La teologia dell’espiazione e il peccato originale
da "cdb informa n° 68 - marzo 2018"
Le comunità cristiane di base nell’ultimo convegno di Rimini si sono interrogate sui temi proposti nel libro “Oltre le religioni”, da cui lo stesso convegno prendeva il titolo, sul rinnovamento del cristianesimo ed un suo adeguamento alle nuove scoperte scientifiche, alle nuove ricerche teologiche e bibliche, alla nuova sensibilità etica. Uno dei teologi più impegnati su questi temi è John Schelby Spong che ha scritto “12 tesi per la riforma della Chiesa” che in comunità abbiamo discusso nel dopo convegno. (nella home page del nostro sito www.cdbchieri.it è possibile scaricare le 12 tesi). Una delle tesi di Spong riguardava “la teologia dell’espiazione” e ”il peccato originale”. Qui sotto riportiamo tre contributi sul tema: dello stesso Spong, del biblista Ortensio da Spinetoli e di Franco Barbero
La
teologia dell'espiazione assume una teoria sulle origini della vita che, nel
mondo astro fisico o biologico, oggi nessuno può accettare. È dimostrabile che
la premessa da cui parte è falsa. Da quando Charles Darwin pubblicò la sua
opera, origine delle specie, a metà del XIX secolo, sappiamo che non vi è mai
stata una perfezione originaria. La vita umana è, piuttosto, il prodotto di un
viaggio biologico partito da una singola cellula comparsa 3.800 milioni di anni
fa. La vita è passata per molte tappe dalle cellule indipendenti alle unioni di
cellule, da queste unioni a un'organizzazione di maggiore complessità (…), è
diventato chiaro che non c'è mai stata una perfezione originaria. Se non c'è
stata una perfezione originaria, non ha potuto esserci una caduta da questa nel
peccato. Ciò significa che l'idea del "peccato originale" è semplicemente
sbagliata. Se l'idea del peccato originale non è una descrizione esatta delle
origini umane, allora dev'essere scartata. E ci sono altre cose che iniziano a
crollare e a essere rifiutate. Se non c'è stato peccato originale, neppure c'era
necessità di qualcuno che ci salvasse da questo peccato o che ci riscattasse
dalla caduta. Non si può essere risollevati da una caduta che non è mai
successa, né si può essere restituiti a una condizione che non si è mai
posseduta. (…)Era stato detto ad Adamo ed Eva: «Non dovete mangiare del frutto
dell' albero che sta in mezzo al giardino». Il frutto dell’albero, l'albero
della conoscenza del bene e del male, era proibito sotto pena di morte (Gen
3,1-7).(…)Allora, gli esseri umani disobbedienti(…)Erano talmente corrotti dal
peccato originale che solo Dio avrebbe potuto recuperarli, attraverso un suo
intervento. Dal momento che il castigo per il loro peccato era più di quanto
qualsiasi essere umano avrebbe potuto sostenere, si sviluppò l'idea che Dio
avrebbe messo il suo figlio divino al posto dei peccatori, che lo meritavano.
(…) Ha trasformato Dio in un mostro che non sa perdonare. Lo ha dipinto come
qualcuno che richiede un sacrificio umano e un'offerta di sangue prima di
offrire il perdono. Ha fatto sì che venisse raccontata la storia di un Dio Padre
che punisce con la morte suo Figlio persoddisfare la sua necessità di un
risarcimento. (…)L'espiazione vicaria è sbagliata sotto tutti i punti di vista.
Il nostro problema non è quello di essere peccatori caduti da una per- fezione
originale in qualcosa chiamato "peccato originale". Il nostro problema è che
siamo essere umani incompleti che anelano a essere di più, a raggiungere la
pienezza. Non abbiamo bisogno di essere risollevati da una caduta che non
abbiamo mai sofferto. Abbiamo bisogno di essere accettati e amati semplicemente
per ciò che siamo, per arrivare a essere tutto ciò che possiamo essere. Neppure
possiamo essere "reintegrati" in una perfezione che non abbiamo mai avuto.
John Schelby Spong
“12 tesi per la
riforma della Chiesa”
La dottrina del
peccato originale è una supposizione teorica che certi pensatori o teologi hanno
liberamente
chiamato in causa per spiegare le situazioni confuse in cui essi trovavano gli
eventi umani che, così com' erano o apparivano, non potevano rientrare in un
piano creativo voluto da Dio e che, nel caso, non potevano che derivare da
interferenze esterne, abusive, trasgressive che potevano
provenire
dall'essere intelligente, l'uomo. Un errore che avrebbe sconvolto la storia e
tuttavia rimasto sconosciuto ai profeti (nessuno sembra parlarne) e di cui Gesù
stesso non ha fatto parola .. È vero che Paolo sembra averne fatto cenno in Rm
5,12, ma è solo un suo richiamo per avallare una sua personale ipotesi
cristologica relativa all'universalità della salvezza cristiana. Al momento
attuale tutti sanno che i testi biblici delle
origini sono mitici, cioè non ricostruzioni di fatti accaduti ma costruzioni,
supposizioni frutto di immaginazione. Per sapere qualcosa sulle origini
dell'uomo e del suo mondo bisogna non attenersi alla fantasia degli autori sacri
ma ricorrere ai reperti della paleontologia che lasciano intendere che le
origini non sarebbero così ideali come viene detto in Genesi 2 ma piuttosto
intricate e confuse. Il primo uomo non è l'Adamo biblico e il suo habitat non è
proprio così felice come un eden. Il mondo non è uscito dalle mani di Dio così
perfetto nella sua condizione conclusiva come si racconta nella Bibbia, ma in
uno stadio appena iniziale, e l'uomo non è più che un primate che ha dovuto
compiere un lungo cammino prima di raggiungere la sua attuale condizione di
«sapiens», Una situazione, quella iniziale (peraltro non molto diversa da quella
attuale), ardua, complessa, carente, dominata dalla violenza, dal sopruso, da
un'irrazionalità almeno apparente, ma non dominata da una qualche colpa, cioè da
uno stato di disaccordo, di inimicizia con il Signore della vita. (…)L «errore»
del creatore, si fa per dire, è che si è messo a fianco un collaboratore di
second'ordine, del quale per di più rispetta i limiti e attende la maturazione,
e finché questa non arriva anche il progetto globale tarda a realizzarsi. L'uomo
è un essere ancora imperfetto che non ha preso coscienza di tutte le sue
potenzialità e di tutti i suoi compiti: è lento, forse pigro, stanco e
disattento ma non per questo «decaduto», per giunta per colpa di altri, da una
condizione di felicità e amicizia divina in uno stato di inimicizia e
irreparabile condanna. (…)Gesù, che da «martire» di carità, con il quale i suoi
discepoli sono chiamati a confrontarsi, torna a essere la «vittima» di
espiazione dei peccati dell'umanità che Dio non ha mai chiesto né aspetta.
