Tratte dal libro "Oltre le religioni" di John Shelby Spong - Maria lopez Vigil Roger Lenaers - Josè maria Vigil - Gabrielli editori

 

Tesi 7

La risurrezione è un'azione di Dio. Gesù è stato "elevato"
nella direzione del significato di Dio. La risurrezione, pertanto,
non può consistere in un risuscitare fisico all'interno della storia
umana.

Nulla temono di più i cristiani tradizionali del tentativo d'in-
tendere il momento della Pasqua come qualcosa di diverso da un
cadavere che ritorna dalla morte per reincorporarsi
alla vita spa-
zio-
temporale del mondo. E, tuttavia, nulla nel Nuovo Testamen-
t
o giustifica questa interpretazione letterale e fantastica di ciò che
la risurrezione realmente è stata e continua a essere.

È interessante notare che Paolo, il primo autore di uno scritto
entrato a far parte del Nuovo Testamento
, non descrive mai alcu-
na apparizione del Cristo risorto. Ci fornisce semplicemente un
a
lista di quanti erano stati testimoni della risurrezione (lCor 15,1-
6, risalente all'anno 54). Nella lista include se stesso, con la diffe-
renza, dice
, che quella era stata l'ultima apparizione. Gli esperti
stimano che la conversione di Paolo sia avvenuta non prima di un
anno dopo la crocifissione né dopo sei
." Fu un corpo fisicamente
,

risorto quello che vide Paolo? Un corpo risuscitato ancora in giro
dopo tanto tempo? Di certo Luca non la pensava così
. Descrive
la conversione di Paolo, la sua percezione del Gesù risorto, come
qualcosa derivante da una visione nel cammino di Damasco, non
come la percezione di un corpo fisico (Ar 9,11ss). Inoltre, in Luca,
il corpo fisico lascia la terra nell
' ascensione quaranta giorni dopo
la Pasqua (Lc 24
;
At 1).

Quando Marco, che scrive il vangelo più antico, riporta il suo
racconto della risurrezione, non raccoglie
alcuna narrazione di
apparizioni del Cristo risorto (Me 16,1-8).
9
Piuttosto, c'è un
messaggero che annuncia che Gesù è risorto e che li precederà in
Galilea, ed essi lo vedranno quando ritorneranno alle loro case.

I racconti di Pasqua del Nuovo Testamento, quando vengo-
no esaminati nel loro insieme, non dimostrano nulla. Riguardo al
momento della Pasqua
, discordano su tutti gli aspetti significativi.
Non concordano su chi si è recato presso la tomba: ogni vange-
lo ha una lista diversa di donne. Non sono d'accordo se le donne
abbiano visto o meno il Cristo risorto
. Non sono d'accordo se i
discepoli abbiano visto per la prima volta il Cristo risorto a Geru-
salemme o in Galilea
. Non sono d'accorso su chi è stato il primo
a vederlo. Non sono d'accordo se l
'
ascensione sia avvenuta prima

o dopo le apparizioni del Cristo risorto.

Questo genere di comparazione potrebbe significare che non
esiste un momento oggettivo della risurrezione e che
, di conse-
guenza, tutto ciò di cui disponiamo sarebbero teorie soggettive
.
Ma potrebbe anche significare che ciò che chiamiamo "
risurrezio-
ne" sia stata un' esperienza così potente e trasformatrice da non
poter essere espressa a parole e che ciò che ci stanno indicando
tali contraddizioni non è altro che l'esistenza di tentativi soggetti-
vi di esprimere quella che è stata e sempre sarà l'esperienza di una
meraviglia ineffabile.  

Credo che la risurrezione di Gesù sia reale. Non credo che ab-
bia nulla a che vedere con una tomba vuota né con un corpo che
risuscita. È la visione di qualcuno che non è più legato ai limiti
della nostra umanità.
È il richiamo a una nuova coscienza, il ri-
chiamo a una nuova realtà, oltre il tempo e lo spazio.

In questo breve scritto non posso entrare nei dettagli della Pa-
squa così esaustivamente come ho potuto fare nel mio libro di
trecento pagine intitolato Resurrection
: Myth or Reality: A Bishop
Rethinks the mean
ing 01 Easter,
disponibile anche in spagnolo.
Semplicemente, lo spazio di cui dispongo qui non permette una
tale esaustività. Permettetemi allora di concludere questa tesi sul-
la risurrezione esprimendo la mia convinzione fondamentale: la
Pasqua è qualcosa di profondamente autentico
,
ma non suscetti-
bile di descrizione letterale.

Tesi 8

n racconto dell' ascensione di Gesù presuppone un universo
a tre livelli e, pertanto, non può essere tradotto nei concetti di
un'era post-copernicana.

