Da Gesù
alla ekklêsia
di
Adriana
Destro
e Mauro
Pesce
“Esodo”
n. 3 del
luglio-settembre
2015
1. L’effetto
sulle
donne
dello stile
di vita
di Gesù
Gesù aveva abbandonato
casa, lavoro,
famiglia,
non possedeva
nulla
e viveva
in costante
spostamento,
da villaggio
a villaggio,
alla
ricerca
di un rapporto
diretto
con
la gente.
Questa dislocazione
rendeva possibile,
tra
Gesù e
gli
altri,
una relazione
non condizionata
dalle
normali
connessioni
sociali,
nelle
quali
le donne
avevano generalmente
ruoli
subordinati
(2). Lo
stile
di vita
di Gesù
permetteva
così
alle
donne dei ruoli
più
attivi
e più
liberi
(3).
La
chiamata
di Gesù a
seguirlo
interpellava
tutti,
anche
le
donne. Ognuno era posto
davanti
alla
possibilità
di una scelta,
e ciò
poneva
tutti,
in qualche
modo,
allo
stesso
punto di
partenza.
Seguire Gesù comportava
delle
divisioni
intra
domestiche,
come
dice chiaramente
un detto
riportato
dai vangeli,
nella
forma più
antica
che è quella
di Luca:
D’ora innanzi
cinque
persone
in un oikos
si divideranno.
Tre
contro
due e due contro
tre
saranno divisi;
padre contro
figlio
e figlio
contro
padre,
madre
contro
figlia
e figlia
contro
madre,
suocera
contro
nuora e nuora contro
suocera
(Lc
12,52-53) (4).
Dal punto
di vista
del ruolo
delle
donne nel
gruppo di Gesù, due
sono i punti
da mettere
in rilievo.
Anzitutto,
secondo
Luca,
i discepoli
che
seguono Gesù
lasciando
il
nucleo
domestico
non sono solo
figli
maschi,
ma
figlie
e perfino
nuore. Emerge
la
possibilità
di un discepolato
femminile
e non solo
maschile,
una possibilità
in
genere messa
in
ombra dai
testi
evangelici,
scritti
in un periodo
in cui
la funzione
femminile
tendeva
a decrescere
nelle
chiese.
Nel conflitto
che
Luca descrive
intuiamo
che le
donne hanno iniziative
e posizioni
proprie
(5). Non sono
considerate
solo come
destinatarie
passive di
azioni
altrui.
Anche nel
caso di Giovanna,
moglie
di Cusa,
Luca sembra
pensare che
donne sposate
possano agire
senza il
proprio
marito,
o
allontanarsi
da lui
per seguire
Gesù (Lc
8,1-3).
2. Barriere
infrante.
L’interruzione
delle
funzioni
domestiche
Entrando
quotidianamente
nelle
case della
gente, Gesù
non considera
le donne
a partire
dalla
loro posizione
consuetudinaria
interna
alla
famiglia
(maternità,
lavoro,
gestione dei
figli,
dei beni
e degli
schiavi).
Esse sono donne che
lo
avvicinano
in
modo
personale,
a volte
drammatico,
spinte
da condizioni
che non dipendono
dal loro
stato
di
moglie,
madre,
figlia,
sorella
o padrona. L’azione
di Gesù nei loro
confronti
interrompe
abitudini,
crea delle
alterazioni.
In varie
occasioni,
a causa della
predicazione
di Gesù,
le donne
escono dalle
case e
lo seguono da sole
nella
sua
itineranza
(Mc
15,40; Lc
8,1-3). Questo
provoca alterazioni
nel
modello
delle
relazioni
femminili:
le donne sono
fra loro
accostate,
ma
non in una situazione
di subordinazione.
Il fatto
che donne partecipino
all’itineranza,
che implica
precarietà
sociale
e forte
penuria
di beni,
le pone
in una situazione
inedita
e talvolta
di spicco.
La
sequela
di Gesù
può diventare
per le donne
un atto
di
trasgressione
o anormalità
sociale
molto
problematica.
Il fatto
che alcune
lascino
le
loro case e
seguano
stabilmente
Gesù nel
suo continuo
spostarsi
(Lc 8,1-3;
Mc 15,40-41) è
cosa
ben diversa
dal semplice
pellegrinaggio
a Gerusalemme
nelle
feste
comandate,
che riconferma
ruoli
e relazioni
tradizionali
e usuali.
Entrare
in
rapporto con
Gesù permette
alle
donne di
infrangere
ostacoli
sociali
che
le
tengono
in secondo piano
o in
ambienti
separati.
