Rompere
il silenzio sull'Opus Dei
di Juan José
Tamayo-Acosta
Sull'Opus Dei è
stato steso un velo di silenzio che pochi osano rendere pubblico. Sembra come vi
sia un patto, per lo meno tacito, perché non se ne parli. E poiché ciò di cui
non si parla non esiste, si ha l'impressione che l'Opus Dei si sia diluito o,
per lo meno, si sia ristretto al mondo della salvezza delle anime per il quale,
secondo i documenti costitutivi, era nato. Finalmente, molti finiscono col
credere alle semplicistiche note emanate dall'ufficio stampa opusdeista, secondo
le quali l'"Opera" di monsignor Escrivá de Balaguer si muove sul
terreno spirituale e non si coinvolge in alcun progetto temporale, in quanto
istituzione. Parlare in pubblico o scrivere sull'Opus Dei si è trasformato in
qualcosa di politicamente e religiosamente scorretto. Mi accingo qui a
trasgredire il patto del silenzio, ben consapevole che ne posso essere fatto
oggetto di recriminazioni, anche da parte di critici dell'Opera.
L'Opus Dei è ben
vivo e attivo e il suo potere si estende in lungo e in largo nella Chiesa
cattolica. Nel vertice conta su seguaci ed estimatori incondizionati. Il primo
è Giovanni Paolo II che prima di entrare nel Conclave dal quale uscì Papa si
recò a pregare sulla tomba di Escrivá a Roma, in cerca di intercessioni per
l'adempimento delle responsabilità che gli sarebbero potete cadere addosso. Nel
ritorno dal suo primo viaggio negli Stati Uniti il Papa, esultante per le
moltitudini che lo avevano accolto, chiese sull'aereo ai suoi più diretti
collaboratori che impressione avessero avuto i nordamericani della visita. Gli
risposero che "avevano apprezzato il cantante, ma non la musica".
Giovanni Paolo II commentò quindi: "È certo che l'unica organizzazione
ecclesiastica che mi è pienamente fedele è l'Opus Dei".
Vincendo la
resistenza di cardinali, vescovi, teologi e movimenti cristiani di tutto il
mondo beatificò in un tempo da record - solamente 17 anni dopo la sua morte -
il fondatore dell'Opera, Escrivá de Balaguer, chiamato con aria paternalistica
"il Padre". Tutto ciò accadeva nel 1992 e fu una delle beatificazioni
più contestate e oggetto di polemiche, paragonabile a quella in tempi più
recenti di Pio IX, l'ultimo "Papa re", che durante il suo lungo
pontificato di 32 anni (1846-1878) si distinse per la sua militanza antisemita e
antimoderna. Di entrambi si sottolineò lo zelo per l'ortodossia e la devozione
al modo antico, ma non la preferenza per i poveri e neppure la tolleranza, virtù
ch'essi non praticarono. Quella beatificazione non sarebbe mai avvenuta con
Paolo VI, che limitò oltremodo il potere dell'Opus Dei nella Chiesa cattolica.
Nel processo di
beatificazione di Escrivá furono escluse testimonianze critiche di persone che
vissero molto vicine al "Padre", come l'architetto Miguel Fisac,
legato all'Opera durante 19 anni (1936-1955). Il famoso architetto comunicò al
cardinale Tarancón che riteneva un dovere di coscienza testimoniare al
processo. Il cardinale lo rimandò al segretario del Tribunale perché lo
includesse nella lista dei testimoni, ma qualche giorno dopo gli fece sapere che
ne era stato escluso.
Minor successo
hanno ottenuto le teologhe e i teologi latino-americani di tutte le tendenze e i
movimenti cristiani ad ampia base popolare che chiedono a Giovanni Paolo II la
beatificazione dei martiri salvadoregni: monsignor Romero, sei gesuiti e due
donne, riconosciuti come santi e venerati come martiri in America Latina e in
altri luoghi della cristianità e la cui beatificazione sarebbe la ratifica
ecclesiale di ciò che è già vox populi.
In Vaticano - vale
a dire nella Chiesa cattolica universale - l'informazione è in mano al
portavoce, Joaquín Navarro Valls, membro dell'Opus Dei. Se l'informazione è
potere, chi la controlla nella Chiesa detiene tutto il potere. Il portavoce non
soltanto diffonde l'informazione, ma anche la crea, la elabora e l'amministra pro
domo sua, senza sottomettersi ad alcun controllo democratico. E una parte
fondamentale dell'informazione è quella di occultare o negare l'influenza
dell'Opera nel Vaticano.
Nell'orbita dell'Opus
Dei si trovano il cardinale Angelo Sodano, segretario di Stato della Città del
Vaticano, ex nunzio apostolico di Sua Santità in Cile e amico personale di
Pinochet, a favore del quale intercedette presso il Governo britannico perché
non venisse giudicato in Spagna, e il cardinale spagnolo Eduardo Martínez
Somalo, membro molto influente della curia romana e referente primario per i
vescovi spagnoli.
