Una legge elettorale snaturata e il voto di un'Italia politica
Raniero
chi è Raniero la Valle
La
"democrazia incompiuta" della prima Repubblica comportava che la
sinistra comunista fosse esclusa dal governo, ciò che provocò un lungo
tormento e l'aggregarsi fuori delle istituzioni di frange extraparlamentari. La
"democrazia semplificata" del bipartitismo pannelliano e veltroniano
contempla che l'intera sinistra sia respinta nell'area extraparlamentare. E come
allora si finì con il partito armato, così ora il rischio è che le istanze
sociali, economiche e culturali non più ammesse alla mediazione parlamentare,
si spostino su altri fronti di lotta, nella migliore delle ipotesi fino alle
manifestazioni di piazza e ai casseurs tipo periferie parigine.
Questo risultato si deve senza dubbio alla totale mancanza di realismo di una
sinistra che ha accettato di farsi chiamare radicale, antagonista e
massimalista, se ne è compiaciuta sui propri giornali, e si è perfino
dimenticata che non può esserci una sinistra in Italia che non assuma in
qualche modo anche la cultura e la passione politica di un cristianesimo non
clericale. Tuttavia ciò non sarebbe bastato a produrre il risultato dello
scorso 14 aprile, che è invece l'effetto, del tutto artificiale (e perciò non
democratico), di tre fattori concomitanti.
Il primo è che la legge elettorale stabiliva una soglia di sbarramento del 4
per cento alla Camera e dell'8 per cento al Senato, in un sistema che però non
aveva come scopo di distruggere i minori partiti, ma di indurli a coalizzarsi
con quelli maggiori per superare, insieme, la soglia minima richiesta: tanto è
vero che con la stessa legge elettorale nella scorsa legislatura, come è stato
deprecato, tutti i partiti erano rappresentati in Parlamento.
Il secondo fattore è che la medesima legge elettorale prevede il premio di una
quota minima di 340 deputati da assegnare alla lista vincente (e per il Senato
un premio regionale), accendendo così una pesante ipoteca sul Parlamento e
condizionando gravemente il posizionamento elettorale dei partiti: ma almeno la
legge prevedeva che a conquistare il premio sarebbe stata una coalizione, e non
un singolo partito.
Il terzo fattore è che Veltroni, senza aspettare che fosse mutato per via
democratica questo sistema, lo ha snaturato, usando il sistema contro la logica
e la residua democraticità del sistema, buttando a mare la coalizione e
gloriandosi di aver messo alla porta i partiti alleati, dai socialisti ai verdi
a Rifondazione, mentre Berlusconi fingeva di fare altrettanto con i suoi,
tenendosi però ben stretti Fini e
Il
In realtà quella che cade rovinosamente in questo terremoto, è l'illusione di
un'Italia impolitica, dove i problemi che incombono e il duro conflitto di
interessi sociali e di bisogni si possano risolvere o ignorandoli, o
intingendoli nel miele delle buone maniere. Di fronte alla ventata
dell'antipolitica, di fronte agli sberleffi dei Ferrara e dei grillini, di
fronte all'accusa alla intera "casta" politica, ha vinto chi ha fatto
più politica, non chi si è rifugiato nell'impolitica. Berlusconi ha fatto
politica, perché è il massimo della politica accusare tutti gli altri di
essere comunisti; Veltroni non ha nemmeno nominato il suo avversario, forse
pensando che non si trattasse di combatterlo, ma di esorcizzarlo. E a un'Italia
in cui si deve rivendicare il diritto al pane, al lavoro, alla casa, alla
salute, ha promesso il "diritto al sorriso", che poi sarebbe mandare
anche i senza tetto e i precari dal dentista. Purtroppo il sorriso, la sera del
14 aprile, in milioni di italiani si è mutato in una smorfia, di preoccupazione
e di dolore.
Il testo è un'anticipazione dal n. 9 del quindicinale "Rocca"
(tra i collaboratori Raniero
17/04/2008