Strutturazione delle
comunita' cristiane fino alla prima meta' del II secolo.
di Franco Barbero
da Esodo n° 3
In “cdb informa” n° 56 giugno 2013
Oggi,
specialmente per un credente adulto, diventa fondamentale porsi la domanda su
quale continuità o discontinuità si sia verificata tra l'evento Gesù di Nazaret
e l'esperienza cristiana istituzionale. Leggendo l'ultima preziosa opera di
Giovanni Filoramo ( La croce e il potere. I cristiani da martiri a persecutori,
Laterza 20 Il)
siamo condotti a visitare sentieri molteplici e contorti, a constatare una
tragica parabola fino al ribaltamento "imperiale".
In queste brevi note mi limiterò a poche riflessioni su alcuni sviluppi del movimento di Gesù dalla fine del I secolo fino alla separazione dall'ebraismo. Infatti il cristianesimo, nato nel seno del giudaismo, nella seconda metà del II secolo, a conclusione di un percorso doloroso e niente affatto contenuto e presupposto dai suoi inizi, ruppe quasi ovunque con la tradizione che lo originò. I percorsi furono molteplici.
Qui prendo in considerazione soltanto alcuni passaggi di cui ci lasciano testimonianza le cosiddette "lettere pastorali" di Tito e Timoteo. Esse, probabilmente redatte all'alba del II secolo, documentano un laboratorio comunitario in cui far tesoro dell' esperienza giudaica dalla quale ci si allontana e, nello stesso tempo, evidenziano il tentativo di raccogliere le sfide del mondo greco-latino in un rapporto ora di armonia ora di dissonanza.
Quanto più le comunità si separano dalla casa materna del giudaismo, tanto più si accentua il bisogno di darsi un perimetro di appartenenza, un ossatura dottrinaria, uno scheletro strutturale .....
Le "lettere pastorali" raccolgono prevalentemente esortazioni, istruzioni, consigli e direttive per un responsabile di comunità che funga da ponte verso l'intera famiglia comunitaria. Si tratta, come è evidente, di un "discorso indiretto" che non si ferma ai soli Tito e Timoteo, primi destinatari delle lettere. Proprio per questa preoccupazione ecclesiale, i tre scritti ( 1-2 Timoteo e 1 Tito) furono qualificati fin dal secolo XVIII come "pastorali": "L'insieme degli argomenti oggetto del dibattito sull'autore e sui destinatari ha dunque condotto a considerare le epistole pastorali come scritti pseudoepigrafici, redatti verosimilmente al volgere del primo secolo della nostra era in Asia Minore (vicino ad Efeso?) da un responsabile delle comunità paoline. La pseudoepigrafia è quel procedimento di scrittura in uso nell' antichità che, fa circolare una nuova opera sotto il nome di una figura gloriosa del passato; permetteva di confermare la fedeltà dell' autore all'apostolo, e di rispondere al bisogno di attualizzame il messaggio per una diversa situazione " (Yann Redalié ).
LA NUOVA SITUAZIONE
Le comunità abitano nuovi spazi in modo stabile e intanto la venuta del regno di Dio non è più nell'orizzonte immediato. Occorre pensare ad un tempo che può profilarsi lungo in un mondo per molti versi percorso da culture, etiche, comportamenti, filosofie e strutture con cui occorre fare i conti in una situazione di sedentarietà, di compresenza, di dialogo e di conflitto. Si tratta di attrezzarsi per essere fedeli nel tempo alla propria 'identità in un contesto di affascinanti e travisanti differenze. E' in questo contesto che le lettere pastorali ci lasciano intendere un certo arroccamento in cui la comunità diventa "colonna e fondamento della verità". Si tratta soprattutto di "conservare il deposito". Anzi, all'interno della comunità si stabilisce una certa disciplina e si costruisce un "ordine" che s' avvale dell' eredità giudaica, ma soprattutto accetta le sfide della cultura ellenistica là dove esse sono componibili e compatibili con l'ordine della "casa".
