"Ecco i 200 preti pedofili d'Italia", lo scandalo che imbarazza la Curia
di EMILIANO FITTIPALDI
la Repubblica del 16 gennaio 2017
Dagli abusi in parrocchia alle coperture dei vescovi e dei porporati: nel nuovo libro di Emiliano Fittipaldi la mappa della piaga che ancora affligge la Chiesa
METTENDO sotto
la lente d'ingrandimento cronache di provincia degli ultimi mesi, carte
giudiziarie fresche di cancelleria e documenti parrocchiali si scoprono tanti
tasselli. Guardando il mosaico da una certa distanza, il disegno diventa più
chiaro. Partiamo prendendo un treno verso la punta del tacco d'Italia. In
Calabria, vicino a Reggio, c'è don Antonello Tropea, già padre spirituale del
seminario di Oppido Mamertina, che nel marzo 2015 viene trovato dalla polizia in
un'auto con un diciassettenne conosciuto grazie alla app Grindr usata per
incontri gay. Venti euro il costo della prestazione. Indagato per prostituzione
minorile, il don continua a fare il prete, confidandosi di tanto in tanto con il
suo vescovo, monsignor Francesco Milito. "Evita di parlare con i carabinieri di
queste cose" gli suggerisce il superiore senza sapere di essere ascoltato.
Sempre in Calabria, nella diocesi di Locri, c'è il vescovo Francesco Oliva,
nominato da Francesco nel 2014: è lui che nel 2015 manda in una parrocchia a
Civitavecchia un suo sacerdote, don Francesco Rutigliano, che la Congregazione
per la dottrina della fede ha in passato sospeso per quattro anni, nel 2011, per
"abuso di minore con l'aggravante di abuso di dignità o ufficio, commesso nel
periodo tra il 2006 e il 2008" obbligandolo alla "celebrazione di 12 Sante Messe
con cadenza mensile a favore della vittima e della sua famiglia ".
A Ostuni, c'è Franco Legrottaglie, condannato nel 2000 per atti di libidine
violenta su due ragazzine, mai sfiorato da processi canonici, e in seguito
designato nel 2010 dal vescovo emerito Rocco Talucci cappellano dell'ospedale e
prete in una chiesa del paese: nel maggio 2016 è stato pizzicato con 2.500
immagini pedopornografiche conservate sul computer in cartelle con i nomi dei
santi. Ha lanciato una moda: anche don Andrea Contin, indagato a Padova per
induzione alla prostituzione, etichettava i filmini hard a cui partecipavano le
sue amanti con i nomi dei papi.
A Catania c'è un sacerdote che ad agosto 2016, già sospeso dalla curia dalle
attività pastorali, avrebbe minacciato con un coltello alla schiena un
quindicenne costringendolo a rapporti sessuali. Poi c'è don Siro Invernizzi, che
nel 2013 è stato mandato dal vescovo di Como a fare il viceparroco a Cugliate,
vicino Varese, nonostante i due anni con la condizionale patteggiati per aver
approcciato in strada un ragazzino rom di tredici anni che si prostituiva. E
ancora: a Grosseto c'è un sacerdote rinviato a giudizio nel luglio 2016 per
molestie a tre ragazzine, a cui avrebbe rivolto "attenzioni troppo intime". A
Pietrasanta, in Versilia, dalla scorsa estate c'è un'altra indagine (ancora in
corso) su un prete straniero appartenente all'ordine dei Carmelitani: la curia
generalizia di Roma è stata citata in sede civile come responsabile dei danni
per non aver esercitato il controllo sul religioso [...].
