intervista a
Tomaso Montanari
di
Giacomo Russo Spena
da www.micromega.net 23 agosto 2018
“Il
centrosinistra e il centrodestra (ma, mostruosamente, è stato più il primo)
hanno smontato lo Stato, regalando a privati amici gli assetti strategici per il
futuro del Paese. L'interesse pubblico è stato sacrificato sull’altare di quello
privato”. Tomaso Montanari, storico dell'arte, non ha molti dubbi sulle
responsabilità politiche della tragedia di Genova. Nel 2015 ha anche scritto un
libro (Privati del patrimonio, Einaudi) tutto dedicato al disastro che
questo ha provocato nei beni culturali: un capitolo è sulle concessioni, un
altro sulle alienazioni: “Per dire – aggiunge – che Uffizi, acqua o autostrade,
il meccanismo è stato identico, e perverso. E oggi i grandi giornali in mano
agli oligopolisti parlano di risentimento. Una bella faccia di bronzo”.
Il crollo del ponte Morandi di Genova può essere l'emblema di un Paese che ha
smesso di crescere e redistribuire la ricchezza trenta anni fa, oggi sempre più
pieno di risentimento e senza prospettive collettive? Parliamo di questo?
Beh, bisogna intendersi sulle parole. Io non credo alla ‘crescita’ come ci
crede, per esempio, Ezio Mauro, che addirittura spiega il disastro di Genova con
l’eccessivo ascolto delle «sirene della decrescita». È vero esattamente il
contrario: il problema è la corruzione di un Paese che non pratica più l’umile
manutenzione quotidiana perché con la manutenzione straordinaria c’è più margine
per tangenti e regalie. Un Paese che preferisce la crescita inutile e dannosa
del Tav o della Brebemi alla tutela di ciò che esiste e che serve davvero.
Entriamo nel merito delle decisioni politiche: è favorevole alla revoca della
concessione ad Autostrade? Quali sono, secondo lei, le responsabilità di
Atlantia?
Sì, sono favorevole. Se si vuole essere onesti, bisogna riconoscere che questa
volta Conte si è mosso bene: duole dirlo, ma nessun governo di ‘centrosinistra’
avrebbe avuto il coraggio di farlo, anche se oggi Graziano Delrio balbetta che
avrebbe fatto lo stesso. Ma hanno fatto solo gli interessi privati dei loro
amici: è per questo che sono stati travolti. Atlantia sapeva che un rischio
c’era, ma ha guardato agli affari, non alla sicurezza. Lo Stato può fare meglio?
Se rinunciamo a pensarlo in partenza, come possiamo contemporaneamente dire che
lo Stato deve controllare? Non farà neanche questo: e infatti non lo ha fatto.
Allora, riprendiamoci lo Stato.
Non si rischia, come ammonisce il Pd, di scadere in una propaganda
giustizialista dove si cercano i colpevoli senza che la magistratura abbia fatto
il suo corso? Non bisogna attendere almeno gli esiti della commissione
d'inchiesta prima di emettere condanne morali e politiche?
Ma cosa c’entra la giustizia? Qua è la politica a dover pensare e agire. Anche
se non ci fosse alcun profilo di reato, è caduto un ponte che non doveva cadere.
Qua il problema non è punire qualcuno, ma far sì che i ponti siano gestiti da
qualcuno di cui ci si può fidare. E se il giorno dopo il crollo l’ad di
Autostrade dice che non aveva idea che fosse pericoloso, è ancora peggio: vanno
sostituiti prima di subito.
Alla fine il governo revocherà la concessione o peserà il parere della Lega
che è per trovare una soluzione meno drastica (ricordiamo che nel 2008 la
famiglia Benetton ha donato 150mila euro al Carroccio)? Insomma, veramente verrà
scalfito coi fatti il Sistema di potere o siamo a mera propaganda di governo?
Lo vedremo. Il nodo è che i 5Stelle sono davvero antisistema (pur nel loro caos
e con idee sulla democrazia assai pericolose), ma la Lega invece è sistema, e
sistema di potere in mezza Italia. Ha interesse a cambiamenti radicali, o solo
ad alimentare la oscena arma di distrazione di massa della caccia al nero e
della guerra agli stranieri poveri?
Comunque, ad oggi, siamo al paradosso di una sinistra – nelle vesti del Pd –
che voleva cambiare il mondo e che ora difende i Benetton (e i suoi azionisti),
i poteri forti e lo status quo. Siamo di fronte ad un cambiamento non soltanto
politico ma antropologico?
Certo. Quando dissi dal palco del Brancaccio l’anno scorso che il Pd è un
partito di destra fui criticato anche dalla sinistra estrema. Credo che sia
così: c’è stata una mutazione antropologica. Il decreto dignità è timido fino
all’irrilevanza, ma il Pd lo ha criticato da destra e per le cose giuste, non da
sinistra! I redditi di chi vota il Pd sono medio-alti e «i ricchi non vogliono
le stesse cose che vogliono i poveri» (Tony Judt), e i poveri hanno votato 5
Stelle e purtroppo anche Lega. Il Pd saprà capirlo? Non direi. L’unica presa di
coscienza delle ultime ore è la bella, dolente e onesta intervista a Gad Lerner
sul Fatto.
La soluzione passa per la nazionalizzazione delle autostrade o Lei, grande
fautore dei beni comuni, propone una terza strada tra la dicotomia
privato/pubblico?
Giuseppe Dossetti diceva che il fine dello Stato è il bene comune. Calamandrei
diceva: «lo Stato siamo noi». Io credo che la grande riflessione sui beni comuni
debba servire a rendere ‘più pubblico’ e ‘più comune’ lo Stato e il pubblico,
non ad inventare una improbabile ‘terza via’. Attuiamo la Costituzione, e
pubblico e comune saranno una cosa sola.
Possibile che in Italia si discuta di grandi opere come Tav o Tap quando,
prima, non siamo in grado di mettere in sicurezza i nostri territori, le strade
o le scuole pubbliche? Come bisogna intervenire per evitare che succedano nuove
tragedie?
Prevenzione e cultura del territorio. Lotta alla corruzione. E una severa
critica ad una idea di progresso continuo: il pianeta è un bene finito. Lo ha
capito il Papa, non certo il cosiddetto centrosinistra italiano.
Intanto la nave Diciotti è in balia degli eventi a largo del porto di Catania
col ministro Salvini che continua la sua propaganda anti immigrazione. Eppure il
suo consenso cresce, pensiamo agli applausi ai funerali delle vittime di
Genova...
Non credo che quegli applausi siano una cambiale in bianco. Il sequestro della Diciotti (evidentemente illegale), il razzismo esibito e il fascismo esplicito, la sfida di Salvini a Mattarella (del resto, troppo inerte) e allo stesso Conte si spiegano con l’orrenda esternazione di Giorgetti al Meeting di Cl, in cui si prospetta l’ultima spallata al sistema parlamentare e l’elezione diretta dell’uomo forte. Il fatto che Delrio annuisse, e che in fondo sia lo stesso piano di Renzi potrebbe assicurare alla riforma una maggioranza dei due terzi, impedendo un referendum. I nemici della democrazia e della Costituzione aumentano. E non sono davvero nemici tra loro. Questo a me pare il vero pericolo.