LA CENTRALITA' DELLA CASA
Nelle lettere pastorali la comprensione dalla chiesa come casa di Dio ne fa il luogo strutturante della vita dei credenti e insieme la metafora del loro vivere nel mondo. "Questa centralità della casa viene confermata negli Atti, dove tutti i grandi momenti dell'inizio della storia cristiana accadono in casa ..... Base della vita comunitaria e della missione, la casa adempie una funzione essenziale. Permette lo svolgimento del culto, il raduno dei credenti, l'alloggio dei missionari ..... e il successo della missione e la diffusione del cristianesimo di città in città sono legati alla conversione non solo di individui, ma di case intere, che diedero alla fede nuovo luogo e spazio ..... (Yann Redaliè).
L'ORDINE DELLA CASA
"Se uno desidera l'ufficio di sorvegliante- vescovo, desidera un buon lavoro. Bisogna dunque che il vescovo sia irreprensibile, marito di una sola moglie, sobrio, assennato, prudente, ospitale, atto ad insegnare, non dedito al vino, non violento, non avaro, ma mite, non litigioso, non amante del denaro; uno che governi bene la propria famiglia e tenga i figli in sottomissione con ogni decoro (ma se uno non sa governare la propria famiglia come potrà aver cura della chiesa di Dio ?) Similmente i diaconi ..... Anche le loro mogli siano dignitose ... sobrie e fedeli in ogni cosa ... "(1 Timoteo 3,1-6).
Passi come questi si ripetono continuamente nelle tre lettere pastorali. Esse stabiliscono un ordine che fa propri i "codici domestici" delle culture del tempo, integrati da altri tipi di elenchi come cataloghi di doveri, di vizi, di virtù .... Le relazioni che vigono nella casa greco-romana debbono valere anche nella comunità ed è
identico il vocabolario con cui esse vengono designate: sottomissione, rispetto, morigeratezza, autorevolezza e fermezza....
Oggi è facile riscontrare una contraddizione stridente ed una distanza incolmabile tra il messaggio radicale di Gesù rispetto alle donne e alla libertà dei credenti con questo ordine della casa. Ma non sarà inutile ricordare che queste mediazioni nella realtà delle città imperiali rappresentavano già l'assunzione delle migliori e più antiche saggezze e filosofie. Un certo decoroso spazio viene creativamente riservato ai vecchi e alle vedove, per lo più scarsamente accuditi ed assistiti in quelle società. Del resto, un certo ordine viene motivato anche dalla presenza dei "falsi dottori" dai quali era prescritto un totale allontanamento. Esisteva anche, secondo il redattore delle tre lettere, un'altra esigenza. Accanto alla motivazione soteriologica dell'etica (uno stile di vita coerente con la salvezza ricevuta ed attesa) si esprime la preoccupazione del giudizio esterno per cui il vescovo deve avere una buona testimonianza da quelli di fuori (1 Timoteo 3,7). Certi comportamenti potrebbero costituire" occasione di maldicenza", di "disprezzo della parola di Dio" e" screditare il nome di Dio e l'insegnamento".
Per il nostro autore-redattore, quindi, molte motivazioni sorreggono la decisione di stabilire un ordine preciso della casa. Fuori di esso si è tagliati come rami secchi dalla vita comunitaria .
Come lettori e lettrici di oggi non possiamo non constatare che le donne e gli schiavi hanno pagato il prezzo più alto di questa mediazione al ribasso. La sottomissione è diventata in qualche modo la prima virtù. Anche il dissenziente diventa una alterità incompatibile con l'ordine della casa e si trasforma in escluso ed "eretico".
VESCOVO, PRESBITERO E DIACONO?
