Daesh Bianco (Arabia Saudita) e Daesh Nero (ISIS) nella guerra del petrolio

 

di Pepe Escobar.

 

fonte: http://megachip.globalist.it/  7.1.2016

 

Schermaglie saudite-iraniane: un nuovo scontro nella guerra del petrolio, mentre sta per spezzarsi il gioco che vuol far crollare la Russia entro 6 mesi.

 

L'Arabia Saudita è il paradiso delle decapitazioni. Ma questo incubo in termini di Pubbliche Relazioni è il minore di tutti i problemi durante una crisi petrolifera. Ancora una volta, il cuore della questione è (che altro potrebbe essere?) l'oro nero.

 

Finora, l'intera strategia energetica della Casata dei Saud si è condensata nel limare i prezzi della sua produzione di petrolio, a qualunque costo, perfino emettendo obbligazioni per coprire i suoi massicci deficit.

 

Ora la strategia è stata spostata un passo in avanti attraverso una flagrante provocazione: l'esecuzione del religioso sciita Nimr al-Nimr.

 

La Casata dei Saud ritiene che nel rinfocolare un confronto fra Riad e Teheran possa aumentare il fattore paura nella sfera delle forniture petrolifere, portando a prezzi del petrolio più elevati (di cui ha bisogno), pur serbando il Santo Graal wahhabita del tenere fuori dal mercato l'imminente petrolio iraniano.

 

Fin dall'inizio, Riad ha scommesso sulla possibilità di ulteriori sanzioni in materia di energia a carico dell'Iran nel caso in cui Teheran avesse risposto con forza alle sue provocatorie decapitazioni. Tuttavia gli iraniani sono troppo sofisticati per cascare in un giochetto così... greggio [1].

 

Chi commercia nel Golfo Persico ha confermato che il bilancio preventivo saudita del 2016 si basa su un prezzo medio del greggio di appena 29 dollari al barile, come ha riferito per prima la Jadwa Investment a Riad.

 

Dalla prospettiva del dilemma del bilancio che tocca in sorte alla dinastia saudita, tutto ciò risulta assolutamente insostenibile. La Casata dei Saud è il più grande esportatore di petrolio dell'OPEC. Eppure la loro suprema hybris consiste nel negare all'Iran qualsiasi margine di manovra nelle esportazioni, che sarà inevitabile soprattutto nella seconda metà del 2016.

 

Inoltre, la strategia del petrolio a prezzo basso non riguarda solo l'Iran: è ancora parte della guerra petrolifera contro la Russia.

 

Ciò nondimeno, qualcuno non sta facendo bene i conti a Riad. La strategia saudita del petrolio a prezzo basso ha punito sin qui la Russia - il secondo produttore mondiale di petrolio - malamente. I sauditi non possono eventualmente pretendere che la loro provocazione a base di decapitazioni possa impedire un accordo OPEC-Russia sulla riduzione della produzione e contemporaneamente portare a prezzi del petrolio più alti, che per lo più andrebbero a vantaggio - indovina un po' - dell'Iran e della Russia.

 

 

Sei mesi per distruggere la Russia

 

Si può ipotizzare che la strategia del basso prezzo del petrolio della dinastia saudita sia stata un harakiri wahhabita al rallentatore fin dall'inizio (il che, tra l'altro, non è certo cosa che ci dispiaccia.)

 

Il bilancio della Casata di Saud è crollato. Riad sta finanziando una guerra impossibile da vincere e costosissima nello Yemen, sta finanziando e armando fino ai denti ogni sorta di salafiti-jihadisti in Siria, e sta spendendo una'immensa fortuna per sostenere al-Sisi in Egitto contro ogni possibile offensiva di Daesh (Stato Islamico) e/o dei Fratelli Musulmani. 

 

Come se non bastasse, all'interno del regno, la successione è un casino reale, con il figlio trentenne di re Salman, Mohammad bin Salman, in veste di guerriero in capo, che ogni santo giorno si annuncia strepitosamente con un amalgama tossico di arroganza e incompetenza.

 

Com'era prevedibile, Riad sta seguendo ancora una volta gli ordini di Washington.

