LA CRISI DI UN SACERDOZIO ORFANO DEL PADRE

 di Juan José Tamayo

chi è Juan José Tamayo

Le cause della crisi nel sacerdozio cattolico sono varie e di diverso livello. La prima è, senza dubbio, la crisi che stanno attraversando le istituzioni religiose e, in concreto, la Chiesa cattolica come istituzione. Questo riguarda direttamente l'istituzione sacerdotale e coloro che la incarnano. Né l'istituzione ecclesiastica né quella sacerdotale sembrano rispondere allo spirito originario del momento di Gesù. Cercano piuttosto di autoaffermarsi e autolegittimarsi come potere, come organizzazione solida. La Chiesa ha smesso di essere mediazione per convertirsi in fine in sé. Entrambe le istituzioni hanno perso interesse presso i credenti, che preferiscono vivere la loro fede per altre strade, diverse da quelle del sacerdozio.
C'è poi una causa più profonda: la crisi di fondazione. Il sacerdozio parte da Gesù di Nazareth? Risponde all'intenzione di Gesù? Ha un fondamento biblico? Sembra di no. Gesù non fu sacerdote, né apparteneva ad una famiglia clericale, né ebbe una mentalità clericale. Addirittura, se c'è qualcosa che caratterizza l'atteggiamento di Gesù verso il sacerdozio ebraico è la critica permanente. Nei racconti evangelici, ogni volta che compare un sacerdote o un levita viene ridotto a mal partito. A dimostrazione, basta la parabola del Buon Samaritano. Non è facile dimostrare, Nuovo Testamento alla mano, che Gesù abbia fondato l'istituzione sacerdotale, e meno ancora che abbia destinato determinate persone del suo movimento alla pratica dei sacrifici. Tutto il contrario. Gesù fa sue le parole del profeta Osea: "Chiedo misericordia, non sacrifici".
C'è anche una crisi di identità. Noi teologi ci chiediamo cosa definisca il sacerdozio e non ci risulta facile rispondere. Gli stessi sacerdoti si domandano "chi sono io?", cosa hanno in comune con gli altri cristiani e cristiane e cosa li differenzi, e cadono in un dubbio permanente. Non riescono a trovare la loro identità. La stessa cosa succede a molti cristiani e cristiane impegnati nel rinnovamento della Chiesa cattolica e nella trasformazione della società. Per questo sono pochi quelli che decidono per il sacerdozio. Neanche il Concilio Vaticano II fu d'aiuto ad uscire da questa crisi.
Dobbiamo parlare anche di crisi di funzioni. Quali sono le incombenze del sacerdote: il culto, la catechesi, la predicazione, la sollecitazione delle devozioni, l'evangelizzazione, la presenza nel mondo, l'animazione socioculturale? Così come funziona la Chiesa oggi, i sacerdoti sembrano più funzionari di Dio - e dello Stato che, almeno qui in Spagna, li paga - che servitori della comunità. Questo chiede la gerarchia: che compiano i loro doveri sacri. Le funzioni che realmente svolgono li fa somigliare più ad un mago che ad un evangelizzatore. E questo ingenera in loro una crisi profonda. Inoltre, l'immagine che la gente ha di loro è di persone che vivono sulle spalle degli altri.
E ancora: causa di crisi è lo stile di vita che viene imposto ai sacerdoti e la spiritualità che si esige da loro: tutto questo ha molto poco a che vedere con lo stile di vita che i seguaci e le seguaci di Gesù, soprattutto l'obbedienza e la sottomissione agli ordini dei superiori, molte volte senza possibilità di discussione (obbedienza cieca), e la castità, che nella maggior parte dei casi comporta una costante repressione. Chi va ad imbarcarsi in una spiritualità e in uno stile di vita che non fanno felici le persone e che non rispondono alla sequela di Gesù? Più che "un giogo soave e un carico leggero", come definisce Gesù il tipo di vita che chiede ai discepoli e alle discepole, ci troviamo davanti ad un giogo che opprime e ad un incarico insopportabile.

ADISTA 21.2.2004 n°14