A Marta
e
Maria,
Gesù dice che
una sola cosa
è necessaria
per una donna:
ascoltare
l’annuncio.
Maria deve
superare,
in casa
propria, rispetto
alla
stessa sorella,
la barriera
che
tiene
le
donne in disparte,
occupate
nel servizio
dell’ospitalità.
Anche la
malata
di
“flusso
di sangue”,
che riesce
ad arrivare
a
lui
approfittando
della
ressa, infrange
un confine
fra uomo
e donna, e tocca
il
taumaturgo.
Spingendosi
fino a
toccare
il
corpo di
Gesù, scatena
la
forza, la
dynamis,
del corpo
del taumaturgo,
e gliela
rivela.
La donna, con
questo
gesto, diventa
una controparte
efficace.
L’infrazione
femminile
di barriere
sociali
accresce
la
consapevolezza
dell’originalità
di Gesù.
Nel
caso raccontato
da Lc
7,39, una donna che
viene
indicata
come
“peccatrice”
decide
di esporsi pubblicamente
al pericolo
di essere
scacciata:
entra,
non invitata,
addirittura
nella
casa di un
fariseo, pur di
poter avere
un incontro
con Gesù. La
donna sirofenicia
scavalca
sia
la barriera
etnico-
religiosa,
sia
la volontà
di
Gesù di
isolarsi,
pur di ottenere
una guarigione.
L’adultera
sembra,
invece,
rassegnata. Di
fronte
al rischio
della
lapidazione
non intraprende
alcuna
mossa strategica
(6).
3. Dal
movimento
di Gesù alla
ekklêsia
Solo nei
decenni
successivi
alla
morte
di Gesù
nascono
le cosiddette
«chiese »
(ekklêsiai).
Il rapporto
personale
con Gesù viene
sostituito
da un culto
e da un’organizzazione
comunitaria
con un corpo di
credenze e pratiche.
Cessa
la sospensione
dei rapporti
tradizionali
nelle
case che Gesù provocava.
In sintesi,
cambia
sia
la
prassi
di vita
sia
l’intreccio
organizzativo.
Abbiamo
predicatori
come Paolo
che non seguono più
in
tutto
lo stile
di vita
di Gesù,
e arriviamo
poi ai
capi-famiglia,
che stanno
al vertice
di una casa-chiesa
e hanno una vita
sedentaria.
Paolo
è, si, un
itinerante,
ma
lavora.
Per Gesù,
invece,
era proprio
il
rifiuto
del
lavoro che
metteva
in
crisi
aspetti
rilevanti
della
vita
delle
case. Le
richieste
di Gesù ai
suoi discepoli
di
abbandonare casa,
lavoro,
possedimenti
e famiglia,
scompaiono
in Paolo.
Scompaiono,
del resto,
anche nel
Vangelo
di Giovanni
(7).
Gli
studi
degli
ultimi
decenni hanno
ampiamente
sottolineato
il
fatto
che il
luogo principale,
in cui si
sviluppa
il
primo cristianesimo,
sono le abitazioni
così come
sono organizzate
per la
vita familiare.
Questo fatto
non è in
discussione.
Nelle
chiese,
però, il
momento
religioso
corrisponde a
una precisa
“azione
rituale”
che, pur svolgendosi
in una casa,
lascia
intatte
le sue strutture
e ruoli
tradizionali.
In sostanza,
la riunione
collettiva
dell’ekklêsia
avviene
in
uno spazio
fisico
domestico,
in cui
le regole
della
famiglia,
della
parentela,
del
lavoro conservano
o riacquistano
valore
e spazio.
Non sono più
sospese come
avveniva
durante
l’incontro
“faccia
a faccia”
con Gesù. Gesù poneva in
atto
un sistema
utopico
di casa
(uguaglianza,
accoglienza,
vendita
dei beni,
ecc).
Dopo di
lui
il
sistema
domestico
non è utopico,
e non proietta
verso aperture.
Le
normali
regole della
vita
riguadagnano
terreno.
Ciò
significa
che i racconti
evangelici
o protocristiani
che riguardano
Gesù o le origini
riflettono
ciò che
sta avvenendo
nelle
chiese
e tendono
a mettere
in ombra
i ruoli
innovativi
che
le donne avevano
avuto
nel gruppo di
Gesù.
Tendono ad
attribuire
ruoli
subordinati
anche alle
donne che stavano
(o erano state)
con Gesù, con
i primi
predicatori
o nelle
ekklêsiai
primitive.