Il vocabolario con cui vengono indicati i ministeri e i titoli di vescovi (episcopi) e anziani (presbiteri) e diaconi designa una organizzazione esistente e ben nota all'interno delle comunità. Sarebbe però ingenuo assegnare a questi ministeri il significato e la portata che essi hanno assunto a partire dalla metà del II secolo. Non possiamo ancora parlare di una divisione tra clero e laici e di una gerarchia con gradi discendenti ben precisa. Taluni di questi ministeri sono probabilmente sinonimi. Non è irrilevante che non venga mai usato il termine "sacerdote".
Vedervi un "protocattolicesimo"( come una retroproiezione delle strutture del cattolicesimo dei secoli successivi) forse ci espone al rischio di guardare e leggere un vocabolario e una realtà del passato con gli occhi e le categorie di oggi. L'ordinamento, per dirla con il teologo Eduard Schweizer, non è ancora una gerarchia. Non è ancora avvenuta quella "mutazione genetica", quella evoluzione- involuzione che segnerà il tramonto della concezione carismatico- ministeriale a tutto vantaggio di quella gerarchica-sacerdotale-sacrale. Tuttavia si apre qualcosa di più di uno spiraglio verso la costituzione e la costruzione di una "casta" dirigenziale che comprime la libertà dello Spirito e dei credenti.
Tale accentuazione dell'importanza della struttura non ha rischiato di oscurare la centralità del messaggio? Ci si può domandare se e quali altre strade fossero allora possibili davanti all'attacco della gnosi e dei "falsi dottori" e davanti al pericolo di dissolvenza di queste comunità. Ma è innegabile che avviene uno "spostamento"del centro della vita comunitaria.
Sembra evidente che questa"organizzazione" abbia costituito uno dei fattori che permise alle comunità di resistere nel tempo, di avere successo, espansione ed dentità. Le vie dell'Impero favorirono il diffondersi di questo nuovo tipo di comunità religiosa tanto che già Paolo, appoggiandosi alla diaspora giudaica, riuscì a portare il "suo vangelo" nelle città dell'Impero: "Nel corso del secondo secolo, il cristianesimo prese le distanze dalla propria matrice giudaica soprattutto in conseguenza del tragico esito che ebbe la rivolta ebraica del 132-135 conclusasi con una dura sconfitta dei ribelli .... .I vari gruppi cristiani attivarono allora un duplice processo di definizione identitaria ..... " e le comunità cristiane ebbero successo con "un tipo di chiesa istituzionalizzata, in cui era emersa la figura di un nuovo tipo di leader religioso, il vescovo, dotato di poteri vastissimi sul suo gregge. Questo tipo di Chiesa si diede un assetto ideologico stabile, ruotante intorno a un patrimonio dottrinale, il 'deposito della fede' ..... Chi non l'accettava, venne condannato come eretico .... Verso l'esterno, le varie comunità, attraverso alcune figure di spicco come Giustino, si posero il problema di trovare una forma di riconoscimento presso il potere politico ..... "(Giovanni Filoramo). Questo progressivo passaggio da "ministro sorvegliante" a vescovo capo, che concentrava su di sé un potere sempre crescente, fu determinante per il futuro, le fortune e le "disgrazie" della "Grande Chiesa" .... Ma le mie righe si fermano qui come semplici accenni a questa prima tappa, che segnò in profondità la vita delle comunità e determinò una svolta rispetto alle origini.
ALCUNE NOTE BIBLIOGRAFICHE
o EDUARD SCHWEIZER, La comunità e il suo ordinamento nel Nuovo Testamento, Gribaudi Editore, Torino 1971.
o BRUNO CORSANI, Introduzione al Nuovo Testamento, volume 2 .. Claudiana , Torino 1998.
o A cura di DANIEL MARGUERAT, Introduzione al Nuovo Testamento, Claudiana, Torino 2004,. In particolare gli studi di YANN REDALIE'.
o PAUL MATTEI, Il cristianesimo antico. Da Gesù a Costantino, Il Mulino, Bologna 2012.
o GIOVANNI FILORAMO, La croce e il potere. I cristiani da martiri a persecutori, Editori Laterza, Roma-Bari 2011.