Macron, un trionfo col 16%
di Carlo Clericetti
(pubblicato su Repubblica.it il 19 giu 2017)
E’ la percentuale di aventi diritto al voto che gli è bastata per conquistare la maggioranza assoluta del Parlamento, il 53% dei seggi (308, a cui si aggiungono i 42 dell’alleato MoDem). I socialisti hanno convinto il 5,7% dei votanti, cioè appena il 3,5% dell’elettorato, mentre la sinistra di Melenchon ha un risultato non disprezzabile ma non decolla. Il più forte partito d’opposizione (113 seggi) è di destra come il governo
Il tempo di un brindisi paneuropeo e delle elezioni francesi già non si parla quasi più. Senza nemmeno aver aggiornato gli ultimi dati sui votanti e sulla distribuzione dei seggi, che pure qualche importanza ce l’hanno. Persino sui giornali francesi non è facile trovare una descrizione precisa dei risultati: non è male questo articolo di Le Monde, ma persino la titolatissima testata incorre in qualche imprecisione.
Eppure bastava fare come ha fatto l’amico Maurizio Benetti, di cui qui sfrutterò il lavoro: consultare i dati ufficiali del ministero degli Interni francese. Una piccola fatica non inutile.
Per esempio, quanti seggi ha preso alla fine Macron? 370, 350? No, 308. E’ sempre il 53% dei seggi, quindi la maggioranza assoluta solo col suo En Marche!, il che è comunque un risultato clamoroso per un partito nato da nemmeno un anno. Però non è il 70% di cui si è favoleggiato nei sondaggi e in qualche exit poll, e i seggi non sono 350 come scrivono quasi tutti: a quel livello si arriva aggiungendo i 42 del partito alleato MoDem.
Ma quello che più di tutto fa riflettere è con quale percentuale degli aventi diritto al voto Macron ha ottenuto questa maggioranza: il 16,55%. E non vale l’ipotesi che ciò sia dovuto all’astensionismo che – dopo il record storico del primo turno – è aumentato ancora al ballottaggio, perché magari si dava per scontato il risultato. L’aumento è fisiologico se relativo ai candidati che non hanno passato il turno, perché magari i loro elettori non hanno voluto scegliere altri. Ma Macron ha preso più voti rispetto al primo turno, quindi si deve supporre che abbia fatto il pieno di chi voleva sceglierlo. E quel “pieno” si è fermato, appunto, a poco più del 16%. Ecco comunque una tabella riassuntiva dei dati più importanti (grazie a Benetti).
Sarà interessante vedere come si orienteranno i socialisti, ridotti a miseri 29 seggi, che al primo turno avevano raccolto nientemeno che il 3,5% degli elettori e il 7,5 dei votanti, e al secondo il 5,7% dei votanti. Il segretario si è dimesso prima ancora che arrivassero i risultati definitivi del voto. La domanda è: continueranno sulla linea Hollande-Valls (il Renzi d’Oltralpe), che ha dato questi splendidi risultati? O si ricorderanno che l’alternativa alla destra è la sinistra, che è una cosa diversa da quella che hanno praticato finora?
Di certo hanno fatto danni terribili allo stesso concetto di “sinistra”. Non è andata bene neanche “La Francia ribelle” di Jean-Luc Melenchon, che pure al primo turno delle presidenziali aveva sfiorato il 20% e a questo primo turno si è fermato all’11% dei votanti (al secondo è sceso a poco meno del 5, ma perché se ne sono andati i voti dei collegi dove non era ai ballottaggi). Per carità, è un risultato che la residua e frammentata sinistra italiana non può neanche sognare, ma non si può dire certo che abbia sfondato.
In Francia ci sarà così un governo di destra che ha la maggioranza assoluta in Parlamento e l’unico partito d’opposizione di una certa consistenza anch’esso di destra: Les Republicains (il partito che fu di Sarkozy) hanno infatti evitato la débâcle e possono contare su 113 seggi. Per i francesi delle classi più svantaggiate si prospettano tempi duri, ma è quello che hanno scelto. E che probabilmente, anche se in modi diversi, succederà anche in Italia.