Quando nei vangeli venne scritta la storia di Gesù, tra gli anni
70 e 100, esisteva, come già abbiamo indicato
, un consenso gene-
rale sul fatto che la terra fosse il centro di un universo disposto
su tre livelli. II luogo in cui Dio abitava era al di sopra del cielo;
l'inferno
, il luogo del male, era sotto la terra e costituiva il terzo
livello. Nessuno abbracciava la vastità dello spazio. Nessuno co-
nosceva la velocità della luce
.
Nessuno sapeva di altri universi o
di altre galassie. Nessuno sapeva che lo spazio è ancora in espan-
sione, che le galassie si stanno ancora formando. Cosicché buona
parte dell'interpretazione tradizionale del cristianesimo ha assun-
to presupposti basati sulla conoscenza premoderna.

Non è stato pertanto difficile comprendere come, nel momento
in cui Luca introdusse nella tradizione cristiana
(
probabilmente
nella decima decade del I secolo) il racconto del ritorno di Gesù
a Dio, lo abbia fatto secondo l'immagine spaziali e di un mondo

su tre livelli. Gesù poteva tornare al Dio che viveva al di sopra
d
el cielo solo ascendendo verso questo cielo. Tutto aveva senso
all'interno di questo universo premoderno. Tuttavia, la nostra co-
noscenza del mondo e dello spazio è cambiata radicalmente nei
secoli trascorsi da
a
llora.

Oggi sappiamo che il nostro sole è soltanto una delle circa due-
cento miliardi di stelle della nostra galassia, che chiamiamo Via
Lattea
. Il nostro sole non è neppure al centro della galassia, ma
è loc
alizzato in un punto cui si arriva dopo aver percorso più o
meno due terzi della distanza tra il centro e 1'esterno. In termini
r
e
lativi, il nostro sole non è molto grande. In confronto ad altre
stelle della galassia, risulta piuttosto piccolo. C'è una stella nella
nostra galassia che è più grande non solo del nostro sole ma di tut-
ta l'orbita della Terra intorno ad esso.

Abbiamo poi compreso che la nostra non è l'unica galassia
dell'universo. Andromeda
,
il nostro vicino galattico più prossimo,
è a milioni di anni luce. Nell'universo visibile vi sono tra cento e
mille miliardi di galassie e l’universo si sta ancora espandendo.

È in questo mondo che ora dobbiamo chiederei: cosa significa
il racconto dell’ascensione di Gesù? Presenta un qualche signifi-
c
ato letterale? Naturalmente no.
È ciò che mi ha mostrato Carl
Sagan
, uno dei nostri più grandi astrofisici, quando, provocato-
riamente
, mi ha detto: «Se Gesù, letteralmente, fosse asceso al
cielo, per quanto possa aver viaggiato alla v
elocità della luce, circa
trecentomila chilometri al secondo, non avrebbe ancora superato
i limiti della nostra galassia».'
? La luce impiega più di centomila
anni solo a giungere da un estremo all' altro della nostra galassia.
L'ascensione di Gesù, se interpretata letter
a
lmente, ha avuto luo-
go solo duemila anni fa.

Lo studio delle Scritture rivelerà, tuttavia, che Luca sapeva di
raccontare una storia basata sul racconto dell’ascensione di Elia,
nel capitolo primo del secondo Libro dei Re. Luca non pretese
mai che il suo scritto venisse interpretato letteralmente. Non ab-
biamo reso giustizia al genio di Luca interpretandolo letteralmen-
te. Egli parlava di come il Dio che aveva incontrato in Gesù non

fosse diverso dal Dio che abita nell'eternità. Un racconto pensato
per comunicare una verità non è astrofisica. Stiamo finalmente
scoprendo che per i cristiani è arrivato il tempo di dirlo aperta-
mente e onestamente.

 

Tesi 9

Non c'è alcun criterio eterno e rivelato, scritto nella Bibbia o
su tavole di pietra, che debba dirigere per sempre il nostro agire
etico.

È Dio che ha redatto i dieci Comandamenti? Naturalmente no.