4. Il
mutamento
della
posizione
delle
donne nelle
case e nella
ekklêsia
A
differenza
del rapporto
che le
donne avevano
con Gesù, la situazione
che esse hanno nelle
chiese dei
loro
tempi
può essere definita
come
una ricollocazione
“in casa”
delle
donne, una riduzione
a un ruolo
“dentro”
l’ambito
domestico
(8).
a. Negli
spazi pubblici:
da donne “attive”
a “silenti”
Un brano di Paolo
impone
una funzione
subordinata
della
donna sia
in
chiesa che
in casa:
“Come
in
tutte
le assemblee
(ekklêsiai)
dei santi,
le
donne nelle
ekklêsiai
tacciano.
Infatti
non è loro
permesso di
parlare,
ma
stiano
sottomesse,
come
dice
anche
la
legge.
Se poi vogliono
imparare
qualcosa,
interroghino
a casa (en
oikô) i
loro
mariti.
Infatti
è vergognoso
per una donna parlare
nella assemblea
(en ekklêsia)”
(1Cor 14,33-35) (9).
Qui distinzione
e contrasto
tra casa
e chiesa
sono chiari.
Come anche
il
recupero tanto
in
casa, quanto
nell’ekklêsia
di antichi
modelli
della
donna sottomessa,
e della
struttura
normativa
su cui
la sua subordinazione
è basata.
Nell’ekklêsia,
le
donne sono escluse
dai sistemi
comunicativi
pubblici,
non perché non abbiano
problemi
da presentare
in
un’assemblea
o non siano
dotate
di istruzione
sufficiente,
ma
per una questione
di onorabilità
e convenienza
pubblica.
L’ekklêsia
segue i
valori
dell’onore
come
vengono normalmente
manifestati
in pubblico.
Si qualifica
come
ambito
estroverso, opposto
al nucleo
domestico,
che è ambito
introverso
e sorvegliato
dall’autorità
maschile.
Il ruolo
delle
donne cambia
in riferimento
ai diversi
compiti
assunti
dagli
uomini.
L’ekklêsia
appare
dominata
dal sapere,
status
e onore maschile.
È nella
casa che
la
donna può
esprimere
il
suo desiderio
di
imparare,
non nell’ekklêsia.
Nella
casa, tuttavia,
assume
il
profilo di persona carente
e poco istruita,
che deve
informarsi
presso chi (l’uomo)
conosce
le cose.
Siccome
la prassi
di predicazione
di Paolo
sembra permettere
uno spazio
abbastanza
libero
alle
donne (10), e siccome
Paolo riconosce
la
possibilità
di una profezia
femminile
nelle
ekklêsiai
(1Cor
11,5),
alcuni
hanno pensato
che questo
brano sia un’aggiunta
posteriore
non paolina.
Ma la
questione
non cambia
perché,
in ogni
caso,
il
passo testimonia
un’evoluzione
del primo
cristianesimo,
legata
all’opposizione
tra
ekklêsia
e nucleo
domestico.
La creazione
della
ekklêsia
e il
fatto
che le
case tornano
a essere organizzate
su base consuetudinaria,
porta a
mutamenti
che allontanano
progressivamente
dalla
situazione,
di cui
le donne
avevano goduto
mentre
Gesù era vivo.
b. Da itineranti
discepole
a itineranti
inservienti
Il racconto
della
presenza di
alcune
donne alla
crocifissione
di Gesù
nei vangeli
sinottici
sembra
testimoniare
un’evoluzione
nella
concezione
del ruolo
femminile
nelle
chiese
dell’ultimo
quarto del I secolo.
Mentre Mc 15,40-41 dice
che
le donne che
presenziano
alla
crocifissione
avevano partecipato
all’itineranza
di
Gesù
in Galilea,
Mt 27,55 afferma
che esse lo avevano
semplicemente
seguito
a Gerusalemme
dalla
Galilea
e per di
più aggiunge
che
lo servivano
(11).
La
funzione delle
donne viene
così sminuita:
depotenziando
o nascondendo la
realtà
storica
di una
vera e propria sequela.
Marco distingue
due gruppi
di donne,
quelle
che lo
seguivano
in Galilea,
e quelle
che viaggiavano
con
lui
a Gerusalemme.
Mt 27,55 e
Lc
23,49 parlano solo
di questo
secondo gruppo. Però Luca
sapeva che esistevano
donne che seguivano
costantemente
Gesù. Ne parla
in 8,1-3.
