Da Gesù al cristianesimo

 

Di don Franco Barbero

 

sbobinatura e adattamento non rivisti dall’autore 

 

In “cdb informa” n° 60 gennaio 2015

 

Da Gesù al cristianesimo c’è un passo o c’è un continente? Sono la stessa cosa o sono addirittura due cose diverse? Ecco la domanda.  Per molti preti e per molti teologi, strutture ufficiali cattoliche e protestanti questa domanda potrebbe apparire scandalosa perché per essi è di un’ovvietà incontrovertibile il fatto che il cristianesimo discenda da Gesù, che lo ha fondato e voluto.

Attualmente una corrente sempre più numerosa di studiosi e di teologi pone dei grandi interrogativi rispetto a questa concezione tradizionale. Noi abbiamo l’idea di Gesù fondatore del cristianesimo: ecco dove sta il grande nodo! facciamo risalire quasi automaticamente a Gesù l’attuale struttura e conformazione del cristianesimo: che esista una chiesa cristiana, dei sacramenti, un tipo di organizzazione, che esistano delle verità sulla sua figura, noi riteniamo che tutto questo lo abbia voluto Gesù, lo abbia determinato Lui. La storia ci dice che questa domanda è stata posta ormai da molti secoli, inizialmente dai movimenti pauperistici, parecchi dei quali furono perseguitati e messi al rogo. Molti si domandarono, di fronte agli scandali e alla ricchezza dell’alto clero, se la Chiesa fosse ancora sulla strada di Gesù. Era una domanda sul piano etico, che però sollevò molte inquietudini. Taluni dissero che Gesù non era mai stato  dalla parte dei potenti, non avrebbe approvato i roghi, non avrebbe voluto che chiunque dissentisse venisse punito, non avrebbe fatto differenze tra uomini e donne, o diviso in “santi” e “dannati”. La chiesa ha sempre aggirato queste domande parlando della condizione generale di peccato e di fragilità umana, dicendo che Gesù aveva additato un ideale di vita, ma era difficile da attuare, solo pochi lo riuscivano a realizzare.

Più tardi sono iniziati gli studi ed alcuni si domandarono le origini dei sacramenti: il battesimo e l’eucarestia sono nel Nuovo Testamento, ma gli altri quando sono nati? Lavorando sui documenti gli storici videro che erano nati nell’un-dicesimo secolo; prima furono 8, poi 14. Nel 1215 compare per la prima volta: “sono sette”. Alla fine del Concilio di Trento si dice: “sono 7, né più, né meno”. Era la prova di un processo storico che dimostrava che non tutti provenivano da Gesù. Molti, nei secoli successivi, si domandarono cosa volesse dire che Gesù è “figlio di Dio”. Vennero date risposte diverse: Gesù era un agente di Dio, un suo testimone, un profeta del regno, colui che ha ricevuto da Dio una vocazione particolare. Gli studiosi del primo Umanesimo, ai quali dobbiamo queste elaborazioni iniziali e studi dei documenti antichi, riscoprirono che nel terzo e quarto secolo la maggioranza pensava che Gesù non fosse Dio. Poi venne il concilio di Nicea, ma le differenze di valutazione sulla persona di Gesù continuarono per molto tempo; c’era un  plurale di cristologie.

 E sull’eucarestia si domandarono: “mangiamo davvero Gesù?”. Il sinodo di Vercelli dell’XI secolo disse: “no, è un simbolo, una figura”.

E la morale? Le seconde nozze sono o no lecite? Nel vangelo di Marco c’è scritto di no, nel vangelo di Matteo c’è scritto di sì, Paolo dice che si può: se i due non vanno d’accordo, meglio separarsi. Gli studiosi scoprirono che c’èra un plurale d’interpretazioni e questo implicava che probabilmente Gesù non avesse istituito i sacramenti, ma che sul suo vissuto si siano esperite, tentate, elaborate delle interpretazioni. Egli non aveva trasmesso delle norme rispetto alle celebrazioni, ai dogmi.