Esistono tre versioni differenti dei dieci Comandamenti nella Bib-
bia
. Una è in Esodo 34, e sembra essere la più antica. La seconda
è in Esodo 20: è la versione che ci è familiare
, e che viene, spesso
esposta nelle chiese e a volte anche nei palazzi di giustizia
. Ora
sappiamo che questa versione
è frutto di un importante lavoro
editoriale di un gruppo di persone che ch
iamiamo "scrittori sa-
cerdotali" o
"fonte P". Questi scrittori hanno ampliato significati-
vamente la Torah durante l'esilio degli ebrei a Babilonia. L'ultima
versione dei dieci Comandamenti è in Deuteronomio 5
, ed è il ri-
flesso di un momento della storia ebraica anteriore
alla redazione
del capitolo primo della Genes
i, con il suo racconto della creazio-
ne in sei giorni. La ragione per cui ci si doveva astenere dal lavoro
nello
Shabbat, secondo questa versione, non era perché Dio si fos-
se riposato dal suo lavoro creatore e avesse decretato per sempre
questo giorno come giorno di riposo, ma perché il popolo ebraico
non dimenticasse che una volta era stato schiavo e che anche gli
schiavi hanno bisogno di un giorno di riposo. No
, Dio non è l'au-
tore dei dieci Comandamenti.

Un altro dato interessante della storia biblica è che i dieci Co-
mandamenti non erano al principio leggi con validità universale.
Erano pensati solo per reggere le relazioni tra ebrei. I comanda-
menti dicono: «Non uccidere». Tuttavia, n
el primo Libro di Sa-
muele si legge che Dio istruì il profeta perché dicesse a Saul di
andare in guerra contro gli am
aleciti e di uccidere tutti gli uomini,

le donne, i bambini, i neonati, i buoi e gli asini (l Sam 15,1-4). E
questo sa di genocidio molto più che di "non uccidere"
. I Coman-
damenti dicono: «Non dire f
alsa testimonianza». Tuttavia, il libro
dell'Esodo presenta Mosè nell'atto di mentire al Faraone sul per-
ché avrebbe dovuto permettere agli isra
eliti di andare nel deserto
a offrire sacrifici a Dio (Es 5,1-3
). Il codice morale della Bibbia
si conformava sempre
alle necessità del popolo. Questa era la sua
natura
. La pretesa di una paternità divina di questo codice morale
era semplicemente una tattica per g
arantirne l'osservanza.

Ogni regola ha la sua eccezione. Si insegna in qualsiasi lezione
di etica
. È male rubare? Naturalmente, risponderemo subito in
base al nostro bagaglio r
eligioso. Supponiamo tuttavia che l'op-
pressione dei poveri da parte dell
’ordine economico sia così estre-
ma che rubare un po' di pane sia l'unico modo per evitare che tuo
figlio muoia di fame.
È il tema che affronta il romanzo di Victor
Hugo
I miserabili. Il ladro, Jean Valjean, è l'eroe del romanzo,
mentre il virtuoso e implacabile persecutore di Valjean, l'ispet-
tore Javert, è il protagonista negativo.'!
È sbagliato l'adulterio?
, risponderemo in base al nostro bagaglio morale. Supponiamo
tuttavia che la guerra separi una famiglia e marito e moglie non
sappiano se il rispettivo sposo o la rispettiva sposa siano vivi, se
potranno mai rivederli
. Una relazione sessuale che in tali circo-
stanze aiuti a vivere è peccaminosa?
È il tema che Boris Pasternak
affronta nel suo romanzo
." La guerra è male? Sì, risponderemo,
lo è. Supponiamo tuttavia che la guerra sia l'unico strumento per
mettere fine alla schiavitù o l'unico modo per fermare l'Olocau-
sto. In questi casi, la guerra è male?

Potremmo riportare molti altri esempi, fino a prendere atto che
non esiste un assoluto etico che non possa essere messo in discus-
sione dinanzi alle relatività della vita
. Pertanto, il criterio etico
definitivo non può essere trovato semplicemente rispettando le
norme.

Allora, come imparare a essere all’altezza delle esigenze della

vita ordinaria? Ciò che ci guida non sono tanto le norme quanto
le mete che perseguiamo. Se la forma suprema di bontà si espri-
me nella scoperta della pienezza della vita, allora tutte le decisioni
morali
, comprese quelle in cui non è chiaro cosa sia giusto e cosa
sia sbagliato, devono essere prese non in accordo alle leggi morali,
ma secondo il fine che si persegue. La questione che bisogna por-
si in ogni azione è: questo fatto fa sì che l
'umanità si espanda e si
consolidi? L'accresce o la reprime? Questa azione è contraria
alla
vita o la rende migliore? Incrementa l'amore o lo riduce? Chiama
a un senso più profondo del proprio essere o lo soffoca?

Se Dio è un verbo che bisogna vivere più che un nome da de-
finire
, come ho suggerito, allora i codici morali sono strumenti
da apprezzare, non regole da seguire. Cosa se ne deduce? Che
nessun sistema di regole può obbligare a essere etici; che vivere
una vita etica significa che ogni decisione dev'essere soppesata
alla luce di tutto ciò che sappiamo. Non sempre è facile adottare
la decisione corretta. Non è facile essere cristiani n
el XXI secolo.