Tuttavia,
forse per
limitarne
il
ruolo,
precisa che
esse: «lo
(o li)
servivano
con i propri
beni» (8,3). Giovanni
afferma
che
«stavano
presso la croce
di Gesù sua
madre,
la sorella
di
sua
madre,
Maria
di Clèofa
e Maria
di Màgdala»
(Gv 19,26), ma
omette
l’indicazione
di Mc 15,40 che
le donne
seguivano
Gesù ovunque, e avevano
perciò una
funzione come
discepole
itineranti.
In sostanza,
nei cinque
testi
si manifesta
uno strato
più antico,
nel quale
un numero
non piccolo
di donne partecipava
in
Galilea
all’itineranza
di Gesù, e uno strato
più recente,
in cui
si occulta
questa
itineranza
delle
donne o
la si
trasforma
in un compito
servile
o gregario. Sulla
stessa
linea
si pone un altro
caso, rappresentato
da 1Cor 9,5, in cui
le donne
che stanno con
Cefa e con
i fratelli
del Signore
sembrano
avere un ruolo
subordinato
(12).
Il depotenziamento
delle
donne è dovuto
al fatto
che si è ormai
affermata
un’organizzazione
dei gruppi protocristiani
di
tipo stanziale,
che attribuisce
posizioni
e ruoli
connessi a
questa stanzialità,
i quali
dipendono
dalla
autorità
maschile
nelle
gerarchie
interne
del gruppo e dalle
specifiche
gestioni di
beni e di
risorse.
c.
Da donne “libere”
dentro
le
case a donne re-integrate
in casa
Verso
gli
inizi
del
II secolo
il
processo di re-iscrizione
delle
donne nei
ruoli
domestici
si può verificare
nel
testo
di 1Tim
5, 3-16 sulle
vedove. Il ruolo
della
donna sembra
consistere
nel vivere
le regole
della
relazione
domestica
senza
trasformarla,
ma
semplicemente
attribuendo
un valore,
un surplus religioso
alla
subordinazione
femminile.
Uno dei sintomi
di quest’evoluzione
sta nell’atto
di lavare
i piedi
ai «santi»
(membri
ordinari
o élite
dell’ekklêsia):
“Una
vedova sia
iscritta
nel catalogo
delle
vedove quando abbia
non meno
di sessant’anni,
sia
andata
sposa una
sola
volta,
abbia
la
testimonianza
di opere buone:
abbia
cioè
allevato
figli,
praticato
l’ospitalità,
lavato
i piedi
ai
santi...”
(1Tim
5,9-10). Questo
servizio
era attribuito
nelle
culture
antiche
agli
schiavi,
alle
mogli
e alle
figlie.
Era fatto
a favore del
capo di casa
e degli
ospiti
maschi,
ed era uno dei
simboli
più diffusi
della
subordinazione
sociale.
Qui,
nella
prima
lettera
a
Timoteo,
sono di nuovo delle
donne che lavano
i piedi
agli
uomini,
quando
Gesù,
invece,
aveva
tentato
di rovesciare
l’attribuzione
di questo
servizio
attribuendolo
non agli
schiavi,
ma
al
leader stesso
del gruppo (cfr.
Gv 13,1-17) (13).
Il caso della
prima
lettera
a
Timoteo
è, del resto,
parallelo
a quello
di Lc
8,1-3, che attribuisce
alle
donne che seguivano
Gesù
il
ruolo di
servire.
Anche
Gv
11, 27-32, parlando
di Marta
e Maria,
afferma
che ambedue
hanno fede
in Gesù,
e non considera
questo
fatto
come qualcosa
che interrompa
la funzione
servile
delle
donne come,
invece,
avviene
in
Lc 10,40-42, dove
Marta viene
rimproverata
per avere richiamato
la
sorella
Maria
alla
normale
funzione
domestica
femminile.
Il
Vangelo
di Giovanni
dice
che
il discepolo
senza
nome
prende
la
madre
di
Gesù
all’interno
dei suoi
possedimenti
privati,
forse
la sua
casa
(eis
ta
idia,
Gv
19,27).
La
madre
sembra,
quindi,
immaginata
all’interno
dell’ambito
domestico,
quando
invece
Mc 3,31-32
ce la
presentava
attiva
in luogo
pubblico.
Conclusione
Passando
dal
movimento
di Gesù
alla
chiesa,
a) il ruolo
attivo
delle
donne
negli
spazi
pubblici
lentamente
arretra;
b)
esse
tendono
a riassumere
nelle
case
una
funzione
subordinata;
c)
non
vengono
considerate
più
nei racconti
evangelici
come
discepole
itineranti
con
Gesù,
ma
piuttosto
come
aiutantiinservienti
del
gruppo.
