioni di euro: cinque milioni ai nipoti, 11 milioni e mezzo a lui. Non solo. Secondo la transazione, la percentuale di Silvera doveva essere ricalcolata al momento di avere la stima complessiva dell’intero patrimonio. Ad occuparsi di questo «inventario» fu una commissione presieduta dall’avvocato Zanfagna che fissò l’ammontare dei beni in 658 milioni di euro, portando così la provvigione a 99 milioni di euro. Soldi che i Salesiani decisero di non pagare sostenendo di essere stati truffati. Da qui la decisione di Silvera di ricorrere al giudice per ottenere — cosa che avviene — il blocco dei beni.
È la Fondazione, nel 2012, a presentare la prima denuncia, ma l’inchiesta dei magistrati romani si chiude con una richiesta di archiviazione. Il caso viene però riaperto qualche mese fa quando l’avvocato Gentiloni Silveri deposita l’esito di un’indagine interna svolta dalla Gendarmeria vaticana che dimostra la falsificazione delle autorizzazioni per chiudere la trattativa del 2007. In particolare nella relazione si evidenzia come la lettera firmata il 19 maggio 2007 dal segretario generale dei Salesiani Marian Stempel per concedere il nulla osta all’accordo, è stata modificata in più punti, addirittura aggiungendo il paragrafo che obbliga la «Direzione generale Opere Don Bosco» al versamento dell’indennizzo. La contraffazione, questo dice l’accusa, sarebbe stata compiuta proprio dall’economo don Mazzali.
L’istanza consegnata ai pubblici ministeri contiene anche la copia del decreto di nullità dei «visti» emesso un mese fa dalla Santa Sede con l’obiettivo di impedire la liquidazione della somma. Tra i testimoni chiave di questa vicenda c’è il cardinale Tarcisio Bertone. Nell’ultimo interrogatorio avvenuto in Vaticano circa due mesi fa l’ex sottosegretario di Stato ha ribadito di «essere stato ingannato» ma non ha potuto negare di essere stato lui a sollecitare i Salesiani a firmare la mediazione con gli eredi Gerini.