Di fronte a tutte queste domande, voi capite l’importanza della moderna ricerca sul “Gesù storico”: essa ci testimonia che molte delle strutture ecclesiali e teologiche non hanno niente a che fare con Gesù; talvolta sono assolutamente delle creazioni storiche, altre volte sono addirittura contro di Lui. Notate che questi studi sono sorretti da due pilastri: uno è la scienza, l’altro è la fede. Questa ricerca è stata fatta da credenti e non credenti, ma in larga misura è sorretta dalla fede di molti credenti, donne e uomini, studiosi, che hanno detto: “a noi interessa davvero la figura di Gesù, è il fondamento della nostra fede; per noi è importante capire il più possibile chi è stato, che cosa ha rappresentato la sua vita, quale è stata la sua fiducia in Dio, il suo insegnamento, la centralità del suo messaggio”. Questa ricerca non muove solo dalla curiosità o dalla scienza, che per la carità è fondamentale, ma è animata, in moltissimi casi, da una grande fede. La scienza ha dato un apporto straordinario alla religiosità  ed alla ricerca biblica. Sono stati  scoperti papiri e documenti. Che cosa è venuto fuori da Cumran, da Nag Hammadi e da tutto l’Egitto? Sono emersi  libri della Bibbia, vangeli apocrifi, scritti, lettere apostoliche. Gli studiosi non finiscono mai di scoprire nuovi testi che noi non avevamo, fino a trenta/quaranta anni fa. Le scoperte che si stanno facendo in Egitto  e in altri luoghi continueranno nei prossimi anni, non finiranno. Vedrete quanti altri scritti usciranno! Dopo  tutte queste scoperte è un fiorire di studi, che sono per noi una grandissima ricchezza.

Un’altra riflessione che volevo fare parte dal libro degli Atti, cap.11 versetto 26, dove si parla di “cristiani” ad Antiochia.  “Vedete - dicono - c’erano i cristiani negli anni ’90!”. Certo che c’erano, ma erano come i Sadducei, i Farisei, gli Esseni, erano una branca dell’ebraismo, erano un “partito” religioso al suo interno.

I passi polemici che ci sono in Paolo e in Matteo contro i farisei, contro gli scribi non sono contro un’altra religione, dicono gli studiosi, sono le polemiche culturali, teologiche dentro il giudaismo del tempo, quindi completamente ebraiche. Vi era una varietà incredibile di posizioni! Abbiamo usato i conflitti di Gesù con i farisei come prova che aveva fondato il cristianesimo. No! Gesù era dentro l’ebraismo, si pensava ebreo, pregava da ebreo, era veramente e interamente ebreo.

Gesù non è il fondatore del cristianesimo! Era un profeta escatologico il quale pensava che tale era il male in quel momento in Israele, che Dio sarebbe intervenuto nella storia, l’avrebbe affrontato e risolto. Gesù visse e morì con la speranza di un regno di Dio imminente, credeva, cioè, che Dio non potesse più sopportare l’ingiustizia e che in qualche modo avrebbe ristabilito un’umanità nuova, a partire da Israele. Pensava di essere stato mandato per le pecore perdute d’Israele e che lì doveva dare la sua vita, per preparare il tempo della venuta del Regno, della giustizia. Questo è molto importante: occorre ricollocare il Gesù storico dentro l’ebraismo.

Certo non era l’unico a pensare queste cose, vi era stato il Battista: Gesù veniva dalla sua scuola; vi erano stati altri profeti itineranti ed escatologici: erano in molti a pensare che Dio non potesse più sopportare tanta oppressione, ingiustizia, povertà e che sarebbe intervenuto a favore dei più deboli!

Gesù pensava che il regno di Dio fosse imminente, che sarebbe venuto durante la sua stessa vita, probabilmente. Ma questo è un dato culturale del suo tempo. A noi di Gesù interessa il messaggio, non tanto che abbia sbagliato i tempi!  Egli vuole rinverdire, rinnovare la religione ebraica. Pensa che gran parte dei sacerdoti e degli scribi abbiano tradito, e allora va nella sinagoga, nei villaggi, predica questo Dio accogliente, inclusivo, che non fa differenza fra uomo e donna. Perciò non sono le regole che ci salvano, ma la fiducia nell’amore accogliente di Dio, nel suo perdono. Gesù non era solo in questa predicazione, altri profeti avevano detto cose simili, ma Lui le porta alle estreme conseguenze, rompe i confini che la religione ebraica ufficiale aveva tracciato. Dobbiamo dire che non era un caso che si riferisse sempre ad Isaia ed ai profeti.

Gesù non è il fondatore di nessuna nuova religione; ha invece pensato una pratica di vita nuova. Noi cristiani ci riferiamo a Lui ed abbiamo dato vita ad una religione. Nel bene o nel male questo è un dato storico, ma una cosa è avere in Gesù il riferimento e fare di Lui il capostipite di una religione - questo è avvenuto storicamente, non possiamo saltare i secoli - altro è fare del riferimento il fondatore: sono due cose molto diverse!

Gesù non aveva una volontà fondativa, non ha dato delle regole per dopo, ma ha detto: “tra di voi non sia così, siate fratelli e sorelle, non attaccatevi alle ricchezze, privilegiate gli ultimi”. Ha dato le “regole del regno”, potremmo dire, i “comportamenti” del regno.