Negli ultimi due lustri, contando solo i condannati e gli indagati, sono oltre
200 i sacerdoti italiani denunciati per atti di lussuria con adolescenti. Molti
di più di quelli che hanno scoperto i cronisti del Boston Globe che diedero il
via all'inchiesta Spotlight del 2002... Eppure in Italia lo scandalo non è mai
esploso, a differenza che negli Stati Uniti, in Australia, in Irlanda o in
Belgio in tutta la sua gravità. "Ciò che mi preoccupa qui è una certa cultura
del silenzio", disse monsignor Charles Scicluna quando faceva il promotore di
giustizia della Congregazione della dottrina della Fede. Una tendenza
all'acquiescenza che sembra coinvolgere le vittime, le famiglie dei credenti, le
gerarchie e anche parte dei media: secondo alcuni osservatori non è un caso che
siano proprio i paesi tradizionalmente più cattolici - come l'Italia, la Spagna
e quelli del Sud America - quelli in cui il fenomeno della lussuria sui più
piccoli sembra avere, nei pochissimi dati ufficiali disponibili, dimensione
contenuta.
In realtà, il "sistema" che copre e protegge gli orchi e le casse della Chiesa
funziona anche qui. Ancora oggi. E meglio che altrove. Un esempio su tutti: se
l'arcidiocesi di Los Angeles qualche anno fa ha pagato, in un accordo
extragiudiziario, 660 milioni di dollari a 508 vittime di molestie da parte di
preti (il periodo delle violenze ipotizzate va dal 1950 al 1980) come indennizzo
per gli atti di libidine, a Verona i 67 ex allievi dell'Istituto Provolo,
sordomuti che hanno denunciato alla curia i mostruosi soprusi di cui sarebbero
stati oggetto da parte di venticinque religiosi dal 1950 al 1984, non hanno
ricevuto nemmeno un euro. Per la legge italiana i reati sono prescritti e una
causa legale è tecnicamente impossibile. La commissione d'inchiesta
"indipendente" non ha creduto ai loro racconti. Sarà un caso, ma qualche giorno
fa uno dei sacerdoti indicati dai testimoni come presunti aguzzini, don Nicola
Corradi, è stato arrestato in Argentina nella sede sudamericana dell'istituto
dove si era trasferito qualche tempo fa, con l'accusa di "abuso aggravato " e
"corruzione di minori ".
Ancora oggi il Vaticano non prevede che sacerdoti e vescovi abbiano l'obbligo di
denunciare i colleghi maniaci alla giustizia ordinaria. E i casi gestiti dalla
Congregazione preposta restano segretissimi. A Cremona don Mauro Inzoli, potente
monsignore di Comunione e Liberazione, nel 2016 è stato condannato in primo
grado a 4 anni e nove mesi di carcere. Spretato da papa Ratzinger, nonostante il
processo penale contro di lui ha fatto appello alla Congregazione e l'ha vinto:
Francesco l'ha riammesso nel clero. Non è tutto: il magistrato ha chiesto al
Vaticano le carte del processo canonico, e dopo mesi d'attesa s'è visto
rifiutata la domanda: "Gli atti processuali e istruttori sono "sub segreto
pontificio"", è stata l'unica, laconica spiegazione. Stessa dinamica accaduta a
Palermo pochi mesi prima.
Gli insabbiamenti o le difese d'ufficio coinvolgono pezzi da novanta della
gerarchia come il vescovo di Brescia, quello di Como, quello di Castellaneta, il
vescovo emerito di Palermo, cardinale Paolo Romeo, quello di Savona, cardinali
di peso come Antonelli, Bertone e Domenico Calcagno. Quest'ultimo ha fatto
carriera con Benedetto XVI, e anche Francesco l'ha confermato sulla poltrona di
presidente dell'Apsa, l'ente che gestisce l'immenso patrimonio della Santa Sede.
Nonostante una macchia grave, quella di aver spostato nel 2003 da una parrocchia
all'altra un prete su cui erano già arrivate pesanti segnalazioni. Uno
spostamento a cui non seguirono provvedimenti: peccato che due anni dopo, il
sacerdote, don Nello Giraudo, poté molestare in un campo scout un altro
ragazzino.