Addio a Ramos Regidor, teologo militante della liberazione

Valerio Gigante
Adista Notizie n° 44 del 19/12/2015

Se ne va un altro testimone importante del Concilio, protagonista in particolare di quel vasto movimento teologico, politico ed ecclesiale passato alla storia come “Teologia della Liberazione”: si tratta di José Ramos Regidor, per gli amici soltanto “Pepe”, morto a Roma il 9 dicembre scorso all’età di 85 anni. Era nato in Spagna nel 1930, ma risiedeva da molto tempo in Italia. Era infatti stato prete salesiano, attivo negli anni ‘60 all’Ateneo Salesiano di Roma, dove insegnava e dove faceva parte della stessa comunità di Giulio Girardi, Bruno Bellerate, Giancarlo Milanesi e Gerard Lutte. Insieme a loro, e ad altri, aveva cercato di elaborare una pedagogia che, sulla scia di don Bosco, fosse declinata sulle esigenze dei giovani delle periferie. E assieme a Giulio Girardi, nel 1969, Regidor fu espulso per divergenze ideologiche prima dall’Ateneo e poi dalla stessa Congregazione salesiana. Si era avvicinato intanto al mondo aclista che, in quegli anni, aveva maturato la decisione di rompere il rapporto organico con la Dc a favore della “scelta socialista”. Regidor collaborò per un breve periodo con l’Iref, l’Istituto di Ricerche Educative e Formative, che faceva riferimento alle Acli stesse e che fu un intenso laboratorio di ricerca sul rapporto tra marxismo, cristianesimo e movimento operaio.

Fu poi tra i fondatori di Com, il settimanale collegato all’esperienza della nascente Comunità di Base di San Paolo Fuori le Mura, sorta attorno alla figura dell’ex abate Giovanni Franzoni nel 1973. Dovette però occultare il più possibile la sua attività nella redazione perché i suoi trascorsi politico-ecclesiali lo avevano reso particolarmente inviso sia al governo spagnolo, ancora segnato dal regime franchista, sia al Vaticano; per queste ragioni il Ministero degli Interni esitava a concedergli la cittadinanza italiana, che ottenne solo dopo molti tentativi. A partire dal 1973 era poi iniziata anche la sua collaborazione con l’Idoc, il Centro internazionale di Documentazione e Comunicazione fondato a Roma nel 1965 e dedito alla raccolta di documenti internazionali e interconfessionali sullo sviluppo umano e religioso. Dal 1970, Idoc pubblicava anche la rivista Idoc internazionale, strumento di informazione diffuso in inglese, italiano, francese (dal 1969 al 1971) e tedesco (dal 1970 al 1971) che intendeva dare un valore internazionale ed ecumenico ai grandi temi del dibattito postconciliare. Questa rivista, nella cui redazione Regidor restò a lungo (e che terminò definitivamente le pubblicazioni nel 1999), assieme ad Adista, Testimonianze, Questitalia, Il Gallo, Il Tetto, Il Regno, Concilium, Com, fu tra le riviste che maggiormente colsero ed interpretarono, in chiave di radicalità evangelica ancor prima che politica, il vento di rinnovamento uscito dal Vaticano II.

Sempre nel 1973, dopo le esperienze del Cile (1971) e della Spagna (1972) era approdato poi anche in Italia il movimento dei “Cristiani per il socialismo”. A Bologna, dal 21 al 23 settembre, in circa 2.000 parteciparono al I Convegno nazionale. La relazione introduttiva fu di Giulio Girardi. A partecipare, ed aderire, a quella breve ma intensa esperienza politica ed ecclesiale, assieme a nomi come quelli di Filippo Gentiloni, Giorgio Girardet, Domenico Jervolino, Franco Passuello, Marcello Vigli, Antonio Parisella, Marco Bisceglia, Vittorio Bellavite, Piergiorgio Paterlini, Gerard Lutte, c’era anche Regidor, che all’analisi delle strategie con cui i “Cristiani per il socialismo” intendevano contrastare – da una prospettiva rivoluzionaria – la dottrina sociale della Chiesa e l’intreccio tra potere democristiano e potere clericale, ideologia cattolica e alienazione religiosa, dedicò un volume, di cui fu curatore assieme ad Aldo Gecchelin: Cristiani per il socialismo. Storia, problematica e prospettive (Il Mulino, 1977). Di libri, articoli e saggi, preziosissimi per leggere, comprendere ed interpretare la temperie politica e religiosa del periodo postconciliare, Regidor ne ha scritti molti. Tra questi, ricordiamo almeno Gesù e il risveglio degli oppressi (Mondadori, Milano 1981); La teologia della liberazione (Datanews, 1996); Natura e giustizia (Emi, 2000).

Al lavoro intellettuale Regidor ha sempre accompagnato, nella discrezione e nell’umiltà che hanno sempre caratterizzato tutta la sua vita, la militanza attiva. Declinata su diversi versanti: dalla difesa delle leggi sul divorzio e l’aborto alle battaglie anticoncordatarie e contro l’Intesa Falcucci-Poletti sull’insegnamento della religione cattolica nelle scuole; dall’appassionata difesa della Teologia della Liberazione e dei suoi principali esponenti, caduti negli anni sotto le maglie della repressione vaticana (Leonardo Boff, Gustavo Gutierrez, Samuel Ruiz, Tissa Balasuryia, Raúl Vera López, per citare solo alcuni dei teologi e vescovi le cui ragioni nei suoi scritti e nelle sue conferenze Regidor sostenne, sia politicamente che teologicamente), alla vicinanza alla rivoluzione sandinista ed a quella cubana, come a tutti i movimenti popolari dell’America Latina e del Sud del Mondo. Fino alla opposizione alla Prima ed alla Seconda Guerra del Golfo, nel 1991 e nel 2003. La collaborazione con numerose testate (come Paese Sera) e riviste gli consentiva di spiegare al mondo laico e cattolico il vero volto del pontificato wojtyliano, il processo di restaurazione seguito agli anni delle speranze postconciliari, l’addensarsi delle nubi del lungo inverno ruiniano. Negli anni ‘90 continuò a seguire tutte le diverse realtà ecclesiali che si opponevano a questo stato di cose, da quelle “storiche” (come le Comunità di Base) a quelle che stavano via via sorgendo (come il movimento internazionale Noi Siamo Chiesa).
Nel 2006 fu tra i teologi promotori – assieme, tra gli altri, a José María Castillo, Giancarla Codrignani, Casiano Floristán, Giovanni Franzoni, Filippo Gentiloni, Giulio Girardi, Martha Heizer, Juan José Tamayo, Adriana Zarri – dell’“Appello alla chiarezza”, che esponeva sostanziali e circostanziati dubbi sul processo di beatificazione di Karol Wojtyla. Poi la lunga malattia, che non ha però spento l’affetto e la vicinanza di tanti che, assieme a lui e grazie a lui, avevano condiviso l’impegno e le speranze di una Chiesa altra. Dentro un orizzonte politico segnato dalla giustizia sociale e dalla liberazione degli oppressi