Misericordia, un appello rivolto a tutti
Vito Mancuso
la Repubblica 2 dicembre 2015
Le parole chiave sono due: giubileo e misericordia. La
domanda invece è una sola: ci sono sensati motivi oggi perché una mente
razionale faccia sua la prospettiva di vivere all'insegna del giubilo e della
misericordia?
Dicendo "oggi" non mi riferisco solo al clima di paura dentro cui siamo immersi
ogni giorno di più; mi riferisco anche e soprattutto alla filosofia di vita che
pervade la mente occidentale da qualche secolo a questa parte rendendola
incapace di generare pace perché concepisce l'esistenza come "guerra di tutti
contro tutti" (Hobbes), "lotta per la sopravvivenza" (Darwin), "volontà di
potenza" (Nietzsche). Oggi si è perlopiù convinti che pensare in modo rigoroso
conduca necessariamente al conflitto perché già la natura nella sua intima
essenza è considerata come conflitto, mentre ogni prospettiva che invita
all'armonia viene sentita come evasione e incapacità di cogliere la realtà.
Dalla destra liberista alla sinistra neodarwinista il pensiero occidentale oggi
si muove all'insegna del detto di Eraclito "il conflitto è padre di tutte le
cose e di tutte è re" (fr. 14). Si dimentica però quanto il grande filosofo
aggiungeva, cioè che "da elementi che discordano si ha la più bella armonia" (fr.
24) e che "armonia invisibile è migliore della visibile" (fr. 27).
Il Giubileo straordinario della misericordia indetto da Francesco è una
celebrazione di quell'armonia invisibile nominata da Eraclito e a cui tutti gli
esseri umani, se aprono il cuore e la mente, possono partecipare. Nella bolla di
indizione il Papa scrive che la misericordia "è la legge fondamentale che abita
nel cuore di ogni persona quando guarda con occhi sinceri il fratello che
incontra nel cammino della vita" (Misericordiae vultus 2). Sono parole di
intenso ottimismo secondo cui ogni essere umano, se prende sul serio la luce che
pervade lo sguardo dell'altro, si apre alla dinamica della relazione
interpersonale e può superare il conflitto che abita la superficie dell'essere.
Francesco fonda l'appello alla misericordia in prospettiva cristiana dicendo che
"Gesù Cristo è il volto della misericordia del Padre". Ma non si tratta di
un'esclusiva cristiana. La Bibbia ebraica istituisce il giubileo nel Levitico e
celebra la misericordia divina nei Salmi. L'islam apre ognuna delle 114 sure del
Corano "nel nome di Dio clemente e misericordioso". Il buddhismo insegna la
misericordia mediante la dottrina delle quattro dimore divine: gentilezza
amorevole verso tutti, compassione infinita verso i sofferenti, gioia
compartecipe, equanimità. Tutte le religioni genuinamente interpretate hanno al
centro l'ideale di pace e misericordia.
Si tratta di una prospettiva cui può giungere anche la pura ragione. Guardare
gli altri con occhi sinceri significa infatti praticare l'imperativo categorico
kantiano: "Agisci in modo da trattare l'umanità, sia nella tua persona sia in
quella di ogni altro, sempre anche come fine e mai semplicemente come mezzo"
(Fondazione della metafisica dei costumi, BA 67). La misericordia solidale non è
buonismo dolciastro, è applicazione della legge etica fondamentale dell'umanità.
La quale a sua volta è riproduzione dell'armonia relazionale che informa
l'energia primordiale caotica portandola a comporre sistemi sempre più complessi
sotto forma di atomi, molecole, cellule, organi, apparati, organismi, fino allo
splendore della mente che pensa e del cuore che ama.
Papa Francesco è una mente che pensa e un cuore che ama, e per questo le sue
parole e i suoi gesti giungono come un balsamo sulle piaghe della sfiduciata
mente occidentale. Egli invita a prendersi cura dei poveri: facendo così forse
scopriremo che la vera povertà non riguarda le tasche, riguarda gli occhi e la
loro incapacità di guardare gli altri in modo sincero.