Sono
stato a messa, il giorno dei Santi, e mi sarei aspettato di ascoltare una omelia
sul Vangelo delle Beatitudini. Il sacerdote, invece, ha affrontato il tema della
santità: dei Santi ha sottolineato soprattutto l’aspetto del modello di vita,
e su questo sono d’accordo. Però ha iniziato parlando dell’intercessione, e
questa è una prospettiva che continua a lasciarmi perplesso.
Tornando
a casa ci ho ancora riflettuto su: a lasciarmi dubbioso è la questione della
santità nel suo insieme. Attenzione: sono convinto che ci siano state
nell’arco della storia, e ci siano oggi, persone che possiamo sicuramente
definire ”sante” secondo il senso comune. Individui dalle virtù fuori dal
comune, che rimarranno sempre dei modelli cui ispirarsi.
Ma
di lì a voler usare un metro di giudizio umano per misurare la santità, credo
che ce ne passi. Dirò di più: se la Chiesa volesse trattare i cristiani come
adulti nella fede, non dovrebbe nemmeno più essercene bisogno.
Ma
le cose vanno tutte all’opposto, e la fabbrica dei Santi funziona a pieno
regime. Per farli ci vogliono i miracoli, e chi li compia non è chiaro. Li fa
Dio: ma allora c’è di mezzo l’intercessione. Il Santo è uno che ha un buon
”potere di intercessione”.
Funziona
così. Una brava persona muore: si prega l’anima sua perché metta una buona
parola per ottenere una grazia, e alla prima ”intercessione” miracolosa
dimostrata questa persona diventa ”beato”. Allora si ripete il gioco: e alla
seconda intercessione che va a buon fine si diventa Santi. Perché per la
canonizzazione di miracoli ne occorrano due e non quattro, o dieci, non
l’ha mai spiegato nessuno. Né è chiaro come funzioni per le canonizzazioni
collettive, o se abbiano speranza di diventare Santi i beati il cui primo
miracolo risale magari a otto o dieci secoli fa.
E
poi non è chiaro perché Dio (che è l’unico a poter fare i miracoli o a
concedere le grazie) di suo una certa cosa non la farebbe, ma se è
Sant’Enrico a chiederla a mio nome, previa accensione di candela
regolamentare, si lasci convincere.
Io
credo che i Santi non siano impiegati dell’ufficio per le raccomandazioni, ma
tanti esempi cui, in momenti diversi della propria vita, trarre spunti su cui
riflettere.
Tutto
il resto, a mio avviso, è una sovrastruttura di cui la Chiesa farebbe meglio a
liberarsi. Di certi santuari che si sono trasformati in supermercati del sacro,
per esempio, o di certe concessioni al macabro: penso alla sosta a Chieri del
reliquiario con l’occhio della Beata Morano. Davvero non esistono altri modi
per parlare di Dio all’uomo di oggi?