Vaticano e pedofilia: belle parole, pochi fatti
di Marco Politi
“il Fatto Quotidiano” del 9 novembre 2014
La mole di documenti inquietanti, pubblicati a Chicago sugli abusi commessi dal clero tra gli anni 1950 e 2010, è un campanello di allarme per il Vaticano. Al di là dell’impegno personale di papa Francesco – evidenziato dalla decisione di sottoporre a processo penale il pedofilo ex nunzio nella Repubblica dominicana Jozef Wesolowski – la vicenda ripropone la questione della grande disparità esistente da una nazione all’altra, più precisamente da una conferenza episcopale all’altra, nelle strutture per contrastare le violenze contro ragazzi e ragazze. La speciale commissione anti-abusi, formata dal Papa va a rilento. C’è stata qualche riunione, ma finora non sono state elaborate linee- guida, che organizzino a livello planetario le modalità per accogliere le denunce, indagare sui misfatti e risarcire le vittime.
La Chiesa ha molto da recuperare. Perché gli Stati in quanto tali non hanno praticato sistematicamente una politica di insabbiamento quando un insegnante o un allenatore compivano atti di pedofilia. Non c’erano prefetti che trasferivano silenziosamente l’insegnante o l’allenatore da una scuola o una palestra all’altra. Non c’erano denunce andate misteriosamente perdute nei meandri del ministero della Giustizia o nella corte di Cassazione. Non c’erano criminali graziati in extremis come per esempio il fondatore dei Legionari di Cristo Marcial Maciel – obbligato solamente da Benedetto XVI a una vita ritirata e di preghiera – a cui fu risparmiato il processo ecclesiastico.
Nella Chiesa, invece, a partire dalla svolta indicata da papa Ratzinger con la sua Lettera ai cattolici d’Irlanda, si tratta di smantellare una prassi secolare di copertura degli abusi e di creare organismi precisi a cui le vittime possano rivolgersi per avere giustizia. Molto si è fatto in questi anni, troppo rimane ancora da fare. Ci sono paesi in cui ci sono organismi funzionanti. Prendiamo gli Stati Uniti , dove mons. Blase Joseph Cupich è diventato da poche settimane arcivescovo di Chicago succedendo proprio al cardinale George: all’interno della conferenza episcopale statunitense Cupich è presidente della Commissione per la protezione dei minori. Anche in altre nazioni, per esempio la Germania, esistono organismi del genere. In Polonia c’è un Centro per la tutela dei minori, creato dall’episcopato. L’Italia è tra i paesi dove la conferenza episcopale – quanto a strutture specifiche di aiuto alle vittime – continua a latitare. L’assemblea della Cei si riunisce domani ad Assisi, discuterà della formazione del clero e certamente anche della sensibilizzazione sul tema del rapporto con i minori. Ma di centri di ascolto per le vittime e di impegni per i risarcimenti la Cei continua tenacemente a non parlare.
Spetta proprio alla commissione vaticana anti-abusi elaborare le procedure più efficaci per affrontare il fenomeno, dando al Papa gli strumenti operativi per imporre una linea uniforme valida per la Chiesa cattolica in ogni nazione. Le poche riunioni, organizzate da marzo in poi (quando l’organismo fu costituito) e i rapporti via mail tra i membri del gruppo, non assicurano però speditezza ai lavori.
A settembre il pontefice ha nominato segretario della commissione l’americano Robert Oliver (già promotore di giustizia, cioè “pubblico ministero”, al Sant’Uffizio) per dare impulso all’iniziativa. Ma fino a oggi niente è stato prodotto. E gli scandali incombono.