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Gesù... esplosivo

Mauro Pesce 

Adista Segni Nuovi n° 28 del 27/07/2019

 

Come disse una volta il grande storico della Chiesa antica e vescovo luterano Georg Kretschmar, il cristianesimo ha fatto a meno del Nuovo Testamento almeno per i primi due secoli. È solo nei primi decenni del III secolo che comincia a diffondersi il termine “Nuovo Testamento” e a delinearsi una collezione di scritti che comprendeva dei vangeli, delle lettere di Paolo e altre opere. Ma ci vorrà del tempo prima che si formi definitivamente la collezione di 27 scritti che oggi chiamiamo Nuovo Testamento. La conseguenza di questo fatto è chiara: non è il cristianesimo che si basa sul Nuovo Testamento, ma – al contrario – è il Nuovo Testamento che viene creato dal cristianesimo. Quali sono allora la forza creativa, i valori, le pratiche di vita, alla base di quelle opere che oggi i cristiani leggono con grande venerazione?

In primo luogo queste opere vennero scritte da persone diverse (solo le sette lettere autentiche di Paolo furono scritte dalla stessa persona). Ad esempio, il Vangelo di Giovanni, le tre lettere di Giovanni e l’Apocalisse non vennero affatto scritte dallo stesso individuo. Poi, ognuna di queste opere risale a periodi diversi. Per di più furono scritte in località diverse e per scopi diversi. Soprattutto ognuno degli scritti (si prendano ad esempio i vangeli) esprime idee molto diverse e ha informazioni su Gesù anche molto divergenti. Furono poi raccolti insieme, ma il fatto di stare insieme non ne elimina la diversità. Non ci fu alcuna programmazione unitaria e ogni tanto sorgevano autori che scrivevano per scopi particolari delle opere che dovevano essere utili nei precisi contesti in cui essi vivevano.

Il fatto è che i seguaci di Gesù reagirono alla sua vita, al suo insegnamento e alla sua morte in modi differenziati. Certo la pratica di vita di Gesù era stata una e uno il suo insegnamento e così pure la sua morte, ma la complessità di quegli eventi portava ognuno a sottolineare aspetti differenti. Per giunta, ciascun seguace proveniva da esperienze molto particolari e spesso in contrasto fra loro. Alcuni erano filo-romani, altri erano oppositori al potere imperiale. Alcuni provenivano dall’esperienza di Giovanni Battista altri erano farisei. Alcuni erano poveri, altri piccoli imprenditori, altri appartenevano all’aristocrazia sacerdotale, ecc.

Ciò che colpiva maggiormente la gente non erano le idee di Gesù; ciò che scatenava il desiderio di conversione e di cambiamento di vita era la pratica di vita radicale di Gesù. Era il fatto che egli non avesse casa e non possedesse nulla, che avesse bisogno ogni sera di trovare un posto per dormire e che qualcuno che lo ospitasse per mangiare. Questa vita sconvolgente era il primo messaggio di Gesù.

Egli chiedeva ai suoi più stretti compagni di fare lo stesso: questa pratica di vita produsse una serie di reazioni violente che portarono alla sua uccisione. Gesù non voleva che venisse imitata la sua morte ma uno stile di vita che provoca reazioni mortali.

L’esperienza di Gesù fu un’esplosione le cui schegge andarono in molte direzioni producendo imitazioni differenti e disparate. L’effetto di quell’esplosione furono esperienze entusiaste e tutte particolari.

Ma cos’è, al suo fondo la pratica di vita di Gesù? Lo stile di vita di Gesù scaturiva dal suo bisogno di rendersi radicalmente disponibile all’intervento di Dio e per questo era necessario non appoggiarsi alle proprie forze, alle proprie sicurezze concrete. La percezione fondamentale di Gesù sta nella convinzione dell’imminenza e vicinanza dell’intervento diretto di Dio, da cui deriva immediatamente un modo di disporsi radicale per accettarne la presenza. Ma il punto, per i seguaci, era cercare di ripetere quell’esperienza, e ognuno lo fece di modi imperfetti, parziali. Non avevano bisogno del Nuovo Testamento per seguire Gesù, bastava loro cercare di ripetere la percezione di Dio tipica di lui e la pratica di vita radicale che ne scaturiva.