In Italia, la secolarizzazione riprende la sua marcia.Tutti i numeri del ix rapporto
di Valerio Gigante
“Adista” - Notizie – n. 7 del 22 febbraio 2014
Lo scorso anno (v. Adista Notizie n. 15/13) avevamo riferito di come l’indice di secolarizzazione – l’indicatore che sintetizza una serie di dati relativi a pratica religiosa, adesione alle indicazioni della Chiesa cattolica, scelte nell’istruzione e organizzazione ecclesiastica – fosse sceso, seppure in misura lievissima. Ma il IX Rapporto sulla secolarizzazione in Italia, curato dalla Fondazione Critica Liberale e dalla Cgil-Nuovi Diritti ribadisce invece il trend degli ultimi venti anni e evidenzia con gli ultimi dati a disposizione, relativi al 2011, una ripresa del fenomeno della secolarizzazione, dopo il rallentamento relativo all’anno 2010. Il Rapporto, presentato l’11 febbraio a Bologna, elabora dati provenienti da diverse fonti (principalmente Istat, Cei, Miur, Ministero della Salute e Annuario Statistico della Chiesa Cattolica) e fa riferimento alla pratica religiosa “visibile”, ossia l’insieme di riti imposti da una credenza religiosa che si svolgono pubblicamente. Gli indicatori si riferiscono a riti di passaggio come il battesimo, la prima comunione, la cresima, il matrimonio religioso. E tutti, nel rapporto appena pubblicato, presentano una tendenza alla diminuzione. Il numero dei bambini battezzati passa dai 421.071 del 2010 ai 420.553 del 2011 (nel 1991 erano oltre 515mila). Un calo che si spiega in parte con la rinuncia da parte di un numero crescente di genitori ad aderire per conto dei figli alla religione cattolica. Ma anche con le conclusioni cui è giunta nel 2007 la commissione costituita ad hoc da Benedetto XVI per studiare la questione del limbo, il luogo dove tradizionalmente la teologia cattolica destinava i bimbi morti prima del battesimo. “Abolito” il limbo, era logico che negli anni successivi frenasse ulteriormente anche la consuetudine di battezzare i figli, o almeno farlo nei primi mesi o anni di vita. Per quanto riguarda le prime comunioni, in termini assoluti si passa dalle 442.156 del 2010 alle 427.712 del 2011. Nello stesso periodo, le cresime scendono da 446.255 a 445.381. Più in generale, se nel 1991 il tasso di comunioni era di 9,9 persone ogni mille cattolici, nel 2011 si è scesi al 7,45. Stesso discorso per le cresime, per cui si passa dall’11,1 al 7,7 per mille cattolici. Tale tendenza si spiega in parte con l’invecchiamento della popolazione, ma è anche evidente sintomo di un allontanamento dalla pratica cattolica. Un dato confermato anche dal numero di matrimoni concordatari, che scende dai 217.700 del 2010 ai 204.800 del 2011. E nel 2011 per la prima volta nella storia, nelle regioni del Nord si è registrato un sorpasso dei matrimoni civili (51,7% del totale) su quelli concordatari (48,3%).
Stessa musica anche per le sentenze di separazioni, che passano da 88.191 nel 2010 a 88.797 nel 2011, mentre invece frenano leggermente le sentenze di divorzio, che nello stesso periodo da 54.160 scendono a 53.806.
Alla trasformazione dei modelli familiari e di genitorialità (sempre più responsabile e sempre meno affidata al caso, come mostra il trend dell’uso dei contraccettivi, che però non si arricchisce per il 2011 di nuovi dati), le gerarchie ecclesiastiche tentano di porre un freno (specie, indica il rapporto, per le scelte in materia di procreazione), tanto è vero che è in crescita continua la presenza sul territorio italiano dei centri di difesa della vita e della famiglia (da 487 nel 1991 a 2.385 nel 2010 e
2.949 nel 2011) e, in misura minore, dei consultori familiari (da 467 a 549 nel 2009 con una lieve flessione tra il 2010, anno in cui sono 521, ed il 2011, quando sono 529).
