La vera guerra? Contro Madre Terra
di Vandana Shiva
Il Fatto Quotidiano, 3 novembre 2016
«“La crisi
ecologica nasce dalla nostra separazione da ‘madre natura’. Ogni anello della
catena della biodiversità è minacciato di privatizzazione e mercificazione”.
Arriva in libreria “La
Terra ha i suoi diritti”, l’ultimo libro-intervista di Vandana Shiva. Ne
pubblichiamo un estratto dal capitolo “Pace, democrazia, attivismo”».
Si parla di guerra per indicare campi di battaglia come la Siria, la Libia,
l’Ucraina, l’Iraq o l’Afghanistan. Ma la più grande guerra che attualmente si
combatte è quella contro il nostro pianeta. Poche multinazionali cercano di
assicurarsi il controllo delle risorse della Terra in spregio dei più elementari
limiti etici ed ecologici. La nostra acqua, i nostri geni, le nostre cellule, i
nostri organi, le nostre conoscenze, la nostra cultura e il nostro futuro sono
direttamente minacciati come su un campo di battaglia tradizionale. Non vede
l’onnipresenza e la retorica guerriera dell’agroindustria? Che diventa palese
quando si citano i nomi degli erbicidi di Monsanto: Roundup (“retata”,
“razzia”), Machete, Lasso (“lazo”). Le industrie che producevano veleni ed
esplosivi per uccidere durante le guerre sono le stesse che oggi fabbricano
prodotti agrochimici. Negli anni Sessanta, Monsanto produceva in particolare
l’Agente Arancio, scaricato dall’aviazione statunitense sulle foreste vietnamite
durante la guerra per avvelenare gli alberi e gli uomini che essi proteggevano.
Oltre ai numerosi tumori e malformazioni provocati all’epoca, molti altri casi
fanno ancor oggi la loro comparsa.
I pesticidi hanno origine nelle armi chimiche: è utilizzando il cloro durante la
Prima guerra mondiale (per esempio nell’iprite) che sono state messe in evidenza
le proprietà insetticide dei composti a base di cloro, in seguito abbandonati,
tra cui il Ddt, largamente diffuso prima di venire proibito. In seguito,
l’ingegneria genetica ha preteso di offrire un’alternativa ai prodotti tossici.
In realtà ha incrementato l’utilizzo di pesticidi ed erbicidi. Intanto gli Stati
sostengono sempre di più i grandi gruppi nella loro marcia verso
l’accaparramento delle risorse. È emerso un potere che coalizza Stato e
industria per imporre le sue priorità al pianeta e ai popoli. Lo constatiamo
senza timore di smentita in India, dove l’esercito è regolarmente chiamato a
intervenire per espropriare le popolazioni che risiedono sui territori
adocchiati dalle imprese. Ma il metodo è identico quando manifestanti greci o
spagnoli subiscono gli assalti delle forze dell’ordine anche se non fanno che
denunciare un’evidenza: le crisi economiche, alimentari, finanziarie sono lì a
dimostrare che il sistema è agli sgoccioli e che una crescita senza limiti è
impossibile su un pianeta dalle risorse limitate.
Gli scienziati hanno annunciato che siamo entrati in una nuova era: l’Antropocene.
Ciò significa che le conseguenze chimiche, urbane, nucleari dei nostri stili di
vita rimarranno incise negli archivi geologici del pianeta per migliaia di anni.
Eppure, anche tra quanti ammettono questa verità e il dato che l’umanità si
trova in un’impasse esistono quelli che reagiscono ancora in maniera
bellicosa, per esempio con la geoingegneria. Si rifiutano di abbassare le armi
per lasciare che la natura si rigeneri e auspicano una lotta tecnologica contro
i fenomeni naturali. Progettano interventi su grande scala per influenzare il
sistema climatico e rallentare il riscaldamento: avvolgere la Terra di
particelle di solfato per raffreddare il pianeta, inseminare di ferro gli oceani
per stimolare il fitoplancton, o catturare il carbonio accumulato
nell’atmosfera.
Manipolazioni che sono frutto di una totale mancanza di umiltà e di un’arroganza
illimitata. Sono il sintomo di una perversione etica ed ecologica. Chi le
promuove vede nell’uomo, una volta di più, il proprietario e padrone della
natura, non un elemento che ne fa semplicemente parte. Di conseguenza, difendere
i diritti della Terra Madre è la lotta più importante, tanto per l’ambiente come
per i diritti umani e la giustizia sociale. Tenendo conto di tale contesto, è
questa la lotta con le maggiori chance di portare a una pace duratura e a
una situazione di stabilità.