Il governo degli Stati Uniti sta freneticamente cercando di tenere basso il prezzo del petrolio per distruggere l'economia russa, usando i propri produttori per procura del Golfo Persico, che stanno pompando greggio a più non posso. Ciò equivale a non meno di sette milioni di barili al giorno sopra la quota OPEC, secondo gli intermediari petroliferi del Golfo Persico. Il governo USA ritiene di poter distruggere l'economia russa - ancora una volta - come se l'orologio fosse stato riportato al 1985, quando il surplus globale era il 20 per cento dell'offerta petrolifera e l'Unione Sovietica era impantanata in Afghanistan mentre all'interno soffriva di un'emorragia mortale.

 

Il petrolio scese a 7 dollari al barile nel 1985, e quella cifra così bassa è il punto verso cui il governo USA sta ora cercando di far abbassare i prezzi. Tuttavia stavolta il surplus globale va sopra l'offerta petrolifera per meno del tre per cento, non del venti per cento come nel 1985.

Il surplus di oggi è di appena 2,2 milioni di barili al giorno, secondo Petroleum Intelligence Weekly. L'Iran immetterà inizialmente circa 600mila barili al giorno di nuovo petrolio nel 2016. Ciò significa che a fine anno avremo un surplus potenziale da 2,8 milioni di barili.

 

Il problema è rappresentato, secondo gli intermediari petroliferi del Golfo Persico, da un esaurimento annuale del petrolio nell'ordine di sette milioni di barili al giorno, e questo non può essere sostituito con lo sprofondare nelle trivellazioni. Ciò significa che tutto il petrolio eccedente potrebbe essere spazzato via nel primo o secondo trimestre del 2016. Entro la metà del 2016, i prezzi del petrolio dovrebbero iniziare ad aumentare drammaticamente, perfino in presenza del petrolio extra dall'Iran.

 

Così la strategia del governo USA si è ormai trasformata nella metastasi del tentativo di distruggere l'economia russa prima che il prezzo del petrolio inevitabilmente recuperi. Questo darebbe al governo degli Stati Uniti uno spiraglio di possibilità che copre soltanto i prossimi sei mesi.

 

Come tutto questo si sia potuto spingere sin qui è la testimonianza, ancora una volta, dell'irresistibile forza che hanno i manipolatori di Wall Street nell'usare le forme di pagamento monetario; sono in grado di creare un crac laddove non c'è assolutamente quasi nessun petrolio in surplus. Eppure, sebbene l'Impero del Caos manipoli freneticamente verso il basso il prezzo del petrolio, esso potrebbe non andare giù abbastanza velocemente da distruggere l'economia russa.

 

Anche Reuters è stata costretta ad ammettere brevemente che il surplus di petrolio era di meno di due milioni di barili al giorno, e potrebbe anche essere, in modo allarmante, di meno di un milione di barili al giorno prima di tornare alla solita storia del petrolio "al prezzo più basso di tutti i tempi". Queste informazioni sulle vere eccedenze petrolifere finora sono state completamente censurate. Sfidano frontalmente la narrazione egemonica statunitense sui surplus che durano per sempre e sull'imminente crollo dell'economia russa.

 

Per quanto riguarda l'Arabia Saudita, è solo una semplice pedina dentro un gioco molto più maligno. Il buon senso ora stabilisce che è essenzialmente una questione di Daesh Nero (il falso "Califfato") e Daesh Bianco (la Casata dei Saud). Ma alla fine, la matrice ideologica è la medesima, decapitazioni comprese. È la fase successiva della guerra per il petrolio che potrebbe ben decidere quale dei due Daesh sarà il primo a cadere.

 

 

Fonte: https://www.rt.com/op-edge/328097-oil-saudi-iran-war-crisis/.

Traduzione per Megachip a cura di Pino Cabras.

 

NOTA


[1] Ndt: "crude tap", nell'originale, è un abile gioco di parole che può significare sia "colpetto rozzo", sia "rubinetto del greggio". Nella traduzione si sono volute tenere insieme tanto l'allusione scherzosa al tema petrolifero quanto l'accezione dello stratagemma grossolano.