Difatti Gesù non ha pagato i debiti di nessuno, poiché, a suo dire, non c'era
nulla da pagare. Se qualcuno non si fosse sentito in regola con se stesso, con
la propria coscienza ossia con la voce del bene (che non può essere che la
stessa di Dio e del suo Spirito) non ha che da cambiare l'orientamento dei
propri comportamenti (convertirsi)
Ortensio da Spinetoli “L’inutile fardello”
Gesù non è morto per espiare i nostri peccati
Nel periodo
pasquale sentiamo ripetere una formula liturgica che, in realtà, ritorna molto
spesso nelle celebrazioni sia cattoliche che protestanti: "Gesù è morto per i
nostri peccati", "Gesù vittima di espiazione", "agnello di Dio", Dio ha deciso
la sua morte per la nostra salvezza. Oltre quarant'anni fa, a seguito di tanti
studiosi e studiose della Bibbia, documentai il senso, il contesto, il
linguaggio e la teologia che dettero corpo a questa formula e perché oggi essa
risulti teologicamente inutilizzabile. Nel mio libro "L'ultima ruota del
carro"(2001) presentai più approfonditamente la genesi di tale teologia che
rende maturi i tempi per abbandonarla.
1) Intanto
la morte di Gesù fu la conseguenza delle sue scelte "politiche", culturali e
religiose. Si schierò dalla parte dei poveri e del Dio della loro liberazione. I
poteri non potevano perdonargli questa libertà sovversiva. Rispettiamo la verità
storica.
2) Fare di
Dio un giudice, un contabile, un ragioniere che cerca di "saldare il conto dei
peccati umani", designando il Suo inviato, il "figlio" come vittima designata
alla morte per "pareggiare" debito e espiazione, significa stravolgere il volto
di Dio.
3) La
teologia del capro espiatorio cancella totalmente la realtà del Dio che ci ama
gratuitamente, che vuole conversione e non espiazione.
È difficile per noi accogliere la novità dell'amore gratuito e in tutte le
tradizioni religiose le categorie della contrattualità proiettano spesso su Dio
concezioni e comportamenti umani, sovente anche segnati dalla cultura
patriarcale e sacrificale.
4) Mentre
nelle origini cristiane si trovano molti modi e non esiste un modello
interpretativo unico ed esclusivo per interpretare la morte di Gesù, lentamente,
come la "divinizzazione" di Gesù, la concezione espiatoria divenne
progressivamente quella principale, quasi unica. Quando una interpretazione
diventa dogma, siamo ormai alla prevalenza ideologica.
5) Oltre a
trasformare l'immagine di Dio o renderlo sadico e tutto dedito a verificare che
i conti della sua "santità e dignità divina" siano a posto (la dottrina
anselmiana della satisfactio), questa ideologia oscura e cancella il percorso di
ricerca appassionato e di fedeltà a Dio e ai poveri che caratterizzò tutta
l'esistenza storica del nazareno che amò, che scelse di amare fino alla fine.
Che non si fermò nemmeno di fronte alla condanna a morte. Di questo la sua morte
ci dà testimonianza; in questo senso la sua morte ci parla ancora, è per noi una
testimonianza che non cesserà mai di chiamarci sulla strada della fedeltà a Dio
e ai poveri.
6) Da
questa ideologia espiatoria una diffusa
spiritualità
cristiana ha tratto conseguenze drammatiche: "Ho sbagliato, ho peccato: dovrò
espiare". Per molte vite questa deviazione diventò così perversa che essere
cristiani/e si concentrò sull'espiazione dei propri errori e dei "peccati del
mondo". Così la fede abbracciò il destino della sofferenza, di un rapporto con
Dio privo della gioia del suo amore gratuito. Qualcuno si permise di suggerire
di "espiare per le anime del Purgatorio". È la storia della mistica del potere.
7) Coraggio: eliminiamo questa "bestemmia" dalle nostre liturgie, dal Catechismo
della Chiesa cattolica che ne fa un dogma. Però esprimiamo con piena convinzione
di fede la nostra gratitudine a Dio: "In Gesù ci hai dato il testimone umano del
Tuo amore, un amore che sa dare la vita per un mondo di fratelli e sorelle.
Tutti ci spingi a camminare in questa direzione. Per questo la morte di Gesù ci
parla ancora e ci indica la strada della fedeltà a Te, Dio della giustizia, e la
strada della solidarietà con gli ultimi/e della carovana.
Franco Barbero