Che cosa è avvenuto quando Lui è morto? I discepoli erano rimasti impressionati soprattutto da due aspetti della personalità di Gesù: la sua estrema parzialità, sempre dalla parte dei deboli, si era messo assolutamente dalla parte della gente, diremmo noi oggi, di chi è calpestato, oppresso, squalificato moralmente, la gente perduta. L’altra cosa che aveva impressionato allo stesso modo e con pari intensità era la sua fiducia totale in Dio: nei vangeli 12 volte si parla di Gesù che si ritira a pregare, a benedire Dio, nella più piena fiducia in Lui. Questa sorgente è diventata la sua “forza terapeutica”. La sua preghiera era come chi va al pozzo per attingere l’acqua della salute. Fondamentale è stata l’opera terapeutica di Gesù,del Gesù taumaturgo; il suo contatto era liberatorio e talmente pieno di Dio che lo riversava su tutti, aveva una tale fiducia in Dio che nel contatto con le persone trasmetteva questa fiducia radicale, tant’è che i discepoli diranno: “Signore insegnaci a pregare” e lui dirà “Padre nostro …”. Tutte le sue preghiere sono prese dal Primo testamento , Egli le collezionerà dando di Dio un idea sorgiva, amorosa, accogliente, includente.

Gesù è sconfitto e muore sulla croce, ma i discepoli non dimenticheranno questo maestro che aveva detto loro: “Dio non mi abbandonerà”. Dopo il dolore e un primo sbandamento lo penseranno come il risvegliato da Dio, il risorto.

Si organizzeranno per portare avanti il progetto di Gesù, la sua pratica di vita, la strada che aveva indicato e non possono pensarla che all’interno dell’ebraismo. Saranno un nuovo gruppo, come lo erano i Farisei, gli Scribi, gli Esseni, saranno i discepoli del Nazzareno. Ma si troveranno assolutamente impreparati: Gesù non aveva dato loro una teologia, delle regole: “quando non ci sono io sei tu che comandi, sei tu che organizzi”. Non avevano né una teologia né un’organizzazione, né un modo perentorio di risolvere alcuni problemi: “Si annuncia il vangelo solo ai giudei o anche ai pagani? Si applicano le regole del giudaismo a tutti o no?”. Giacomo, il fratello di Gesù, penserà l’annuncio del van- gelo solo all’interno del giudaismo, Paolo era invece per l’annuncio anche ai pagani, le prime comunità si domanderanno se tutti dovevano osservare i precetti della legge di Mosè (non mangiare le carni proibite, farsi circoncidere ecc.).  Per Pietro la legge andava osservata, ma non imposta come un giogo. I problemi erano grandi e così fiorirà una pluralità di posizioni, di concezioni. Gesù non aveva chiarito questi problemi, aveva insegnato ad amare e ad accogliere tutti. Si raduneranno a Gerusalemme per risolverli, ma non andranno tutti d’accordo! Giacomo, che è quello che presiederà, cercherà una mediazione che renderà possibile l’annuncio ai pagani. Ma per lungo tempo si confronteranno le diverse concezioni sulla figura di Gesù, per alcuni il Messia atteso, per altri un profeta d’Israele, il profeta centrale.

Il cosiddetto cristianesimo era una branca  interna al giudaismo, con posizioni e teologie diverse. Nella metà del II secolo, a partire dagli anni 120 / 180 avviene una novità: nelle maggiori comunità, quelle di cui abbiamo notizia dagli studi, si profila il cosiddetto “sistema religioso autonomo”, che avviene, secondo gli studiosi, quando ci si stacca dal braccio che ti ha originato e diventi una religione con i propri riti, la propria teologia e una propria identità. In quella seconda parte del II secolo nasce il cristianesimo come religione separata dall’ebraismo.

I cristiani non sono più una branca dell’ebraismo, ma sono invece una religione autonoma, in cui cresce il processo di venerazione di Gesù identificato come il Messia: non più il Messia d’Israele, ma il nostro Messia. Più tardi prevarranno le categorie filosofiche greche ed avverrà l’identificazione con Dio nella concezione trinitaria.

Nel II secolo si strutturano i riti e, mentre nel libro degli Atti si dice: “andavano unanimi al tempio”, nelle sinagoghe si recavano normalmente, come ci testimonia Paolo. Si separano i luoghi di culto, nasce la “casa”, la “Domus ecclesiae”. Mentre prima si radunavano nelle case per alcuni momenti, come facevano anche gli Esseni e i Farisei, però poi andavano tutti al Tempio, ora non si frequentano più le sinagoghe, avviene la separazione. Il tragico epilogo di questo processo si avrà nel III secolo quando nascerà l’accusa ai giudei di deicidio, che prenderà grande vigore nel IV e V secolo, creando le basi di quel tragico antisemitismo che sfocerà nella Shoah.