Povertà, 150 mila stranieri ricevono il reddito ma rischiano di perderlo

 

di Valentina Conte

 

 “la Repubblica” del 26 ottobre 2018

 

Bilancio dei 9 mesi di applicazione della misura del governo Gentiloni La prossima riforma limita il diritto agli italiani e ai residenti da 5 anni

Cosa succederà a 150 mila stranieri che ricevono il Rei, il Reddito di inclusione, unico strumento di sostegno alla povertà oggi esistente in Italia? Quando la transizione al più ampio Reddito di cittadinanza — per platea e valore, da 300 euro in media al mese a 780 euro — sarà compiuta potrebbero perdere tutto. Nel contratto di governo i Cinque Stelle sono stati costretti dalla Lega a scrivere che spetta solo agli italiani ( non era così nella proposta originaria del 2013). Poi il ministro Di Maio, consapevole dei vincoli costituzionali e comunitari, ha corretto il tiro garantendolo ai residenti da almeno 10 anni. Anni diventati 5 nello schema di manovra spedito a Bruxelles il 15 ottobre. Requisito ora a rischio, vista l’ostilità dichiarata della Lega a una misura ritenuta assistenziale e pro-Sud.

Già oggi il Rei, istituito dal governo Gentiloni e in vigore da gennaio, arriva con il contagocce agli stranieri poveri. I dati dei primi 9 mesi, diffusi ieri dall’Inps, raccontano che spetta ad appena 44 mila famiglie non italiane, di cui 14 mila comunitarie e 30 mila extra Ue: il 12% scarso del totale delle famiglie supportate, l’8% se si considera i soli extracomunitari. Il motivo è presto detto: serve il doppio requisito, residenza in Italia da almeno 2 anni e lungo soggiorno. Eppure, ricorda la Caritas nel suo ultimo rapporto fresco di stampa, se una famiglia italiana su 20 vive in povertà assoluta — cioè in totale stato di bisogno — tra gli stranieri quasi una su tre. Su oltre 5 milioni e 58 mila poveri totali — record storico per l’Italia, calcola Istat — 1 milione e 700 mila sono stranieri residenti.

Ecco dunque il prossimo motivo di attrito politico tra alleati di governo, dopo il condono. Che fare, togliere davvero il Rei a 150 mila persone, tra cui bambini? La Lega esalterà quel passaggio in cui l’Inps rivela che se al Sud incassano il Rei appena 3 famiglie straniere su 100, al Nord 30 su 100. Sono 379 mila in totale le famiglie beneficiarie — alla fine di settembre — del Rei, corrispondenti a 1,1 milioni di persone. Il 69% vive al Sud, circa 261 mila. Addirittura il 47% in due sole regioni:

Campania e Sicilia. Ma fatti due calcoli, l’incidenza degli stranieri beneficiari è più forte al Nord:

22 mila contro i 7.800 del Sud. Un argomento che i leghisti vogliono far pesare. «Il rischio che 150 mila stranieri perdano il sussidio è reale», ragiona Nicola Marongiu, responsabile welfare della Cgil. « Ma ricordo che ben sei sentenze nel 2017 di corti diverse, compresa quella europea di giustizia e la nostra Consulta, hanno ribadito il diritto alle prestazioni di sostegno alle famiglie straniere. Non possono cioè essere negati bonus bebè e assegni familiari. Il Rei, una misura di contrasto alla povertà, di certo spetta ai comunitari, mentre agli extracomunitari

— dice l’Europa — in misura vincolata al possesso di un requisito di residenza, fissato a discrezione da ogni Stato membro. Ma certo la negazione totale non esiste, figuriamoci la revoca». Sia come sia i nuovi dati Inps sul Rei si prestano a molte riflessioni. Da quando l’unico requisito per riceverlo è quello reddituale — dallo scorso luglio — sono arrivate 101 mila domande in più. E di queste il 40% da single poveri, prima esclusi. «Ma siamo ancora lontani dal target — 2,5 milioni di poveri relativi — a metà circa», osserva ancora Marongiu. «Il boom certo non c’è stato, per i requisiti di Isee e Isre molto severi. Ma è il primo anno e il risultato è comunque buono, considerato l’effetto stigma, la scarsa informazione e la risposta differente di città e periferie». In ogni caso, su 788 mila domande arrivate in 9 mesi quasi la metà è stata rifiutata ( accolte 379 mila), soprattutto per lo sforamento dei parametri reddituali. Motivo in più per calibrare con attenzione il Reddito di cittadinanza. «Ciò che conta è non fare la riforma della riforma, ma partire dal Rei», insiste Cristiano Gori, coordinatore dell’Alleanza contro la povertà.