Un appello del teologo tedesco Hans Küng a Francesco per annullare il dogma
Aboliamo l'infallibilità del Papa
di Hans Küng
La Repubblica 9 marzo
È difficile immaginare che papa Francesco avrebbe fortemente voluto una
proclamazione della infallibilità papale come quella che nel diciannovesimo
secolo venne sollecitata da Pio IX con ogni mezzo. Si può invece ritenere che
Francesco (come fece a suo tempo Giovanni XXIII davanti agli studenti del
collegio greco) dichiarerebbe sorridendo: «Io non sono infallibile». Di fronte
allo stupore degli studenti, Giovanni aveva aggiunto: «Sono infallibile solo
quando parlo ex cathedra, ma non parlerò mai ex cathedra». Questo tema mi è
familiare da tempo. Ecco qualche importante dato storico, che ho acquisito di
persona e ho meticolosamente documentato nel quinto volume delle mie opere
complete.
1950: Il 1° novembre Pio XII proclama come dogma di fronte a una folla
gigantesca: «L'immacolata Madre di Dio sempre vergine Maria, terminato il corso
della vita terrena, fu assunta alla gloria celeste in anima e corpo». Allora,
studente ventiduenne di teologia, accolsi con entusiasmo questo evento.
Fu dunque un primo infallibile pronunciamento ex cathedra del supremo maestro e
pastore della Chiesa cattolica, il quale si appellò alla particolare assistenza
dello Spirito Santo, in piena conformità alla proclamazione dell'infallibilità
papale avvenuta nel Concilio Vaticano I!
1958: Con la morte di Pio XII giunge alla fine anche il secolo dell'eccessivo
culto di Maria promosso dai papi "Pii". Il suo successore Giovanni XXIII è
contrario a nuovi dogmi e la maggioranza del Concilio decide con una votazione
aperta di non promulgare un proprio decreto su Maria, anzi, mette in guardia da
manifestazioni esagerate di devozione mariana.
1965: Nella costituzione pastorale sulla Chiesa si trova - capitolo III sulla
gerarchia - l'articolo 25 sull'infallibilità, che però sorprendentemente non
viene affatto discusso. Tanto più che di fatto il Vaticano II ha proceduto a un
allargamento sconcertante, estendendo espressamente e senza motivazione
all'episcopato quell'infallibilità che il Vaticano I aveva attribuito solo al
papa.
1968: Appare l'Enciclica Humanae
Vitae sulla
regolazione delle nascite. L'enciclica, che vieta come peccato grave non solo la
pillola e i mezzi meccanici, ma anche l'interruzione del rapporto sessuale per
evitare una gravidanza, viene percepita come un'enorme provocazione. Con essa il
papa si pone in contrasto, per così dire, con tutto il mondo civilizzato,
richiamandosi al suo infallibile magistero e a quello dell'episcopato. Certo, le
proteste formali e le obiezioni materiali sono importanti, ma questa pretesa di
infallibilità delle dottrine papali non può proprio essere riesaminata a fondo?
Ne faccio un tema di discussione nel mio libro Infallibile?
Una domanda,
del 1970.
1979/1980: Revoca della mia abilitazione alla docenza in teologia cattolica. Che
si trattasse di un'azione segreta preparata nel minimo dettaglio, dimostratasi
contestabile sul piano giuridico, infondata su quello teologico e
controproducente su quello politico, è ampiamente documentato nel secondo volume
delle mie memorie, Verità
contestata.
A quel tempo il dibattito si soffermò a lungo su questa revoca della mia missio
e sulla infallibilità. Tuttavia, la mia considerazione nella comunità religiosa
non poté essere distrutta. E, come avevo previsto, le discussioni sui grandi
compiti della riforma non sono cessate. Mi riferisco al dialogo
interconfessionale, al reciproco riconoscimento delle funzioni e delle
celebrazioni eucaristiche, alle questioni del divorzio e dell'ordinazione
sacerdotale delle donne, al celibato ecclesiastico e alla drammatica crisi delle
vocazioni, e soprattutto alla guida della Chiesa cattolica. Posi la questione:
«Dove state portando questa nostra Chiesa?».