Questi
processi
sono
determinati
dal
fatto
che
le norme
del
vivere
quotidiano
su
cui
si regge sia il
nucleo
domestico
sia
l’assemblea
rituale
pubblica
vengono
ad
avere
un
peso
determinante.
Cessata
la presenza
trasformatrice
di Gesù
nelle
case,
si consolida
una
forma
sociale
prima
inesistente,
l’ekklêsia,
che
non
può
non
assumere
alcuni
comportamenti
“istituzionali”
della
cultura
del
tempo
(tempi
stabiliti,
compiti
e riti,
direttive
e apparati
cultuali,
gerarchie
sociali, riunioni
formalizzate,
onore
pubblico
maschile).
Il nucleo
domestico,
non
essendo
più
esposto
agli
effetti
sconvolgenti
della
leadership
interstiziale
di Gesù,
ripristina
le eterne
logiche
della
domesticità
che ripristinano
la differenza
gerarchica
e
l’arretramento
delle
donne.
Note
1)
Rimandiamo
per
dimostrazione
esegetica
e
bibliografia
a A.
Destro-M.
Pesce,
“Dentro
e
fuori
le
case.
Mutamenti
del
ruolo
delle
donne
dal
movimento
di
Gesù
alle
prime
chiese”,
in
M.
Navarro-M.
Perroni
(a
cura
di),
I Vangeli,
narrazioni
e
storia,
Trapani,
Il
Pozzo
di
Giacobbe
2011,
290-
309.
2)
A.
Destro-M.
Pesce,
L’uomo
Gesù,
Milano,
Mondadori
2008, 42-58,
128-156.
3)
E.
Schüssler
Fiorenza,
In
memoria
di
lei,
Torino,
Claudiana
1988;
M.
Perroni,
“Discepole
di
Gesù”,
in
A. Valerio
(a
cura
di),
Donne
e Bibbia.
Storia
ed
esegesi,
Bologna
2006,
197-240.
4)
Vedi
anche
Mt
10,34-36
/ Tommaso
16.
5)
C.
Osiek-Macdonald,
A Woman’s
Place.
House
Churches
in
Earliest
Christianity,
Fortress
Press,
Minneapolis
2006.
6)
A.
Destro-M.
Pesce,
L’uomo
Gesù,
90.
7)
A.
Destro-M.
Pesce,
“Kinship,
Discipleship,
and
Movement.
And
Anthropological
Study
of
the
Gospel
of John”,
Biblical
Interpretation
3
(1995),
266-284;
“Fathers
and
Householders
in
Jesus’
Movement:
the
Perspective
of
the
Gospel
of
Luke”,
Biblical
Interpretation
11
(2003),
211-238.
8)
Secondo
E.
Schüssler
Fiorenza, In
memoria
di
lei
311,
“il
cambiamento
avvenuto
nel
II secolo”
fu
“un
passaggio
dalla
funzione
direttiva
svolta
alternativamente,
accessibile
a
tutti
i
battezzati,
ad
una funzione
direttiva
patriarcale,
limitata
agli
uomini
capi-famiglia”.
9)
C.D.
Osburn,
“The interpretation
of
1Cor
14,34-35”,
in
Id.
(ed.),
Essays
on
Women
in
Earliest
Christianity,
Joplin
College
1993,
219-242;
C.Niccum,
“The
Voice
of
the
Manuscripts
on
the
Silente
of
Women:
The
External
Evidente
for
1Cor
14,34-35”,
NTS43
(1997),
242-255.
10)
Cfr.C.
Osiek-Macdonald,
A
Woman’s
Place.
House
Churches
in
Earliest
Christianity,
229.
11)
Anche
Mc
15,41
(salvo
qualche
manoscritto)
sottolinea
che
servivano
Gesù.
Il
verbo
diaconeô
con
il
dativo,
come
in
Mt
27,55
o
Lc
8,3,
indica
“essere
al
servizio
di
qualcuno,
prestargli
aiuto,
eseguire
obblighi
nei
suoi
confronti”.
Senza
dativo,
diaconeô
esprime
non
il
significato
di
servizio
domestico
subordinato,
ma
anche
funzione
direttiva.
12)
J.G.Cook,
“1Cor
9,5:
The
Women
of
the
Apostles”,
89
(2008),
352-368:
“the
women
were
missionary
assistants
to
the
apostles”.
13)
A.Destro-M.Pesce,
Come
nasce
una
religione,
41-63.
A.Destro-M.Pesce,
“La
lavanda
dei
piedi
di Gv
13,1-20,
il Romanzo
di
Esopo
e
i
Saturnalia
di
Macrobio”,
Biblica
80/2
(1999),
240-249.