Oltre a matrimonio, divorzio, aborto, controllo delle nascite, ci sono due altre scelte per le quali la Chiesa cattolica tende a esporsi meno pubblicamente, ma che sono ugualmente legate al senso di appartenenza religiosa: la frequenza dell’ora di religione cattolica nelle scuole e l’8 per mille. La percentuale di studenti che si avvalgono dell’Irc, dopo essersi mantenuta costantemente intorno al 93% fino al 2003, negli ultimi quattro anni considerati dal dossier è diminuita, anche se in misura
limitata, raggiungendo nel 2010 il 89,8% e nel 2011 89,3%. Cala anche la percentuale di scuole cattoliche rispetto al totale delle scuole. Sono le scuole per l’infanzia a registrare le perdite maggiori. Erano il 24,1% nel 2009, sono il 23,4% nel 2011 (e perdono più di cinque punti dal 1992, quando erano il 28,3%). Le secondarie hanno limitato le perdite a due punti (attestandosi al 7,1%
nel 2011), mentre la percentuale di scuole elementari cattoliche tra il 1992 e il 2011 sembra essere rimasta invariata (6,5%).
Per quanto riguarda l’ammontare dell’8 per mille devoluto alla Chiesa Cattolica dal 2003 al 2006, il gettito totale è diminuito da 1.016 milioni a 930 milioni di euro. Poi, tra il 2007 ed il 2008, si è registrata una tendenza alla crescita (rispettivamente 991 e 1.003 milioni di euro), seguito da un nuovo calo a 967 milioni nel 2009 ed un successivo aumento nel 2010 e nel 2011 (rispettivamente a 1.067 milioni e 1.119 milioni). C’è però da notare che se il gettito sale, il numero delle firme a favore della Chiesa cattolica relative all’ultimo anno disponibile, il 2007, scende all’85,01% del totale, contro l’86,05% di quelle relative ai redditi del 2006 e l’89,82% di quelle relative ai redditi del 2005. Bisognerà poi verificare nei prossimi anni quali effetti sull’8 per mille avranno avuto gli scandali che hanno investito la Chiesa nella fase finale del pontificato di Ratzinger, oltre alla crisi economica, cominciata nel 2008.
Anche il capitolo vocazioni non porta numeri più confortanti per la Chiesa cattolica in Italia: tra il 1991 ed il 2011 i presbiteri sono passati da 57.274 a 48.333, i religiosi da 5.000 a 3.392, le religiose da 125.800 a 89.299, i laici consacrati da 500 a 195, le laiche consacrate da 13.500 a 7.537. Gli unici a mostrare invece una tendenza continua alla crescita sono i diaconi e i catechisti. Questi ultimi in particolare sono cresciuti dal 1996 (primo dato disponibile) da circa 75mila a 243.538 unità nel 2011.
Un altro indicatore interessante è il numero di nuove ordinazioni: anche queste mostrano una forte tendenza alla diminuzione, passando da 547 nel 1991 a 408 nel 2011, seppure con un andamento altalenante nel tempo. Un calo non così consistente da spiegare la forte diminuzione del numero complessivo dei preti in Italia, legato invece al turn over: le nuove ordinazioni non sono cioè sufficienti a sostituire i preti che muoiono. Interessante è anche il fenomeno delle defezioni tra i preti: a lasciare la tonaca, secondo la Cei, nel 2010 sono stati in 57; nel 2011 53.
Più difficile valutare dati come quelli dell’obiezione di coscienza del personale medico (ginecologi e anestesisti) e paramedico. Anzitutto perché non c’è una tendenza univoca (anche se in anni recenti si registra un generale calo, seppure leggero, degli obiettori: per i ginecologi si passa da una percentuale del 70,7% di obiettori del 2009 al 69,3% del 2010 e del 2011; per gli anestesisti dal 50,8% nel 2010 al 47,7% nel 2011; per i paramedici dal 44,4% del 2009 al 43,1% del 2011). Ma anche perché le scelte potrebbero essere influenzate non solo dall’appartenenza religiosa ma da strategie di carriera, soprattutto per i medici ginecologi.