Dopo 35 anni, questi interrogativi sono attuali ora come allora. Ma la ragione
decisiva dell'incapacità di realizzare riforme a tutti questi livelli continua
ad essere la dottrina dell'infallibilità del magistero, che ha portato alla
nostra Chiesa un lungo inverno. Come allora Giovanni XXIII, anche oggi papa
Francesco cerca con tutte le forze di far soffiare un vento fresco sulla Chiesa.
E deve scontrarsi con una forte resistenza, come in occasione dell'ultimo sinodo
mondiale dei vescovi dell'ottobre 2015. Non ci si faccia illusioni, senza una
"re-visione" costruttiva del dogma dell'infallibilità un reale rinnovamento sarà
ben difficilmente possibile.
Tanto più sorprendente, allora, è che la discussione su questo tema sia
scomparsa dallo schermo. Molti teologi cattolici, temendo sanzioni come quelle
che hanno colpito me, hanno quasi rinunciato a esprimere posizioni critiche
sull'ideologia dell'infallibilità, e la gerarchia cerca, per quanto possibile,
di evitare un tema così impopolare nella Chiesa e nella società. Solo poche
volte Joseph Ratzinger vi si è richiamato, nella sua veste di prefetto della
Congregazione per la dottrina della fede. Ma, tacitamente, il tabù
dell'infallibilità ha bloccato tutte le riforme che, a partire dal Concilio
Vaticano II, avevano sollecitato una revisione di precedenti definizioni
dogmatiche.
2016: È il mio ottantottesimo anno di vita, e posso dire di non essermi
risparmiato per raccogliere i numerosi testi compresi nel quinto volume delle
mie opere complete. Ora, con questo libro in mano, vorrei rivolgere di nuovo al
papa un appello che ho più volte inutilmente lanciato nel corso di una
discussione pluridecennale in materia di teologia e di politica della Chiesa.
Imploro papa Francesco, che mi ha sempre risposto in modo fraterno: «Riceva
questa ampia documentazione e consenta nella nostra Chiesa una discussione
libera, non prevenuta e aperta su
tutte le questioni irrisolte e rimosse legate al dogma dell'infallibilità. Non
si tratta di banale relativismo, che mina i fondamenti etici della Chiesa e
della società. E nemmeno di rigido e insulso dogmatismo legato
all'interpretazione letterale. È in gioco il bene della Chiesa e dell'ecumene.
Sono ben consapevole che a lei, che vive "tra i lupi", questa mia preghiera
potrà sembrare poco opportuna. Ma lo scorso anno lei ha coraggiosamente
affrontato malattie curiali e perfino scandali, e nel suo discorso di Natale del
21 dicembre 2015 alla curia romana ha ribadito la sua volontà di riforma:
"Sembra doveroso affermare che ciò è stato - e lo sarà sempre - oggetto di
sincera riflessione e decisivi provvedimenti. La riforma andrà avanti con
determinazione, lucidità e risolutezza, perché Ecclesia
semper reformanda".
Non vorrei accrescere in modo irrealistico le aspettative di molti nella nostra
Chiesa; la questione dell'infallibilità nella Chiesa cattolica non può essere
risolta dal giorno alla notte. Ma per fortuna lei è più giovane di me di quasi
dieci anni e, come tutti ci auguriamo, mi sopravvivrà.
E certamente comprenderà che io, da teologo alla fine dei miei giorni, sostenuto
da una profonda simpatia per lei e per la sua azione pastorale, abbia voluto,
finché sono in tempo, esporre la mia preghiera per una libera e seria
discussione sull'infallibilità, motivata come meglio posso nel presente volume:non
in destructionem, sed in aedificationem ecclesiae, "non per la distruzione,
ma per l'edificazione della Chiesa". Per me personalmente sarebbe la
realizzazione di una speranza mai abbandonata».
(Traduzione di Carlo Sandrelli)
Il testo è un'anteprima del quinto volume dell'opera omnia di Küng Unfehlbarkeit
in uscita in Germania.