Al vertice del
cattolicesimo si sta conformando, in questo modo, un cattolicesimo intransigente
e poco dialogante con altre fedi religiose, seguendo la prescrizione di Cammino,
libro scritto da Escrivá durante la guerra civile spagnola a Burgos, molto
vicino al quartier generale di Franco: "Il piano di santità che il Signore
ci chiede è determinato da questi tre punti: la santa intransigenza, la santa
coercizione e la santa impudenza" (n. 378).Ma di più, "l'indulgenza
è segno sicuro di non possedere verità" (n. 393).
Nella Chiesa
cattolica latino-americana spiccano due figure dell'Opus Dei: il cardinale
Cipriani, arcivescovo di Lima, e monsignor Sáenz Lacalle, arcivescovo di San
Salvador. Cipriani appoggiò fino all'ultimo momento i modi politici
dittatoriali di Fujimori. La sua nomina come cardinale nell'ultimo conclave è
stata, senza dubbio, la più contestata, poiché suscitò il rifiuto di un
importante settore della cittadinanza e dei cristiani peruviani. Durante la
prima messa di Cipriani come cardinale nell'atrio della cattedrale di Lima, la
moltitudine innalzò cartelloni con scritte come "Dio, liberaci da Cipriani",
"Cristo è giustizia, Cipriani corruzione" paragonandolo al ministro
di Fujimori, Vladimiro Montesinos. Malgrado ciò egli è uno dei valori in
rialzo nella Chiesa latino-americana. Altro membro dell'Opus Dei in ascesa nella
Chiesa del Centro America è lo spagnolo Fernando Sáenz Lacalle, arcivescovo di
San Salvador, che fu cappellano del medesimo esercito che assassinò sei gesuiti
e due donne salvadoregni il 16 novembre 1989. Pur essendo già arcivescovo di
San Salvador accettò la nomina a generale dell'Esercito, benché in seguito si
vide costretto a rinunciarvi per la protesta popolare. Il suo rifiuto
dell'orientamento liberatorio (n.d.t.: nel senso della teologia della
liberazione) della Università Centroamericana José Simeón Cañas (UCA), della
quale era rettore Ignacio Ellacuría quando fu assassinato e nella quale è
professore Jon Sobrino, uno dei principali rappresentanti della teologia della
liberazione, diventa esplicito nella risposta data ad uno studente di teologia
della UCA che gli chiedeva di essere ordinato sacerdote: "Piuttosto morto
che ordinare un alunno dell'UCA".
E nella Chiesa
spagnola? Il cambiamento dell'atteggiamento dell'episcopato nelle relazioni con
l'Opus Dei è stato spettacolare. Durante il pontificato di Paolo VI la distanza
dei vescovi spagnoli rispetto all'Opera era notoria e le critiche su di essa non
erano nascoste. Senza dubbio nella misura con cui è andato consolidandosi il
protagonismo opusdeista con Giovanni Paolo II la gerarchia ecclesiastica del
nostro paese si è piegata alle sue direttive. Il silenzio adesso è poco meno
che sepolcrale. Tuttavia nessun vescovo, arcivescovo o cardinale è uscito
dall'armadio confessando la sua appartenenza all'Opus Dei, ed è possibile che
non lo faccia in futuro. Però questo non significa che se ne stiano lontani
dall'Opus. Come già diceva il cardinale Tarancón, molti vescovi spagnoli
soffrono il torcicollo per il troppo guardare a Roma. E, come si è detto, il
potere a Roma lo detiene l'Opus Dei. Se qualche dubbio vi fosse al riguardo, si
dissolverebbe soltanto con la lettura dei messaggi papali ed episcopali su temi
come sessualità, famiglia, donna, dogma, morale, disciplina ecclesiastica,
eccetera. L'Opera non soltanto conserva la sua influenza, ma sta anche
recuperando membri importanti - teologi inclusi - che l'avevano abbandonata
nelle decadi passate.
Il clima di
sottomissione che vige oggi nella Chiesa cattolica si ispira ad una massima di Cammino:
"Obbedire…., cammino sicuro. Obbedire ciecamente al superiore…..,
cammino di santità. Obbedire nel tuo apostolato…, l'unico cammino: poiché è
un'opera di Dio, lo spirito ha da essere o obbedire o andarsene" (n. 941).
C'è però un campo
nel quale l'Opus Dei ha minimo influsso, almeno nel nostro paese: quello della
produzione teologica. I suoi apporti sono infimi, per non dire nulli, nelle
questioni più vive dell'attuale dibattito teologico: ricorso ai metodi
storico-critici, sociologici, di antropologia culturale e storia sociale nello
studio della Bibbia, ermeneutica critica applicata ai dogmi, cristologia in
chiave storica ed etica, spiritualità incarnata nella storia, teologia
femminista, ecclesiologia comunitaria, dialogo interreligioso e interculturale,
morale sociale, teoria dei paradigmi nello studio della storia del
cristianesimo, teologie della liberazione, eccetera. I teologi dell'orbita dell'Opus
o considerano queste questioni aliene alla riflessione teologica o le tengono
per eterodosse.
El País,
16 agosto 2001
Traduzione dallo
spagnolo di José F. Padova.