Se declina la fede nella Chiesa
di Ilvo Diamanti
“la Repubblica” del 17 maggio 2010
Ieri i fedeli hanno voluto far sentire al Papa la loro solidarietà e il loro sostegno, raccogliendosi, in massa, intorno a lui, a piazza San Pietro. D'altronde, la fiducia nella Chiesa e in Papa Benedetto XVI è scesa sensibilmente, nell'ultimo anno.
Espressa, in entrambi i casi, dal 47% degli
italiani, secondo il sondaggio di Demos. Una tendenza accentuata dalla lunga
catena di scandali dell'ultimo anno. Prima, le dimissioni del direttore
dell'Avvenire, Dino Boffo, in base ad accuse rivelatesi infondate. Poi, gli
episodi di abuso sessuale sui minori, che hanno coinvolto esponenti del clero
– basso, medio e alto. In diversi paesi. Dagli USA all'Irlanda. Dalla Germania
al Belgio. Al Brasile. All'Italia. Avvenimenti del passato, esplosi di recente.
Per questo non stupisce il calo di credibilità dell'ultimo anno: 3 punti
percentuali in meno, la Chiesa; 7 il Papa. Un declino, peraltro, che dura da
anni. Rispetto al 2005 (quando è stato eletto Ratzinger) la fiducia nella
Chiesa è scesa di 14 punti. Mentre negli ultimi due anni il consenso verso
Benedetto XVI si è ridotto di 9 punti percentuali. Senza considerare Papa
Wojtyla, il cui credito, nel 2003, era superiore di circa 30 punti. Ma Wojtyla
costituiva – e costituisce – un caso difficilmente ripetibile. Per le
vicende che ha attraversato (la caduta del Muro e del comunismo,
l'attentato…). E per la sua personale e straordinaria capacità di
"comunicare" se stesso – attraverso i suoi viaggi e la sua
sofferenza. Così, se la Chiesa e lo stesso Pontefice costituiscono ancora un
riferimento importante, per la società italiana, la loro capacità di
attrazione appare indebolita. Per ragioni che vanno oltre gli scandali recenti.
I quali, tuttavia, pesano.
Il sondaggio di Demos sottolinea, infatti, come una larga maggioranza di
italiani – il 62% - consideri inadeguata la risposta della Chiesa di fronte
agli episodi di pedofilia. Volta, fino a ieri, a minimizzare il fenomeno. Questo
giudizio risulta prevalente anche tra i cattolici praticanti, anche se è meno
diffuso: 44% (mentre il 29% considera le accuse strumentali, finalizzate a
screditare la Chiesa). Ma è condiviso da oltre i due terzi dei cattolici che
dichiarano una frequenza sacramentale saltuaria. Cioè: la larga maggioranza di
essi (e della popolazione). Si tratta di un orientamento politicamente
trasversale. Si riduce solamente al centro. Fra gli elettori dell'Udc.
Come interpretare questo largo dissenso verso l'azione della Chiesa intorno a un
fenomeno che, da tempo, è oggetto di denunce ripetute? E, soprattutto, perché
– proprio oggi - intacca in modo tanto profondo la credibilità della Chiesa?
La prima spiegazione chiama in causa proprio il "tempo". Troppo tempo,
infatti, è passato prima di prendere i provvedimenti necessari, in modo deciso,
senza indulgenza. Troppo tempo. Per cui oggi, che nel muro di silenzio del
passato si è aperto (più di) un varco, le notizie irrompono, tutte insieme.
Invadono i media con un effetto devastante. La stessa condanna del Papa,
implacabile. Il suo vagare, per il mondo, dolente, a chiedere perdono alle
vittime e ai loro familiari. Agiscono da amplificatori. Fino, quasi, a tracciare
una scia di vergogna. Un secondo ordine di motivi riguarda la Chiesa stessa.
Questi episodi, infatti, la indeboliscono perché essa è più debole che in
passato. Divisa, al suo interno. Attraversata da tensioni e conflitti. Fra le
gerarchie vaticane e la Cei. Ma anche tra le diverse componenti del mondo
associativo. Tra le diverse "voci" e i diversi media cattolici.
Giornali, emittenti, riviste… Papa Benedetto XVI, in occasione del suo recente
viaggio a Fatima, è stato, al proposito, esplicito. E durissimo. Quando ha
scandito che: «Le sofferenze della Chiesa vengono proprio dall'interno della
Chiesa. (…) La più grande persecuzione della Chiesa non viene dai nemici
fuori, ma nasce dal peccato nella Chiesa». Un concetto ribadito ieri, a piazza
San Pietro. Contraddicendo – come ha sottolineato Sandro Magister (nel
documentatissimo sito: www.espressonline.it) - «i giudizi
espressi da molti ecclesiastici, secondo i quali la Chiesa soffre primariamente
per gli attacchi che le vengono portati dall'esterno». Ciò suggerisce,
esplicitamente, una terza ragione. Collega il declino della fiducia nella Chiesa
alla sua presenza "istituzionale" nella società. Interpretata, in
particolare, dal clero. È, infatti, da tempo che, soprattutto in Italia, i
seminari sono vuoti. La crisi di vocazioni è acuta, irreversibile. Non a caso,
nelle parrocchie, la presenza di preti provenienti da paesi del Terzo Mondo è
sempre più ampia. Segno evidente della profonda crisi di legittimazione sociale
che, da tempo, ha colpito la figura del sacerdote (come ha argomentato il
sociologo Marco Marzano). Fare il prete, da noi, non garantisce benefici né
riconoscimento di status. Il che rende più difficile "reclutare" –
e soprattutto "selezionare" - figure credibili e credute, in grado di
farsi ascoltare. Tanto più di fronte a regole di accesso alla missione (o, in
termini laici, alla "professione") tanto selettive e dure. Come il
celibato. Oggi incomprensibile: per la società e per la stessa comunità dei
cattolici. Visto che i due terzi degli italiani e oltre la metà dei cattolici
praticanti si dicono d'accordo sulla possibilità, per i preti, di sposarsi. Così
i comportamenti devianti, nell'ambito del clero, oltre che più diffusi, sono
divenuti intollerabili (e intollerati). Impossibili da nascondere e minimizzare.
Da ciò l'impressione che oggi la Chiesa, come istituzione, si scopra inadeguata
rispetto al proprio compito. Che le stesse regole, costruite e imposte,
storicamente, per rafforzare il proprio "rapporto con il mondo", oggi
la rendano, più vulnerabile. Che, per questi motivi, svolgere la
"professione" – oppure, se si preferisce, la "missione"
– di prete sia divenuto sempre più difficile – e, al contempo, meno
credibile. Se, per citare di nuovo il Papa, le peggiori sofferenze "vengono
proprio dall'interno", allora la Chiesa, più che dalla società, deve
difendersi da se stessa.